Emergenza rifiuti, l'Europa avvisa l'Abruzzo

Lavori in ritardo in 21 ex impianti, la Regione rischia sanzioni milionarie

PESCARA. C'è un'altra richiesta di deroga che l'Abruzzo invia a Roma facendo leva sull'attuale stato di criticità conseguente al sisma del 6 aprile 2009, per evitare di incorrere in condanne milionarie da parte della Corte europea di giustizia.

Dopo la Sanità, le tasse, i trasporti pubblici, non esistono più margini di tempo per mettere a norma le discariche pubbliche e private chiuse da tempo, ma ancora potenzialmente pericolose per l'ambiente. Al punto da spingere l'Europa ad aprire nei confronti dell'Italia una procedura d'infrazione che per l'Abruzzo ed altre 13 regioni può significare il pagamento di "pesanti sanzioni". Per dare un'idea di quanto queste sanzioni possono essere pesanti, si può citare il caso dei rifiuti di Napoli per la cui emergenza alla Campania venne inflitta una multa di 175mila euro al giorno: una somma che, anche se ipoteticamente venisse dimezzata, per l'Abruzzo costituirebbe un salasso insostenibile.

MESSA IN MORA.
La commissione europea ha fatto il primo passo: ha inviato all'Italia una lettera di "messa in mora", perché oltre 100 discariche di rifiuti in 14 regioni non rispettano le norme. Il secondo passo è il "parere motivato" e, se il Paese non si conformasse ancora, scatterebbe il ricorso alla Corte di giustizia europea.

Il bello (il brutto) è che di questi cento ex impianti, 21 sono in Abruzzo. Dovevano essere chiusi e messi in sicurezza entro il 17 luglio 2009, in realtà le procedure non sono terminate. E in qualche caso (vedi tabella in alto) non sono affatto iniziate.

Le altre regioni interessate sono Piemonte, Lombardia, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Molise, Puglia, Basilicata, Campania, Calabria e Sardegna.

L'Unione Europea ha dato all'Italia due mesi di tempo per rispondere alle contestazioni. Per tutta risposta la Regione - direzione protezione civile e ambiente - non ha potuto far altro che inviare al ministero dell'Ambiente una relazione dettagliata su lavori e ritardi accludendo la richiesta di deroga: «In considerazione dello stato di criticità post sisma, si voglia valutare la possibilità di accordare in via eccezionale la proroga dei termini almeno fino alla fine del prossimo anno». Chissà come la prenderanno all'Unione Europea quando "scopriranno" che in Abruzzo sul fronte delle ex discariche siamo in ritardo di quattro anni (2009-2013).

LA STORIA.
La direttiva di riferimento obbligava le Regioni a prendere delle misure per assicurare che le discariche "esistenti" (discariche alle quali era stato concesso un permesso o che erano già operative al momento della trasposizione della direttiva del 1999) non avrebbero continuato ad operare dopo il 16 luglio 2009, qualora non fossero ancora conformi alla direttiva europea.

Una storia che affonda le radici nel 1999 e che Bruxelles ha ripreso dieci anni più tardi indicando in 187 le discariche che non erano ancora state chiuse o che non erano conformi alla direttiva. Nei due anni successivi il numero degli impianti è passato a 102, un numero ritenuto eccessivo e che ha fatto scattare la lettera di costituzione in mora.

LE INADEMPIENZE.
Perché l'Abruzzo si trova in questa situazione? Di chi è la colpa? Alla Regione dicono di aver fatto tutto il possibile affinché anche le ex discariche non diventassero un'emergenza e di aver fornito agli enti locali gli strumenti tecnici e legislativi utili - i piani d'intervento - per affrontare e sciogliere i nodi: «Il problema è che sentiamo risponderci sempre allo stesso modo, che cioè mancano le risorse per sanare la situazione».

Gli enti locali sono Comuni e Province, che l'assessorato regionale ha più volte incontrato. «Il risultato è che su 51 discariche inizialmente segnalate si è passati a 21 impianti dove la procedura non è stata completata o non è partita», afferma il dirigente del servizio Franco Gerardini sottolineando come un risultato, sia pure parziale, è stato comunque ottenuto. Ma quali sono i lavori che l'Europa sollecita da anni? Le discariche inattive - quelle di Fara Filiorum Petri e di Francavilla sono le più grandi - devono in sostanza essere messe a norma perché non costituiscano un rischio ambientale. «Si tratta di lavori di adeguamento come ad esempio la regimentazione dei reflui o come la chiusura della discarica con un adeguato "cappello"», risponde Gerardini.

Lavori ritenuti urgenti dall'Europa, e non solo, tanto più che la normativa dell'epoca passava sopra alle discariche che sorgevano lungo gli argini dei fiumi o vicine ai centri abitati, che nel frattempo si sono estesi.

ITER COMMISSARIALE.
«Dobbiamo fare in fretta», ripete Gerardini che per passare dalle parole ai fatti ha avviato, d'accordo con l'Arta (l'Agenzia regionale per l'ambiente), una procedura commissariale di messa a norma per tre impianti dove non sono stati finora avviati i lavori di adeguamento: Corvara (Pescara), Corfinio e Francavilla. «Procediamo nell'interesse degli stessi Comuni», avvisa il dirigente, «perché sia chiaro, se la Regione Abruzzo dovesse essere condannata si dovrà rivalere sugli enti locali inadempienti».

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