I giudici: verso la verità su Borsellino

L'antimafia a Pineto. La sorella del magistrato: giù le mani dall'Aquila

PINETO. «Andiamo fino in fondo a questa storia. Sulla strage di via D'Amelio ci vuole una verità completa, non ne esiste un'altra. Bisogna avere il coraggio di decidere». Così il sostituto procuratore Luca Tescaroli, pm nel processo per la strage di Capaci, ieri a Pineto.

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Il magistrato, che ha ricevuto il premio nazionale Paolo Borsellino, ha commentato le ultime dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, che riscrivono la storia della strage in cui persero la vita il giudice Borsellino e cinque agenti della sua scorta. Spatuzza ha raccontato ciò che davvero accadde nel luglio del '92 e le sue dichiarazioni hanno aperto le porte del carcere per sei ergastolani, condannati nel vecchio processo per la strage di via D'Amelio. Argomenti che non potevano che entrare nella giornata conclusiva della 16º edizione del premio nazionale Paolo Borsellino - dieci giorni per la legalità, nella sala polifunzionale del Comune. «Bisogna avere fiducia nello Stato e nelle istituzioni, anche se a volte si assiste a comportamenti non commentabili», ha detto Tescaroli, «la magistratura ha pagato un prezzo altissimo, non è giusto l'attacco dello Stato».

Con lui, a stringere tra le mani la targa intitolata al magistrato simbolo, insieme a Giovanni Falcone, della lotta alle mafie, c'era Giuseppe Lombardo, sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, giovane magistrato titolare delle più importanti inchieste contro la 'ndrangheta reggina. «La storia di Borsellino va oltre la vicenda giudiziaria, è un simbolo», ha detto Lombardo, «e spero che le nuove collaborazioni possano fare finalmente giustizia. Dobbiamo scrivere una nuova pagina della storia di questo Paese». Vite sotto scorta, dedicate al lavoro e alla ricerca della verità. Come quella di Anna Canepa, sostituto procuratore coordinatore della direzione nazionale antimafia. «Sono ligure», ha raccontato, «e mi mandarono giovanissima a lavorare a Caltagirone, ci chiamavano "giudici ragazzini". Quando sono entrata nel palazzo di giustizia c'era un'incisione sul marmo, "Alle toghe intrise di sangue". Mi è rimasta nella mente».

Ad aprire la 16º edizione del premio è stata la lettera inviata da Rita Borsellino, sorella di Paolo: «Nord e sud insieme nella lotta alla criminalità organizzata, per evitare che la mafia metta le mani nei grandi affari, a cominciare dall'Aquila, e che si insinui nei palazzi del potere dove trova terreno fertile e linfa vitale». La situazione dell'Aquila, tra ricostruzione e affari d'oro, ritorna anche in questa edizione del premio.

Su quel palco ieri sono saliti progetti e speranze sulle gambe di persone con una carica eccezionale. A ritirare i premi per l'impegno sociale e civile, anche Gennaro Del Prete, figlio del sindacalista Federico, assassinato a Casal di Principe; Rodrigo Jaimes Hidalgo, esiliato dal Perù per aver difeso i diritti umani; Giuseppe Narducci per il progetto legalità del Comune di Napoli, che ha proposto di spostare parte del premio a Napoli. E poi Egidia Beretta Arrigoni, madre di Vittorio Arrigoni, l'attivista per i diritti umani ucciso a Gaza; il premio speciale al comando regionale della Finanza per il contrasto all'illegalità e il contributo dato nei giorni del terremoto, ritirato dal comandante provinciale Pietro Pelagatti. Il premio in ricordo di D'Avanzo è andato a Peppe Baldessarro, giornalista del Quotidiano della Calabria, quello in memoria di Biagi al collega di Calabria Ora, Pietro Comito, entrambi minacciati dalla 'ndrangheta, ma sempre con la schiena dritta. Premiati il medico-artista Antonello Persico e la cooperativa "I Colori". Per l'impegno culturale, il gruppo I Giganti, insieme dopo 40 anni, per "Terra in bocca".

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