Il tartufo bianco batte la pioggia: stagione d’oro in Abruzzo

La raccolta si preannuncia ottimale malgrado il meteo. Aumentano i cavatori, i prezzi fino a 2mila euro al chilo

CASTEL FRENTANO. Si preannuncia con buoni risultati la raccolta del tartufo bianco dopo un andamento climatico non ottimale che aveva fatto temere, un “anno no” anche per il prezioso tubero, al pari delle altre produzione agricole. Invece le recenti condizioni di temperatura bassa e di umidità stanno determinando un inaspettato sviluppo del tartufo con un aumento anche dei prezzi: le quotazioni nello spazio di un mese sono aumentate in media del 50 per cento.

Oggi al dettaglio, il tartufo bianco di buona qualità e pezzatura (più è grande e più vale) è sui 2mila euro al chilo.

Il settore del tartufo in Abruzzo ha acquisito negli ultimi anni un interesse sempre crescente: sono circa 50 le ditte che commercializzano e/o trasformano il prodotto; oltre 6mila i raccoglitori; alcuni i vivai attivi nella produzione di piante micorizzate con tartufo; 6 le associazioni che fanno parte dell’elenco regionale associazioni tartuficole che entrano come parte attiva al fianco della Regione, per la salvaguardia e il miglioramento degli ecosistemi tartufigeni, la gestione delle tartufaie e la valorizzazione del prodotto.

I numeri del tartufo sono da capogiro: 400 milioni l'anno il giro d'affari nazionale; 60% del prodotto nazionale proviene da Abruzzo e Molise; da 800 a 2mila euro il chilo è il prezzo pagato al cercatore, 60% in meno di quello che paga il consumatore.

Il tartufo è diventato un comparto produttivo di estremo interesse che si è sviluppato in questi anni contrassegnati dalla crisi economica; non sono pochi i cassintegrati o chi è senza lavoro, che hanno pensato bene di sostenere l’esame per ottenere il patentino da cercatore e dedicarsi a quest’attività.

Il fenomeno ha portato comunque a una differenziazione delle figure presenti, che possono anche coincidere: cavatore e raccoglitore. Il primo è chi materialmente trova il tartufo sotto terra, l’altro è chi “raccoglie” dai cavatori il tartufo e lo rivende alle aziende e ai ristoratori.

Ma come spesso accade per altri prodotti agricoli, anche in questo caso i vari passaggi portano a una lievitazione del prezzo. L’aumento dei cavatori ha portato a una diminuzione del prodotto da trovare e quindi alla possibilità d’ingressi del tartufo da altri Stati. «Per il tartufo» spiega Rocco Auriti dell’associazione Tartufai della Majella con sede a Guardiagrele, «non c’è una tracciabilità e una legge in tal senso sarebbe auspicabile. Se le aziende di trasformazione aumentano sempre di più ed i cavatori proliferano, le tartufaie stanno soffrendo e molte sono all’osso. Anche perché molti non sanno cercare e pur di portare a casa qualcosa “zappano” distruggono le tartufaie che riprenderanno a produrre dopo 4 o 5 anni».

Cavare il tartufo vuol dire avere un cane adatto. E il cane per eccellenza vocato alla cerca del tartufo è il Lagotto; un cucciolo costa minimo 700 euro, un adulto va da 3mila a 5mila euro, con i prezzi che possono variare secondo la genealogia. «Fino a tre mesi si fa un avvio, poi occorrono almeno due anni di allenamento» spiega Auriti, socio del Club italiano Lagotto e che annuncia per il 9 novembre a Roio del Sangro la prima prova-lavoro ufficiale del Lagotto nel Centro-Sud Italia.

Matteo Del Nobile

©RIPRODUZIONE RISERVATA