Guerra in Regione Abruzzo, ultimatum al governatore D’Alfonso

Di Matteo (Pd), Gerosolimo e Olivieri (Ac) firmano una "piattaforma programmatica". Nel documento "Più collegialità, Sanità a trazione pubblica e stop alle clientele"

PESCARA. Alla fine, il nodo è venuto al pettine. E dopo le parole, sono arrivati i fatti. O meglio, le carte. Con un documento di cui il Centro ha potuto visionare una bozza. E che oggi gli assessori Donato Di Matteo del Pd e Andrea Gerosolimo di Abruzzo civico, insieme al consigliere di maggioranza Mario Olivieri, renderanno pubblico nel corso di una conferenza stampa. Due pagine in tutto che, se non sono un vero e proprio aut aut al governatore Luciano D’Alfonso, poco ci manca. E che danno sfogo al malcontento che, ormai da mesi, serpeggia all’interno della coalizione che sostiene la Giunta regionale.

PATTI CHIARI Un documento in dieci punti al quale i tre esponenti del centrosinistra hanno affidato una «piattaforma programmatica» per richiamare, una volta per tutte, il presidente del governo regionale ad una maggiore collegialità e condivisione delle scelte politiche adottate dalla Giunta. Con l’espressa richiesta di ridefinire il ruolo degli assessori negli ambiti di competenza delle rispettive deleghe. Insomma, meno centralismo e più partecipazione. Ma non è tutto. C’è anche la delicata questione delle aree periferiche dell’Abruzzo. Che richiede, secondo i firmatari, un intervento per bilanciare lo squilibrio «palese» che penalizza le zone interne e montane a vantaggio di quelle costiere.

SANITÀ PUBBLICA Un problema, sottolineano nel testo i tre firmatari, che riguarda anche, se non soprattutto, il modello di gestione della Sanità. Che va ripensato assicurando la preminenza del pubblico sul privato e garantendo adeguati livelli di assistenza anche nelle periferie, per limitare il fenomeno della cosiddetta mobilità sanitaria passiva. Ossia l’esodo alimentato dai tanti cittadini costretti ad andare fuori regione per curarsi. Un fronte, quello sulla sanità, aperto peraltro proprio alla vigilia dell’esame in Giunta del mastodontico piano da 840 milioni di euro (di cui 238 subito) che punta a rivoluzionare la geografia sanitaria abruzzese attraverso la costruzione di cinque nuovi ospedali. Finanziati, come anticipato nei giorni scorsi dal Centro, con il sistema del project financig che coinvolge i privati.

BASTA CLIENTELE Andando avanti, il documento vira poi su turismo e cultura. Temi sui quali le richieste rasentano i toni dell’accusa. Di Matteo, Gerosolimo e Olivieri chiedono di archiviare l’«indiscriminata e irresponsabile polverizzazione delle risorse finanziarie, attuata per interessi di natura meramente clientelare», tagliano corto i tre esponenti della stessa maggioranza che sostiene D’Alfonso. Il tutto «mortificando l’azione dei soggetti che perseguono reali e concreti intenti di promozione culturale». Un obiettivo, sostengono, che solo una legge sulle infrastrutture immateriali può assicurare.

DIAMOCI UN TAGLIO Ma è sulle partecipate regionali che il testo invoca una vera e propria mannaia. Con la richiesta di sforbiciare il numero delle società e, attraverso accorpamenti e fusioni, anche i relativi costi. Dopo un passaggio sugli interventi da dedicare all’agricoltura, è la volta dell’housing sociale, da sempre cavallo di battaglia di Di Matteo. Al riguardo, la piattaforma prevede la creazione di un fondo etico per riqualificare non solo l’edilizia privata ma, soprattutto, quella pubblica. Chiudono l’elenco delle richieste che i tre esponenti della maggioranza sottoporranno a D’Alfonso, un piano di abbattimento delle barriere architettoniche in favore dei disabili, la valorizzazione delle risorse naturali della regione, a cominciare dai parchi, e, per finire, la creazione di un polo strategico di Protezione civile da realizzare in Valle Peligna, a Monte San Cosimo, dove sorge una struttura del ministero della Difesa.

ULTIMA CHIAMATA Insomma, una bomba ad orologeria piazzata sotto la poltrona di D’Alfonso. Riuscirà il governatore a disinnescarla? Di certo, se il 4 dicembre il presidente del Consiglio Matteo Renzi dovesse perdere il referendum, i contraccolpi, anche in Abruzzo, potrebbero rivelarsi imprevedibili. Con la sconfitta del “sì” e del premier, i giochi nel Pd potrebbero riaprirsi. Lasciando liberi di correre i suoi cavalli di razza, a cominciare dal votatissimo Donato Di Matteo. Che a quel punto avrebbe vita facile per rinfoltire le schiere dei dissidenti contro il governatore.

©RIPRODUZIONE RISERVATA