rischio sismico

«Emergenze, Abruzzo senza un piano»

Curcio: solo Umbria e Calabria sono pronte. Il sottosegretario Mazzocca: stiamo lavorando da un anno per aggiornarlo

PESCARA. Quali sono gli edifici e le aree da utilizzare per le emergenze post sisma? Quali le possibili strade di collegamento e di accesso alle città colpite? Quali le strutture e gli «aggregati strutturali» che possono interferire con la macchina dei soccorsi? A queste e ad altre domande rispondono i piani di territorio per il rischio antisismico che ogni regione deve predisporre e inviare alla Protezione civile nazionale per il completamento del programma nazionale per il rischio sismico, la grande piattaforma operativa in base alla quale da Roma si coordinano uomini e mezzi in caso di calamità naturale. Si tratta insomma della “risposta organizzativa” regionale a un evento definito “rilevante”, che può anche non essere sismico, ma alluvionale, idrogeologico, vulcanico.

Ieri, alla vigilia del settimo anniversario del terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, ha bacchettato le regioni dalle colonne del Corriere della Sera, perché in ritardo nell’invio dei rispettivi piani di territorio. Solo due regioni finora hanno inviato la loro documentazione: Umbria e Calabria, «poi», dice Curcio all’intervistatrice Virginia Piccolillo, «stiamo lavorando con Valle D’Aosta, Piemonte, Friuli e Lombardia». E l’Abruzzo? chiede la giornalista: «Ancora non l’abbiamo», risponde il capo della Protezione civile. «Ogni regione deve fare la sua parte. Anche sulla pianificazione del rischio vulcanico: non si può fare da Roma il piano di evacuazione o accoglienza, solo il territorio sa mezzi e strumenti su cui contare».

Dunque, in caso di calamità, la macchina della protezione civile si muoverebbe al buio, senza un canovaccio sul quale tessere la rete dei soccorsi. La carenza denunciata da Curcio, appare quanto meno inspiegabile in Abruzzo, dove rischio sismico o ideogeologico dovrebbero essere materia quotidiana di lavoro.

Il sottosegretario della giunta con delega alla protezione civile, Mario Mazzocca, ammette che «Curcio ha ragione quando dice che non ha un quadro definitivo dalle Regione, ma noi abbiamo lavorato molto, almeno dal 2015. I documenti richiesti rispecchiano pienamente i contenuti del Piano strutturale regionale per l'emergenza che la Giunta regionale ha approvato in forma preliminare nel febbraio 2005, molto prima che la legge lo istituisse nel 2012». Ma da allora non è stato più aggiornato, «anche se in Abruzzo», sottolinea il sottosegretario, «le condizioni non sono cambiate molto». L’aggiornamento e il completamento è ora in corso e coinvolge una moltitudine di soggetti: i servizi regionali (Prevenzione dei rischi, Programmazione attività di protezione civile, Centro funzionale d'Abruzzo, Informatica, eccetera), i Comuni, le prefetture, le università, i Centri di ricerca specializzati in campo sismico (Ingv). Questo lavoro ha finora prodotto le “Linee guida per la pianificazione di emergenza comunale ed intercomunale”, sulla base delle quali i Comuni stanno provvedendo all'aggiornamento dei propri piani. E, in via sperimentale, le “Linee Guida e indirizzi operativi per l'individuazione, strutturazione e attivazione di presidi territoriali idraulici e idrogeologici nella regione Abruzzo” finalizzate all'organizzazione dei presidi chiamati a fronteggiare i rischi idraulico ed idrogeologico, ma anche a monitorare e censire i dissesti di natura geomorfologica.

Per quanto riguarda il rischio sismico, sono invece da completare l’analisi della pericolosità, che oggi si basa sulla mappa redatta dall’Ingv (l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), la microzonazione sismica (tutti i 305 comuni hanno avviato i lavori, 180 li hanno conclusi e validati), e le linee guida per la cosiddetta Condizione limite per l’emergenza CLE), indirizzate a tutti i comuni abruzzesi.

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