Condomini, triplicato il numero dei morosi

In due anni si è passati da 12 al 35 per cento. E amministratori e inquilini corrono ai ripari

PESCARA. Tra le spese che si possono (ma non si dovrebbero) rimandare, il condominio è ai primi posti. E se la crisi batte alla porta, se il lavoro scarseggia e si arriva a fatica a fine mese, il condominio passa in fondo alla pila delle bollette da saldare. «Non è un caso che negli ultimi due anni si sia passati dal 12 al 35% di morosità. E la ragione è solo una: ci siamo impoveriti», dice Vincenzo Marucci, segretario regionale dell'Apaci (l’Associazione professionale amministratori di condominio), che nei giorni scorsi ha tenuto a Pescara un corso di formazione proprio sui problemi della morosità condominiale. «Abbiamo cercato con l’avvocato Cesareo di affrontare il problema dal punto di vista del condominio», dice Marucci, «perché se c’è un condomino che non provvede al pagamento fa un danno a tutti gli altri». Con esiti imprevedibili. È il caso di quella palazzina di Vasto dove l'ascensorista si rifiutò di riparare l’ascensore fino al pagamento degli arretrati (7 mila euro).

Nel frattempo dal 2013 sono cambiate anche le leggi e il condominio si può muovere con più efficacia e tempismo in caso di morosità. «Per esempio», dice Marucci, «oggi la legge consente il distacco di un servizio diverso da quello per cui si è morosi. E allora se c’è un moroso per la luce condominiale c’è la possibilità, dopo aver cercato di mediare a nome del condominio, di staccare un servizio diverso dalla corrente elettrica. Per esempio si può staccare l’acqua, ma non in maniera totale. Per non fare un danno grosso alla famiglia si provvede a sistemare una fontanina al pianterreno con una chiave che si dà all’inquilino moroso. Poi si prosegue con la mediazione per poter rientrare in possesso delle somme».

Un’altra soluzione è andare in assemblea e chiedere la solidarietà agli inquilini. Una soluzione lunare visti i racconti che si fanno sulle assemblee di condominio. Ma tanto vale provare se le condizioni lo consentono, dice Marucci: «Se l’inquilino ha fondati motivi, per esempio se ha perso il lavoro, la legge consente che possa andare in assemblea ad esporre il suo caso e chiedere una mano. In questo modo si può costituire un fondo di solidarietà con l’accordo di tutti, un fondo che prima o poi potrà servire a qualcun altro».

L’estrema ratio è la ricossione coatta attraverso un decreto ingiuntivo, prima di arrivare a misure più pesanti. «La vecchia legge andava molto a danno del condomino moroso», spiega Marucci, «e si poteva arrivare alla vendita del bene rapidamente e per cose abbastanza futili. Oggi si possono fare i decreti ingiuntivi senza pregiudicare il bene dell’inquilino». L'amministratore è tenuto entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio condominiale a rivolgersi a un giudice per recuperare le somme che mancano (potrebbe altrimenti risponderne).

L’assemblea però può bloccare l’amministratore esonerandolo dal procedere, perché magari giudica l’operazione diseconomica, considerando i tempi della giustizia civile e i costi di un avvocato. Se il però il decreto ingiuntivo parte e il condòmino continua a non pagare, la strada è quella del pignoramento dei beni del moroso che possono essere lo stipendio, la pensione, i canoni di locazione fino ad arrivare al pignoramento dell’immobile.

Ma la morosità non riguarda solo i servizi o le utenze comuni. Chi vive in condominio deve guardarsi anche dalla morosità dei singoli per i servizi individuali. Per esempio l’azienda acquedottistica di Pescara (Aca) ha disposto l’uso del riduttore di 50 litri d'acqua al giorno, pari a un terzo del consumo medio giornaliero per utente, per combattere un livello di morosità che su 500mila utenti serviti dall'Aca si stima in 50 milioni di euro (20 milioni solo a Pescara città). Con il riduttore se il vicino di casa non paga le bollette, tutte le famiglie dello stabile subiscono la diminuzione della portata dell'acqua. Una soluzione che gli amministratori di condominio non gradiscono, preferendo la rateizzazione dei pagamenti, concordando la rata di rientro.

©RIPRODUZIONE RISERVATA