Grido di rabbia dalle tendopoli"Non vogliamo lasciare L’Aquila"

Sono 15 mila gli sfollati in autonoma sistemazione. Lettera a Napolitano: "No alla deportazione"

L’AQUILA. Si dicono pronti a riconsegnare le tessere elettorali al presidente Napolitano, se nessuno troverà per loro una soluzione, ma guai a chiamarli «irriducibili». Dopo aver tappezzato di striscioni di protesta - per ricordare che dopo sette mesi le tende sono ancora montate - alcuni residenti del campo hanno chiamato, ieri mattina, la stampa e i comitati cittadini per leggere una lettera da inviare al Capo dello Stato. Intanto, il senatore del Pd, Luigi Lusi, segnala che sono ancora molti i vigili del fuoco che stanno nelle tende «in una condizione non più accettabile».

LA LETTERA. Sull’orlo di una crisi di nervi, gli sfollati propongono un nuovo appello a Giorgio Napolitano, per «denunciare le difficoltà dei campi di assistenza con l’avanzare dell’inverno». Un messaggio condiviso anche da quei movimenti cittadini che in questi ultimi mesi si sono proposti in maniera critica nei confronti della gestione del post-sisma da parte della Protezione civile. «Abbiamo vissuto mesi nelle tende per non abbandonare la nostra L’Aquila e siamo andati avanti con la promessa del governo “a settembre un tetto per tutti”», si legge nel messaggio al presidente della Repubblica. «Settembre è passato da un pezzo, siamo entrati nell’ottavo mese di tenda, le promesse non sono state mantenute e la temperatura, come la fiducia, inevitabilmente scende sotto zero», una situazione di emergenza per centinaia di persone. «Resta molta gente nei campi, anche anziani costretti a dormire con queste temperature, non è una situazione tollerabile in un Paese civile a otto mesi dal sisma». Gli abitanti delle tendopoli, nella lettera, chiedono a Napolitano «moduli removibili, container, qualsiasi cosa ci faccia uscire dalle tende e rimanere nella nostra terra. Ci viene proposto di trasferirci in alberghi lontani dalla nostra città», si legge ancora, «abbiamo vissuto per mesi nelle tende per non abbandonare la nostra terra perché ognuno di noi aveva e ha i suoi buoni motivi per restare».

"PRESSIONI". I terremotati parlano anche di «pressioni psicologiche» da parte della Protezione civile che «minaccia di staccare la corrente elettrica, toglie i servizi di assistenza essenziali, abbassa paurosamente la qualità del cibo, con visite delle forze dell’ordine che si fanno sempre più frequenti. Quale fiducia dobbiamo riporre in queste istituzioni?», incalzano gli sfollati, «appare inaudito che dei cittadini che chiedono il minimo per la sopravvivenza debbono essere percepiti dalle istituzioni come un problema da eliminare». L’intervento di Napolitano «è la nostra ultima speranza, il nostro ultimo tentativo», conclude nella lettera, «se anche questo risulterà vano, inviteremo il presidente nelle tende dove riconsegneremo lo nostre schede elettorali. In una democrazia che nega i bisogni fondamentali non ha alcun senso andare a votare». Nel campo di accoglienza Italtel 2, dove sono ancora ospitate circa quaranta persone, restano quei nuclei familiari che si sentono più

«Chiudere le tendopoli è stata solo un’operazione di facciata», dichiara Annamaria Barile, una delle abitanti del campo, «abbiamo dovuto sopportare di tutto, dalle piogge, agli insetti, al caldo torrido, l’umidità e ora il freddo». La maggior parte delle persone ancora presenti nelle tende non vorrebbe spostarsi a causa di lavori che impediscono la lontananza, oppure a causa dei figli che oggi hanno cominciato a frequentare la scuola nelle aule aquilane. «Per lasciare le tende ci hanno proposto in alternativa di andare a Pescasseroli», spiega Simona Sacchetti, «ciò vuol dire che per tornare all’Aquila bisogna attraversare le curve delle Gole del Sagittario. Una cosa per noi impossibile visto che tutti lavoriamo e mio padre, come infermiere cardiologo di unità emodinamica, ha la reperibilità 24 ore su 24 e deve rendersi disponibile nell’arco di 30 minuti».

La famiglia comunque è assegnataria di un appartamento del progetto Case, ma in attesa delle chiavi ribadisce di essere impossibilitata a viaggiare anche solo per poche settimane. Gli sfollati, attraverso i comitati cittadini, denunciano anche la carenza di informazioni, con molte persone che si rifiuitano di lasciare le tende, nel timore di perdere il diritto di assegnazioni degli alloggi e questo, nonostante le continue rassicurazioni da parte della Protezione civile. «Però Bertolaso all’inizio ci aveva detto che chi era in tenda avrebbe avuto la priorità», prosegue la Sacchetti, «ma poi la Protezione civile ha rimescolato le carte». Così, per non sapere né leggere né scrivere, nel campo c’è anche una famiglia che ha rifiutato di accettare qualsiasi destinazione, in attesa di avere maggiore chiarezza in merito all’assegnazione di un alloggio del piano Case.


VIGILI DEL FUOCO. Dal senatore del Partito democratico, Luigi Lusi, arriva un allarme sulle condizioni in cui operano i Vigili del fuoco all’Aquila. «I nostri Vigili», scrive, «vivono ancora nelle tende, in una situazione non più accettabile, se si considera che di giorno il personale è sottoposto a continue emergenze, a stess e fatica fisica, e la notte è costretto a restare nelle tende, con la pioggia, l’umidità e il gelo. La cosa più grave», sottolinea, «è che nonostante le continue richieste di miglioramento delle condizioni logistiche, si è arrivati alla vigilia dell’inverno lasciando inalterata la condizione e dunque senza nessuna prospettiva per loro di una dignitosa sistemazione». Del resto, ricorda il senatore, «è grande la capacità di risposta e alla tempestività dei soccorsi dimostrate dai Vigili del fuoco e dalla Protezione civile dopo il terremoto del 6 aprile. Basterebbe solo ricordare», aggiunge, «che 48 ore dopo la prima scossa in Abruzzo, i Vigili del fuoco hanno riversato, nelle aree colpite, 2400 uomini per i soccorsi, svolgendo un’opera di soccorso e di assistenza davvero esemplari».


GIUSTIZIA MINORILE. Il partito della Rifondazione comunista dell’Aquila si mobilita per chiedere il pieno ripristino degli uffici di Giustizia Minorile «che rischiano la soppressione permanente di servizi di fondamentale importanza per la rieducazione di minori implicati in procedimenti penali», come si legge in una nota del coordinatore provinciale Fabio Pelini. «Servizi che sono molto utili anche in chiave di prevenzione».