Il prete: ho abbracciato la bimba

Il parroco accusato di pedofilia: ho abbracciato la bimba. L’ammissione al pm avviene dopo la visita in cella del vescovo di Teramo. Si va verso il rito abbreviato Intanto la difesa chiede gli arresti in convento: «In carcere rischia il suicidio»

TERAMO. Il vescovo visita in carcere il sacerdote accusato di molestie sessuali su una bambina di dieci anni e subito dopo il prete decide di rendere ulteriori dichiarazioni al pm, chiarendo in modo completo la sua versione dei fatti.

Il sacerdote indiano, 39 anni, che martedì aveva fatto solo delle parziali e confuse ammissioni, ieri avrebbe detto che quel giorno (il 19 dicembre scorso) stava distribuendo doni nelle case dei parrocchiani, in una piccola frazione di Teramo. In casa della bimba non c’erano i genitori ma lui non lo sapeva, quindi non ci sarebbe stato niente di premeditato. Ha avuto un momento di debolezza, abbracciando la bambina e toccandola nelle parti intime, ma sarebbe stato un gesto fugace. Il prete ha ribadito il proprio pentimento.

Poco prima monsignor Michele Seccia e il suo vicario, don Davide Pagnottella, erano saliti al carcere di Castrogno per incontrarlo. Così il vescovo di Teramo-Atri riferisce sul contenuto del colloquio: «L’ho trovato molto abbattuto e rammaricato. Comprendo e ribadisco la gravità dei fatti che gli sono addebitati, per i quali non può che farsi verità. Ma come vescovo mi sento padre, e quindi responsabile, anche di questa persona. Immaginate come possa sentirsi. Se l’ho spinto a collaborare? Non ce n’è stato bisogno, sta già collaborando. Speriamo che la vicenda si chiuda, è una sofferenza per tutti a cominciare, ovviamente, dalla famiglia della piccola».

Il vescovo, dunque, auspica che la vicenda si chiuda. E, infatti, è verso una chiusura giudiziaria il più possibile rapida, che sottragga la diocesi e l’intera Chiesa a una ribalta mediatica spiacevole, che ci si sta muovendo. L’avvocato Gianni Gebbia, che assiste il prete indiano, è stato più volte, ieri, nell’ufficio del pm titolare del caso, Bruno Auriemma. Facile intuire di cosa i due abbiano parlato. Innanzitutto - visto che l’inchiesta sta per essere chiusa e c’è una confessione dell’indagato - di riti alternativi. Ovvero, di un rito abbreviato: processo-lampo e sconto di pena. Ma anche dell’istanza di scarcerazione che Gebbia si appresta a chiedere per il prete. «Il mio assistito è in una forte condizione di stress», ha ribadito ieri l’avvocato, che già il giorno prima aveva avvertito sul pericolo che il sacerdote (in isolamento e sorvegliato a vista 24 ore su 24 dalla polizia penitenziaria) possa uccidersi. L’istanza di scarcerazione - il prete finirebbe agli arresti domiciliari in una struttura religiosa - è attesa ad ore e potrebbe incassare il parere favorevole del pm.

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