caos migranti

L’Abruzzo aspetta 257 profughi: nessun Comune vuole ospitarli

In Regione ce ne sono già oltre mille in strutture gestite da associazioni e cooperative. L’assessore regionale Sclocco: "I sindaci devono gestire i flussi altrimenti verranno scavalcati"

PESCARA. Nei prossimi giorni arriveranno in Abruzzo 257 nuovi profughi dal nord Africa. Lo ha deciso il ministero dell’Interno con la circolare del 1° giugno sulla base dei nuovi sbarchi registrati in Sicilia. I migranti destinati alla nostra regione saranno dapprima ospitati nel Centro di prima accoglienza di San Giuliano in Molise, quindi saranno distribuiti nei centri abruzzesi sulla base delle strutture disponibili e della ripartizione di quote tra Regioni.

Oggi in Abruzzo sono ospitati circa mille profughi (gli ultimi dati parlano di 1.033 migranti) in alcune decine di strutture autorizzate. Quasi tutte sono strutture private gestite da associazioni di volontariato e di assistenza come la Caritas o da cooperative. Finora nessun comune si è fatto avanti per rendere disponibile una propria struttura, a parte i comuni aderenti alla rete Sprar, il servizio protezione richiedenti asilo e rifugiati (in Abruzzo sono meno di dieci).

Per l'ospitalità i bandi prevedono un contributo di circa 35 euro al giorno per ogni profugo, soldi che devono servire per vitto alloggio e formazione. Di questo fondo giornaliero 2,5 euro al giorno vanno all’ospite per le piccole spese.

L’atteggiamento di chiusura dei Comuni riguarda tutte le regioni ed è basata anche su motivazioni ragionevoli (si legga nella pagina accanto l’intervista al presidente dell’Anci Abruzzo Luciano Lapenna), tanto che il governo sta studiando incentivi per gli enti locali che accoglieranno profughi, per esempio un allentamento del patto di stabilità che però dovrà passare al vaglio dell’Europa.

Nel frattempo la scena politica è occupata dai governatori delle Regioni e in particolare da quelli del Nord che contestano le quote di assegnazione. Ieri il presidente della Lombardia, Roberto Maroni, ha scritto ai prefetti per chiedere di «sospendere le assegnazioni nei Comuni» fino a quando ci sarà una ripartizione più equa in tutte le Regioni. E non ha fatto retromarcia dalla sua proposta di ridurre i trasferimenti che accetteranno nuovi arrivi, nonostante le polemiche che ha scatenato («misure ritorsive» le ha definite il sindaco di Torino, Piero Fassino, che è presidente dell'Associazione dei Comuni). Ma che cosa fa la Regione Abruzzo? Sulla base della popolazione la nostra regione dovrebbe accogliere il 2,45% circa dei profughi ospitati nel paese (circa 70mila). Oggi l’Abruzzo ne ospita il 2%, c’è spazio quindi per altri arrivi, ma non si arriverebbe a superare le 1.500 unità.

Spiega l’assessore regionale al Sociale Marinella Sclocco: «Chi fa le cose sono le prefetture che nell’ultimo vertice all’Aquila aveva chiesto ai comuni e a tutti i sindaci disponibilità di spazi pubblici per l’accoglienza, ma quasi tutti se non tutti hanno detto no. E questo è un grande paradosso, perché se i Comuni dicono no, i profughi se li troveranno comunque in casa, visto che le prefetture continueranno a fare i bandi per i privati che stanno ovviamente sui territori comunali. La cosa da fare con l’Anci», continua la Sclocco, «è arrivare a capire che la questione immigrazione/profughi non può essere più considerata un’emergenza ma una situazione strutturale, anche perché la situazione in Africa non è affatto migliorata e non migliorerà nel breve e medio periodo. Allora, questa situazione o la si governa o si viene “massacrati”, perché le prefetture requisiranno comunque le strutture necessarie. Quanto alla Regione non ha un ruolo diretto nella gestione dei profughi, ma io sono disponibile a non lasciare soli i sindaci e a svolgere una funzione di coordinamento».

Il punto vero è che c’è carenza di strutture, come è stato rilevato nel corso del primo vertice in prefettura qualche settimana fa. E manca soprattutto un “hub” regionale, un centro di prima accoglienza che possa ospitare 200-300 persone per l’esecuzione delle prime pratiche. «Oggi i profughi sono sparsi in decine di strutture: gestirli è un problema e si allungano i tempi per il disbrigo delle pratiche. Allora io dico: mettiamoci tutti insieme attorno a un tavolo, ognuno si prenda la sua parte di responsabilità e facciamo un programma affinché questo argomento non sia un peso ma una risorsa. In Abruzzo abbiamo mille rifugiati e francamente nessuno si è lamentato di loro, perché sono ben gestiti, anzi abbiamo esperienze come quella di Sulmona (vedi servizio in basso, ndr.) iniziata con le barricate e finita con una corsa alla solidarietà di tutti i cittadini». E non c’è solo Sulmona, si cono anche esperienze nel Chietino e nel Teramano dove si stanno organizzando corsi, come a Castelli e Torricella, per insegnare ai profughi, a titolo gratuito, la lavorazione della ceramica o la manutenzione del territorio.

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