Gabriele Di Girolamo, presidente dell'associazione giudici di pace, e Maria Flora Di Giovanni, presidente nazionale Unagipa

Giudici di pace, da oggi niente udienze anche in Abruzzo

Un mese di astensione contro la riforma: «Noi precari di Stato senza tutele, così si fa del male alla giustizia che funziona»

PESCARA. La costruzione dei diritti è sempre progressiva, ma nel Paese delle proroghe la provvisorietà scandisce tutto anche nelle aule di giustizia. La sintesi estrema definisce la protesta dei giudici di pace che da oggi, lunedì 15 maggio, entrano in sciopero per un mese contro una riforma che, dice Maria Flora Di Giovanni, da 25 anni in magistratura onoraria, da 16 giudice di pace a Chieti e presidente nazionale dell’Unagipa (unione nazionale dei giudici di pace), «è un attentato allo Stato».
In Abruzzo sono 37, ogni mese smaltiscono sessanta fascicoli il che significa quasi ottocento ogni anno e, insieme agli altri 160 magistrati onorari tra got (giudici) e vpo (vice procuratori) negli anni hanno riempito i vuoti di organico della magistratura ordinaria con esperienze che quasi sempre superano i vent’anni di lavoro nei vari tribunali. Senza previdenza, ferie, malattie, maternità in una condizione di precarietà richiamata anche dalla Commissione europea.
Il tutto conseguenza di una serie infinita e tutta italiana di provvedimenti provvisori, proroghe, incertezze interpretative, riforme e controriforme. La protesta, che ieri li ha visti manifestare a livello nazionale a Roma, rischia di bloccare centinaia di procedimenti nelle aule di giustizia sia penali e sia soprattutto civili visto che in questo settore a loro è riservata l’iscrizione del 60% dei fascicoli (l’80 se la riforma passa). «Noi non ci siamo mai fermati», dice Di Giovanni, «anche senza previdenza, senza ferie, senza malattie e con delle indennità che sono di 56 euro a fascicolo e di 36 euro per ogni udienza. Nonostante tutto siamo efficienti e lo dimostrano i nostri dati. Ma questa riforma ci vuole smantellare». L’intesa raggiunta tra tutte le varie associazioni che raggruppano i magistrati onorari si concentra su una legge che ricalchi quella che nel 1974 venne fatta per i vice pretori onorari e che ha superato il vaglio della costituzionalità. « Perchè», dice ancora Di Giovanni, «chiediamo un equo compenso parificato a quello del giudice di tribunale che abbia superato la prima valutazione di professionalità. Con questa legge non c’è l’entrata in ruolo in magistratura e non saremmo parificati ai togati, ma sarebbe una legge che ci consente di svolgere le nostre mansioni con più tutele a cominciare da quelle della previdenza».
Una legge, dunque, per dire basta ad una sorta di precarietà di Stato che, sostengono i magistrati onorari, si trascina da vent’anni tanto da aver fatto gridare allo scandalo anche l’Unione Europea. «Oggi l’Italia rischia una procedura d’infrazione per la questione dei magistrati onorari», dice Gabriele Di Girolamo, da anni giudice di pace ad Avezzano e presidente dell’associazione nazionale giudici di pace, «gli accordi presi da tempi con il ministro sono stati disattesi ed oggi ci troviamo di fronte ad una riforma che, in violazione della Costituzione, rischia di cancellare tutte le garanzie di indipendenza e terzietà dei giudici di pace e dei magistrati onorari, privati da ogni tutela». Da domani, dunque, i giudici i pace si asterranno per un mese da tutte le udienze fermo restando, così come prevede il loro codice di autoregolamentazione, un’udienza a settimana che sarà comunicata all’ultimo minuto.
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