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Del Turco, i perché della condanna: "La foto delle mele è credibile". Le motivazioni in versione integrale

Anche per la corte d'Appello dell'Aquila il testa Angelini è credibile e le prove concordano con le "argomentazioni di logica". Ma l'ex governatore sottolinea: "Hanno ritenuto insussistenti ben 23 episodi su 27. È una sentenza di assoluzione travestita da sentenza di condanna"

PESCARA. Secondo la Corte non può «essere ragionevolmente messa in dubbio la credibilità soggettiva ed oggettiva di Angelini» e la famosa foto delle mele insieme a «tutte le altre argomentazioni di logica» dimostra perché «gli imputati Del Turco e Cesarone sono stati condannati in primo grado». Sono due passaggi chiave delle motivazioni della Corte d'Appello dell'Aquila della sentenza di secondo grado del processo "Sanitopolì". Una sentenza quella dello scorso 20 novembre che ha condannato a 4 anni e due mesi – dimezzando la pena di primo grado – l'ex presidente della Regione Ottaviano Del Turco. Sconti di pena e medesimi reati (associazione per delinquere, chi promotore e chi solo partecipe, e per alcuni anche l'induzione indebita, ossia la vecchia concussione indebita) anche per tutti gli altri imputati: Camillo Cesarone (quattro anni), Lamberto Quarta (tre anni), Bernardo Mazzocca (due anni e un mese), Antonio Boschetti (un anno e otto mesi), condannati anche a un risarcimento di due milioni alla Regione Abruzzo, e insieme ad Angelo Bucciarelli (due anni), al risarcimento dei danni in favore di Vincenzo Angelini, l’ex re delle cliniche private e grande accusatore di Del Turco e ritenuto credibile dai giudici.

Motivazioni (pubblicate in forma integrale al termine di questo articolo) che l'ex sindacalista contesta definendo il tutto «una sentenza di assoluzione travestita da sentenza di condanna».

«Chiunque vorrà leggere le motivazioni della sentenza della Corte di Appello dell'Aquila, può apprendere i seguenti fatti che smentiscono Angelini, il primo dei quali è che mentre lui aveva raccontato di essere stato costretto per ben 27 volte a portarmi affannosamente denaro nella mia casa di Collelongo, la Corte ha ritenuto insussistenti ben 23 episodi contestati in 18 capi di imputazione», commenta l’ex governatore.

Secondo i giudici il castello delle accuse regge perché l’ex re delle cliniche, pur essendosi sempre dichiarato e ritenuto vittima di fatti concussivi o, comunque, illeciti commessi da altri nei suoi confronti, «ha in concreto con le sue dichiarazioni, riferito fatti oggettivamente tali da esporlo a possibili accuse a suo carico, cosa poi effettivamente verificatasi sia nell'ambito del presente processo».

Del Turco dopo aver letto le 571 pagine della motivazioni afferma che l’accusa risulta semplicemente demolita perché dei 6.200.000 euro che Angelini ha raccontato di avergli consegnato in poco meno di due anni, «la Corte di Appello ne ha salvate una quota irrisoria». Di questa quota fanno parte le 700mila euro che Angelini disse di aver portato a casa di Del Turco a Collelongo nascoste in una busta riempita successivamente all’uscita con delle mele.
« È superiore alle mie capacità di comprensione come sia anche solo astrattamente possibile selezionare quattro episodi asseritamente corruttivi, tra di loro temporalmente isolati, senza nessuna logica o coerenza rispetto alla attività amministrativa espletata dalla mia giunta, ritenendoli provati, ed al tempo stesso - giudicati insussistenti gli altri 23-fatta salva comunque la credibilità del mio accusatore», scrive Del Turco, «di ciò si occuperanno i miei difensori nel ricorso per Cassazione, che si celebrerà a Roma, lontano per quanto possibile dalle atmosfere, dagli umori, dai condizionamenti , che hanno pesato come macigni sulla dinamica degli atti processuali».