«Il nuovo Pd? Giovane e unito»

D’Alessandro: no alle correnti ma l’area cattolica è essenziale.

PESCARA. In Abruzzo 60mila abruzzesi hanno votato alle primarie del Pd scegliendo Silvio Paolucci segretario regionale del partito. Un dirigente di 32 anni che si affianca a un altro trentenne, Camillo D’Alessandro, capogruppo in Consiglio regionale.
Consigliere D’Alessandro, Paolucci è stato eletto con un accordo delle mozioni Bersani e Franceschini. Alla vigilia delle primarie però si è parlato anche di lei come candidato alla segreteria regionale.
«Sì, ma abbiamo avuto la forza di dire no a Roma, a chi ci chiedeva di dividerci in Abruzzo per lucrare qualche voto in più ai rispettivi candidati alla segreteria nazionale. Ci siamo rifiutati perché la nostra Regione ha bisogno di unità e i numeri ci hanno dato ragione».

È stato difficile far passare la linea dell’unità?
«Abbiamo spiegato che la situazione che vive l’Abruzzo è eccezionale, con una crisi politica grave a cui è seguita quella economica ed occupazionale, aggravata poi dal terremoto. Abbiamo fatto comprendere che in Abruzzo avevamo una importante risorsa su cui costruire insieme e uniti la ripartenza: un giovane preparato e attrezzato come Silvio Paolucci, insomma il nostro Abruzzo prima di tutto. Ci hanno capito ed il presidente Marini, prima di ogni altro, ha favorito il nuovo corso. Poi ci sono tante energie dentro il Pd, a partire dal candidato dell’area Marino, Fabio Ranieri, di assoluto valore e che potrà fare molto».

Finite le primarie c’è il rischio che il Pd diventi un partito di correnti?
«La corrente è concetto esattamente contrario al merito. Immaginare il partito nuovo che si organizza per schemi vecchi è la negazione del Pd. Vedo invece come necessario innalzare il confronto culturale interno. Del resto basti vedere la degenerazione correntizia dentro il Pdl per capire dove non si deve andare».

Parla delle fondazioni?
«Il problema non sono le fondazioni se promuovessero approfondimento culturale, anzi sarebbero opportune perché la politica partitica non basta. Il problema è nasconderci dietro truppe armate che si contendono potere e ruoli. Da qui le risse, come quella tra Giuliante e Piccone. Forse nel centrodestra abruzzese era inevitabile: in Abruzzo non esiste un “capo”, a partire da Chiodi mai riconosciuto come tale, meglio allora fare tanti capetti».

Quindi niente correnti nel Pd?
«Non escludo che ci siano tentazioni. Per quanto mi riguarda lavorerò per superarle. In Abruzzo, dove abbiamo un segretario unitario, non avrebbero senso».

Lei che proviene dai Popolari e dalla Margherita non teme con Bersani un Pd troppo di sinistra?
«Non si possono fare i processi preventivi. Il popolo delle primarie ha eletto Bersani ed oggi lui è il segretario di tutti. Poi ognuno di noi, così come Bersani, sarà giudicato per quello che fa non per le intenzioni. Ciò che è certo è che nessuno nel Pd può pensare ad un grande e moderno partito senza il contributo dell’area cattolico-democratica proveniente da Popolari e Margherita».

In Consiglio avete annunciato una proposta per Villa Pini. Di che si tratta?
«È una proposta ancora allo studio dei nostri tecnici intesa soprattutto a tutelare i lavoratori. La presenteremo nel prossimo consiglio regionale».