I conti e le tasse da ridurre

di Sergio Baraldi

I conti della sanità della Regione sembrano tornati, per la prima volta, in equilibrio. E’ una buona notizia e si comprende la soddisfazione del presidente Chiodi nel parlarne. E’ una buona notizia per una serie di ragioni che vorrei segnalare ai lettori: per il deficit pubblico ovviamente, ma anche per i comportamenti di alcuni dei protagonisti della politica. Chiodi è apparso misurato nell’annunciare un traguardo che gli è costato fatica e lavoro, non si è lasciato andare a toni trionfalistici che sarebbero stati, del resto, fuori luogo. Ma atteggiamenti aperti, seri sono apparsi anche dal fronte dell’opposizione, in particolare da alcuni esponenti del Pd. Vorrei sottolineare l’intervista al nostro bravo Antonio De Frenza del vicepresidente del consiglio regionale D’Amico che ha riconosciuto il buon risultato e dato un giudizio positivo del bilancio, anche se ha ricordato che dietro ai numeri di Chiodi c’è il piano di rientro previsto proprio dal suo partito quando era al governo. E’ uno stile cooperativo, che non esclude la competizione tra gli schieramenti nell’interesse dell’Abruzzo, che oggi ha un valore in sé, chiunque se ne renda protagonista. Di strada da percorrere sulla sanità ne rimane molta, come sa bene anche Chiodi, che non a caso si è fatto più prudente quando ha dovuto ipotizzare la fine del commissariamento. Rischi e interrogativi non mancano, ma oggi è importante che un percorso virtuoso prosegua, se si vogliono costruire le condizioni per un futuro migliore.

Questo clima che lentamente, contraddittoriamente, sembra affermarsi serve a rassicurarci che l'Abruzzo prova a uscire dalle sue emergenze un passo alla volta, sapendo che ogni passo contiene delle insufficienze, e richiederà passi ulteriori. Al nostro giornale sembra importante cogliere, dove esiste, la tendenza a una maggiore coesione tra le diverse forze politiche e sociali senza la quale la Regione è più debole di fronte alla crisi sistemica che ci ha investito. E una Regione più debole significa cittadini più esposti all'impatto della crisi. Non si deve sottovalutare il rischio di una perdita di fiducia e credibilità nella regione colpita dal terremoto. Da questo punto di vista, il riconoscimento dell'agenzia di rating Moody's è un altro tassello da non sottovalutare. Si capisce, quindi, che il presidente Chiodi voglia rafforzare questa percezione, annunciando la regolarizzazione di 200 medici e il ritorno ad investimenti in tecnologia. E bene ha fatto D'Amico a offrirne un'analisi seria che non nega i meriti attuali, anche se rammenta che il ritardo di un anno rispetto al piano fa slittare in avanti le soluzioni.

Occorre fare attenzione a non seminare facili illusioni. Per questo l'equilibrio e la misura, oggi, sono determinanti. Se un'osservazione si dovesse fare ai buoni conti di Chiodi è che il presidente ha ottenuto il risultato soprattutto centralizzando il meccanismo di gara degli acquisti, applicando la regola aurea della concorrenza tra i fornitori, riducendo così i costi per l'amministrazione. Ottima mossa, presidente. Inoltre, Chiodi ha deciso di chiudere i piccoli ospedali, invece di riconvertirli in una rete di medicina territoriale, come prevedeva il piano. Un taglio d'emergenza inevitabile visto il deficit. Ma la questione sanitaria non si può limitare ad azzerare sprechi, qualche privilegio, e a eliminare "rami d'azienda" minori, per quanto siano atti di una gestione oculata. Si deve puntare ad abbassare strutturalmente il costo della sanità. A renderla più efficiente. A fare meglio con meno. Chiodi, cioè, dovrà pensare a fornire una sanità di qualità a costi più bassi. Non è impossibile, basta andare a vedere l'esperienza dell'Umbria o del Friuli Venezia Giulia. Il buon lavoro del presidente rappresenta, quindi, il primo atto al quale dovrà seguirne un secondo, che richiederà un intervento serio sulla spesa farmaceutica, sulla riorganizzazione delle strutture, forse un aumento della produttività. Lo diciamo perché sarebbe sbagliato, a mio avviso, che si diffondesse nella classe politica o nell'opinione pubblica l'idea che si può tornare all'equilibrio senza realizzare i cambiamenti istituzionali, le riforme, che invece sono irrinunciabili. Il bilancio positivo che Chiodi può presentare, e di cui gli abruzzesi dovrebbero essere lieti, non può esimerci dal sapere che la via è lunga, i sacrifici non sono finiti, le scelte appena iniziate. La stabilizzazione dei conti della sanità ancora non sembra strutturale, né appare vicino il conseguimento di un livello qualitativamente elevato di prestazioni.

