I Comuni difendono le comunità montane

L'Associazione dei piccoli centri: per noi quegli enti sono essenziali

PESCARA. I piccoli comuni dell'interno dell'Abruzzo si oppongono allo scioglimento delle comunità montane, programmato dalla giunta regionale, perché «essenziali per le gestioni associate dei servizi pubblici».

La posizione è stata assunta da Arturo Scopino, referente regionale dell'Anpci (Associazione nazionale dei piccoli comuni d'Italia), nel corso di un incontro con l'assessore regionale agli Enti locali, Carlo Masci, per la definizione dei limiti demografici per le unioni municipali imposte dalla legge (l'articolo 16 della legge numero 148 dell'agosto scorso) che, in un primo tempo, prevedeva la soppressione di consigli e amministrazioni comunali di tutti i paesi con meno di mille, abitanti.

All'incontro, venerdì sera nella sala del consiglio comunmale di Chieti, erano presenti anche sindaci e amministratori della provincia. si è impegnato a rivisitare, su proposta dell'Ampci, i limiti demografici fissati dalla legge 148 che prevede per i comuni con popolazione fino a mille abitanti lo svolgimento obbligatorio di tutte le funzioni amministrative e di tutti i servizi pubblici attraverso l'Unione municipale che dovrà avere una popolazione minima di 3.000 abitanti per i Comuni che siano appartenuti o appartengono a Comunità montane. Masci ha promesso che quel limite sarà ridorro a mille abitanti e che sarà dimezzato da 10.000 a 5.000 abitanti il limite demografico per i comuni con popolazione tra 1.000 e 5.000 abitanti che obbligatoriamente devono svolgere le funzioni amministrative fondamentali in maniera associata.

«Nel corso dell'incontro», racconta Scopino, «sono emerse delle problematiche e delle richieste cui la Regione non può non tenere conto. Soprattutto quanto sia essenziale per i piccoli comuni montani continuare a gestire servizi pubblici con le Comunità montane allo scopo di conseguire significativi livelli di efficacia ed efficienza nella gestione degli stessi. Per cui, diversamente da quanto asserito dall'assessore Masci, ritengo che le Comunità montane possano continuare legittimamente a svolgere, attraverso convenzioni, il loro decennale ruolo strategico a supporto dei comuni montani nella gestione associata dei servizi pubblici, avendo le Regioni la più ampia autonomia per definirne ruolo e funzioni».

«Questo», aggiunge l'esponente dell'Anpci abruzzese, «anche in considerazione del fatto che il processo di riordino delle Comunità montane, avviato fin dal 2008, si sta concludendo e che in questi anni la Regione ha speso milioni di euro per il loro mantenimento, per cui non è neanche pensabile che oggi, in un contesto in cui è messo a repentaglio finanche l'esistenza dei piccoli comuni, la Regione possa fare marcia indietro e non sostenere più le Comunità montane perché si produrrebbero danni enormi ai comuni montani, ai loro cittadini e alle casse regionali».

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