Estate all'Aquila, lo show è finito

Che cosa è rimasto dell'Aquila pop? Ricordate luglio e agosto scorsi? Obama e Sarkozy, Benigni e Verdone, George Clooney e Renzo Arbore. Concerti e G8, beneficenza e solidarietà. Nella prima estate del dopo-terremoto l'antica capitale degli Appennini era luogo obbligato per una tappa. Esserci ed esibirsi: Grandi della Terra e star dello spettacolo, tutti qui davanti alle telecamere. Una «icona pop» fu definita L'Aquila, con appropriata irriverenza rispetto a quel che stava accadendo. Palcoscenico del consenso, scenario di una abile rappresentazione.

Berlusconi andava e veniva ogni 15 giorni imponendosi la penitenza di pranzare con gli sfollati mentre infuriavano le rivelazioni sulle sue frequentazioni con Noemi e le altre. La costruzione dei nuovi alloggi del piano case procedeva a ritmo serrato, lavori giorno e notte. Dopo mesi trascorsi nella promiscuità delle tendopoli, una speranza.

E questa seconda estate dell'«era nuova»? L'Aquila non è più l'icona pop da sbandierare agli italiani in vacanza, del governo non s'è visto nessuno neppure a Ferragosto, il ministro Rotondi è andato in visita in un carcere abruzzese, ma a Teramo, perché quella era la notizia programmata per i tg. Il presidente del Consiglio non si vede più da gennaio; ci aveva lasciato annunciando la promozione di Bertolaso a ministro, poi è successo quel che è successo.

L'unico evento fissato nella memoria di questa calda stagione, ormai agli sgoccioli, restano le manganellate prese dai terremotati a Roma durante una pacifica manifestazione. Poi solo una ostile indifferenza. Accentuata dopo l'arresto di Ezio Stati, il potente papà dell'assessore alla protezione civile Daniela, costretta alle dimissioni ai primi di agosto. «Ritorno all'Aquila» è la copertina dedicata alla città abbandonata dall'Espresso, il settimanale diretto da Bruno Manfellotto: otto pagine per fotografare le criticità di questa fase infelice.

Rispetto a dodici mesi fa le aspettative dei terremotati vanno incupendosi. Allora c'era la prospettiva di abbandonare le tende per un alloggio; i primi a San Demetrio ne' Vestini, belle casette in legno costruite dalla Provincia di Trento. Ma un tetto da solo non restituisce vita a una comunità. Risolta l'emergenza, la ricostruzione è ancora lontana e confusa. L'occupazione ancora più precaria. L'Aquila oggi appare come l'«icona rap» dell'Italia di questi tempi: arrabbiata, confusa, senza bussola. Ma con tanta voglia di cantarle. A chi l'ha dimenticata.

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