Bene ha fatto il vicepresidente D'Amico a porre la questione della tassazione. Via via che si procederà al risanamento, l'obiettivo dovrebbe essere ridurre il maggior carico fiscale (Irpef, Irpeg, Irap) che pesa su cittadini e imprese. D'Amico calcola che potrebbe trattarsi di 140 milioni.

Non è solo un modo per far capire ai cittadini che una sanità gestita meglio è un guadagno per ciascuno di noi. In questo modo si può sperare di favorire la ripresa di una domanda interna poco più che stagnante, come ben sanno i commercianti. Inoltre, si lancia alle imprese il segnale forte che la crescita torna a essere una priorità per la società. Non basta, naturalmente, un lieve calo della pressione fiscale. Ma il significato simbolico di alcune scelte va oltre la loro incidenza reale, soprattutto se accompagnate da interventi che puntano a rimettere in moto il volano della crescita e a liberare le energie della società. L'aumento d'imprese a L'Aquila sembra il simbolo di una voglia di speranza proprio là dove il terremoto ha distrutto e provocato lutti. Questo desiderio di rivincita sembra attraversare la collettività, si avverte tra molti imprenditori. Il "Patto per il lavoro" può essere il perimetro giusto per intervenire, ma non c'è solo quello.

Proprio dalla sanità, la Regione potrebbe trovare il modo per reperire risorse da destinare all'innovazione, alla ricerca, e soprattutto alla valorizzazione del capitale sociale e umano, come li definiscono gli economisti. L'Abruzzo deve affrontare una non facile riallocazione delle risorse: ridurre l'incidenza della spesa sanitaria a favore dello sviluppo. La regione paga le sue fragilità di sistema, come spiega il Cresa in una ricerca, che devono essere aggredite presto. I lettori troveranno all'interno un'interessante intervista all'economista abruzzese Marcello De Cecco, uno dei più importanti monetaristi italiani, docente alla Normale di Pisa e in prestigiose università all'estero, da Princeton alla London School of Economics. Guardate come De Cecco insiste sulla necessità di investire sul sistema formativo.

Pone questa priorità al cuore della rinascita abruzzese: è solo investendo su una classe dirigente di qualità che il sistema regionale potrà, a sua volta, compiere un salto di qualità. Ma per raggiungere questi obiettivi occorrerà por mano alla Grande Riforma della regione, costruendo istituzioni più snelle, più efficienti, capaci di accompagnare la società lungo il sentiero della crescita.

E' questa la prova che il presidente Chiodi e tutta la classe politica hanno davanti: avere un senso della propria missione per l'Abruzzo che li porti a immaginare una riqualificazione della spesa pubblica e una strategia che abbia al centro lo sviluppo. Cominci presidente a ridurre la pressione fiscale e a concentrare le risorse su progetti forti per la crescita. Non c'è molto tempo a disposizione. La crisi internazionale legata al debito sovrano non sembra archiviata, nonostante il vertice Ue. Il governo nazionale appare debole e incapace di risposte convincenti. E l'Abruzzo deve imparare a salvarsi da solo. Una volta Winston Churchill disse agli americani: "Alla fine, dopo avere esaurito ogni altra opzione, siete capaci di agire in modo razionale". E se l'Abruzzo facesse come l'America?

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