«Il segreto? Azienda ricca e famiglia povera, investire»

Il presidente della Valagro, leader nei fertilizzanti a basso impatto ambientale «Per la regione vorrei un “Brand Abruzzo”. E le aziende vinicole devono unirsi»

PESCARA. «Le merci vanno dove vanno gli uomini. Nel mercato globale è ormai un non senso distinguere tra mercato domestico ed estero: fuori dall’uscio di casa è già mercato. Se avessimo scelto di fare business unicamente legato al territorio saremmo spariti prima di iniziare, 33 anni fa. L'agricoltura abruzzese è limitata alla vite da vino e all’olivo e poco altro..». Ottorino La Rocca non le manda a dire. E' un businessman di razza, nativo di Paglieta, sempre aggiornato sull'andamento della macroeconomia e sui fatti. E sempre in viaggio, «più della metà del mio tempo lo trascorro fuori dall'Italia»: Nuova Zelanda, Brasile, Norvegia, Pakistan, Turchia, Cile, Argentina, Miami. Un vero globetrotter con la valigetta sempre in ordine, insieme a Giuseppe Natale, suo socio «autorevolissimo».

La Rocca è fondatore nonchè presidente (Natale, di Piazzano di Atessa, è l'ad) del Gruppo Valagro, multinazionale italiana con sede ad Atessa, da dove l'azienda è partita nel 1980 con la produzione e commercializzazione di fertilizzanti  a basso impatto ambientale, nella valle del fiume Sangro: biostimolanti per le produzioni agricole, tappeti erbosi, giardinaggio e diverse applicazioni industriali.

In oltre 30 anni Valagro è diventata leader mondiale grazie anche ai forti investimenti nella ricerca, in particolar modo nel campo della genomica. Attualmente conta quattro stabilimenti all'estero in aggiunta al sito produttivo di Atessa, tre in Norvegia, uno in Francia. Il Gruppo impiega complessivamente 350 persone, di cui 210 in Italia e 140 nelle sue 12 filiali presenti nei cinque continenti. Nel 2013 Valagro spa ha superato abbondantemente i 90 milioni di fatturato.

Presidente La Rocca, l'80 per cento del vostro fatturato proviene dai mercati esteri. La strategia di crescita di Valagro si è proiettata fin da subito a livello globale. Non crede nelle possibilità offerte dal territorio?

«L'internazionalizzazione è stato da subito il primo obiettivo. L'agricoltura italiana è sempre in discesa, il Paese non può dare più di quanto ha dato. Le produzioni di nicchia sono e resteranno le specificità nazionali, ma il nostro vignaiolo con le sue 20mila bottiglie all'estero non sopravvive. Occorrono aiuti, consorzi, fare rete; anche se qualcosa comunque si sta facendo, non basta. I più piccoli devono mettersi insieme, praticamente tutti, tolti alcuni big come Fantini/Farnese, Cantina Tollo, Masciarelli, Zaccagnini...»

Cosa permette a Valagro di competere sui mercato mondiali?

«Investiamo quasi il 4% del fatturato in ricerca e sviluppo, è stato ed è fondamentale per rendere l'azienda finanziariamente forte. Occorre patrimonializzare le aziende, detto in altre parole “azienda ricca e famiglia povera”, uno slogan da tenere sempre a mente. Valagro ha sempre distribuito non più del 10-15% dei dividendi, questo ha reso possibile avere un buon potere contrattuale con il mondo della finanza. Oggi le banche prestano meno soldi, ma i nostri indici finanziari sono robusti, stabili, basso indebitamento e buona redditività dell'azienda, così abbiamo risentito poco delle restrizioni finanziarie che la crisi ha imposto alle banche. Patrimonializzazione e internazionalizzazione per accedere al credito con più facilità: è quello che ripeto da dieci anni a questa parte!»

Mentre in Italia la tendenza è a coltivare il proprio orticello..

«Poche aziende si sono internazionalizzate, alcuni potevano e ora stanno perdendo il treno, forse è possibile ancora che qualche azienda recuperi ma bisogna fare in fretta. I giornali non raccontano abbastanza delle (poche) cose che funzionano in questo Paese e il quadro risultante è a tinte fosche, foschissime. Siamo un Paese che oggi non ha molto interesse a investire, si ha paura, a volte penso con qualche ragione ma l’ottimismo deve prevalere. Dico sempre che non bisogna mai isolarsi, il fatto è che gli italiani sono individualisti, troppo solisti. Bisognerebbe cambiare questo atteggiamento».

Cosa si sente di dire ai giovani italiani?  

«Di smuoversi: valigetta e via da casa! Su 10, cinque ce la possono fare e comunque anche in presenza di insuccessi si fanno esperienze, non sono mai sprecate. I nostri giovani all'estero sono quelli che poi si rivelano i più brillanti, abituati come sono a districarsi tra i lacci della burocrazia italiana per poter ottenere qualunque cosa. La bravura e l'estro vanno incentivati. Qui invece il sostegno si dà anche a chi non merita. In Valagro siamo alla continua ricerca di “cervelli”, da tutto il mondo».

Come vi state preparando per l'Expò 2015 di Milano?

«Abbiamo in cantiere un progetto sulla sostenibilità per noi molto importante, con partner di alto livello scientifico. Progetto che andrà a concretizzarsi nei prossimi mesi. Sebbene veda la preparazione in ritardo, l'Expò è una vetrina importante e può dare una spinta all'economia».

Se andasse al governo regionale cosa farebbe?

«Non mi ci vorrei trovare, mi tremano le gambe al solo pensiero! E poi in quel ruolo non ci si arriva a oltre 60 anni senza aver ricoperto mai incarichi elettivi. Per il mio futuro ho altri progetti. L’unica cosa che avrei voluto vedere realizzata è un “brand Abruzzo”, possiamo ancora lavorarci e fare meglio di quanto fatto. Un progetto di sviluppo vero, concreto e fattibile. Fino ad oggi sono mancate le linee guida, una visione più a lungo termine e più lungimirante. Le responsabilità sono diffuse e vengono da lontano, e la classe imprenditoriale non ne è esente».

Lei è vicepresidente della Fondazione Aria (Fondazione industriale adriatica, presieduta da Elena Petruzzi). Un modo per esprimere la sua sensibilità nei confronti delle attività culturali e dell'arte, anche sul territorio?

«L'arte è un mondo che guardo con invidia benevola. Gli artisti hanno avuto un grande dono e chi può deve dare il proprio sostegno a questo mondo, che è una parte molto importante della nostra economia. Tra i progetti della Fondazione Museate di Atessa, di cui siamo come Valagro Holding soci fondatori, abbiamo, anche con Fondazione Aria, l'idea di avvicinare i due mondi, dell'impresa, sempre un pò restìa, e quello dell'arte. Per poter apprendere, scambiare esperienze e visioni del mondo. Quando vai agli incontri, vernissage, studi d'artista, proiezioni, capisci che tanta gente è interessata allo stesso tema. Mai isolarsi!».

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