Di Salvatore: il Senato diventi Camera delle Regioni

La proposta del costituzionalista: "Si aprirebbe una sinergia più forte tra le istituzioni"

PESCARA. «Ridurre il numero dei deputati e trasformare il Senato in una Camera delle Regioni, composta da membri delle Giunte regionali, già pagati dalle Regioni, e non da eletti. In questo modo ci sarebbe anche una più proficua collaborazione tra il livello statale e quello regionale già a partire dalla sede legislativa».

È questa, secondo Enzo Di Salvatore, docente di diritto costituzionale, una delle soluzioni per tagliare i costi della politica e per rendere più funzionale il sistema delle Istituzioni (la riduzione del numero dei consiglieri regionali è già nella manovra del governo approvata a settembre. L'Abruzzo dovrebbe passare da 42 a 31 consiglieri, compreso il presidente).

Professore all'Università di Teramo, Di Salvatore illustra quella che a suo parere è la strada da percorrere, «perché la questione economica è strettamente connessa con quella delle riforme istituzionali», spiega.

Cosa risolverebbe l'istituzione della Camera delle Regioni?
«In Parlamento sono state avanzate diverse proposte di riforma, ma a mio avviso queste non colgono nel segno. Oltre alla riduzione del numero dei deputati, sarebbe opportuno riformare il Senato, prevedendo che esso sia composto da membri delle Giunte regionali e non da senatori eletti. Ciò aprirebbe ad una più proficua collaborazione tra lo Stato e le Regioni già a partire dalla sede legislativa ed avrebbe immediati riflessi anche sulla questione dei costi della politica, dato che i membri del Senato sarebbero già pagati dalle Regioni».

In Europa esistono esempi di questo tipo?
«Certo, in Germania. La Camera delle Regioni potrebbe avere un ruolo simile a quello del Bundesrat tedesco e cioè di "collaborazione" all'esercizio della funzione legislativa dello Stato».

In che modo?
«Attraverso la nuova Camera, le Regioni potrebbero partecipare sempre alla legislazione dello Stato, sebbene in due modi differenti: in ordine ad alcune materie, approvando o respingendo quanto deliberato dalla Camera dei deputati; in ordine alle altre, chiedendo, eventualmente, che la Camera dei deputati effettui una nuova deliberazione, che tenga conto degli emendamenti suggeriti dai delegati regionali».

Questo non vorrebbe dire anche riformare il sistema del riparto delle competenze legislative?
«Sì. Occorrerebbe prima di tutto eliminare l'attuale competenza legislativa "concorrente". Mi chiedo a cosa serva, se poi lo Stato non si limita a porre i principi fondamentali della materia, ma si spinge fin nel dettaglio della stessa. Si potrebbe anche pensare di introdurre un nuovo tipo di competenza, che conduca lo Stato e la Regione ad una sorta di competizione».

Cioè?
«Chi sa esercitare meglio una competenza può legiferare: lo Stato dovrebbe recare una disciplina standard della materia e la Regione potrebbe ad essa derogare, nel caso in cui riuscisse a varare una normativa più efficace».

Tutto questo non avrebbe un costo e non presupporrebbe risorse?
«All'inizio ci sarebbero sicuramente dei costi da sostenere, ma nel tempo la riforma consentirebbe di raccogliere buoni frutti. Quanto alle risorse, è chiaro che la riforma presupporrebbe una completa ed equilibrata attuazione del federalismo fiscale. Del resto, se ora le Regioni e gli Enti locali non riescono ad esercitare le competenze che hanno è proprio perché non hanno soldi a disposizione».

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