I proconsoli di Roma e il bauscia di Brianza

Mancano solo Montalbano e Ingravallo, poi ci sono tutti. Sono 28 i commissari in Abruzzo, un concentrato di potere mai visto, cui vanno aggiunte le 25 deleghe del supergovernatore Chiodi. Con questi decisionisti di professione, la regione dovrebbe andare come un orologio, invece si muove poco, spesso in ritardo e male. Ma perché ci si affida a un solo uomo? Gli abruzzesi non sono capaci? E' questa l'idea federalista del Paese?

I commissari unici non hanno mai portato bene all'Italia. Da 30 anni in qua non hanno risolto un problema: dal terremoto dell'Irpinia, alla monnezza di Napoli, ai grandi eventi internazionali. Il commissario si trasforma col tempo da soluzione in problema: diventa un centro di potere, di affari, di clientele. Chi volete che rinunci a una bella sede, un autista, un addetto stampa, un paio di segretarie, un gruppo di collaboratori arruolati tra gli amici degli amici. E tanti, tanti soldi tra le mani.

I commissari sono così. E quando falliscono li riciclano in zone lontane, con in valigia un bel curriculum. Arrivano, pasticciano, spendono, guastano e via. Verso nuovi disastri. Tutto sotto l'occhio interessato del governo, che li usa come fedeli proconsoli per le situazioni interessanti, dove c'è odore di affari, senza i fastidiosi controlli degli eletti nei consigli. Giorni fa, l'Abruzzo ha rischiato di ritrovarsi come commissario al dissesto idrogeologico (40 milioni da gestire) un funzionario finito agli arresti per i liquami gettati in mare. Non c'era proprio di meglio?

L'Italia sta vivendo sulla propria pelle che cosa significa affidarsi all'uomo del ghe pensi mi. Ha ragione il sindaco dell'Aquila, Cialente. Non è più tempo di eroi solitari, ma di scelte condivise, di controllo da parte dell'opinione pubblica. Non si possono decidere le sorti di milioni di cittadini affidandosi a una sola persona. Anche perché che interesse ha il commissario a svolgere bene la missione? Una volta raggiunto l'obiettivo deve uscire di scena.

Ma i commissari piacciono a tutti. Al centrodestra e al centrosinistra. È una parola che seduce tre volte come la celebre saponetta di Carosello di qualche anno fa, quando la frase ghe pensi mi era solo la caricatura di un imprenditore bauscia della Brianza.

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