L'Abruzzo rischia di perdere l'autobus

di Sergio Baraldi

Dopo l’intervista dell’on. Tancredi al nostro giornale, si è aperta una serrata discussione sull’assetto dei trasporti in regione. I toni sono animati nei confronti del deputato Pdl reo di avere proposto la privatizzazione del trasporto pubblico regionale. Un’idea in linea sia con la posizione europea, sia con un decreto in vigore del governo Berlusconi, sia con quanto sembra si accinga a fare il governo Monti, sostenuto da un parere motivato dell’Antitrust. Quello che sarebbe stato lecito attendersi, quindi, è una riflessione sulla sua proposta.

Invece, il finimondo. I sindacati si sono riuniti a poche ore dall’apparizione dell’intervista in edicola per licenziare un documento in cui la cosa più gentile che si dice a Tancredi è di voler favorire la “casta”. Poi il Pd è intervenuto anch’esso con una nota piuttosto dura. Nessuno cerca di valutare i pro e i contro della proposta dell’on. Tancredi. Critiche si aggiungono dall’interno del Pdl: il senatore Di Stefano boccia sia l’accorpamento sia la vendita, vuole lasciare tutto com’è. L’on. Tancredi non ha certo bisogno di difensori. Tuttavia, a mio avviso, la sua idea andrebbe valutata con attenzione. Per tre ragioni che mi permetto di sottolineare.

La prima è che essa va in direzione di un orientamento europeo favorevole alle liberalizzazioni e alle privatizzazioni. La seconda è che, prima della fine del mese, forse interverrà il governo Monti con un provvedimento che spingerà verso questa direzione, e noi rischiamo di essere, al solito, impreparati. La terza è che questa idea potrebbe corrispondere all'interesse generale della regione.

Sia i sindacati sia il Pd, se volessero confrontarsi sine ira ac studio, potrebbero dare un contributo importante. Ma lo vogliono?

Il Pd ha fatto una mossa abile in consiglio regionale: ha fatto passare un emendamento in cui si stabilisce la fusione delle tre società pubbliche. Una mossa che ha portato allo scoperto alcune divisioni nel centrodestra ed è passata persino con l'appoggio dell'assessore Morra. L'azione ha avuto successo, ma, se vogliamo andare alla sostanza, possiamo definire l'accorpamento in molti modi tranne che una "riforma". In realtà, parliamo di una razionalizzazione del sistema con alcuni pregi e molti difetti. I pregi, pare di capire, sarebbero che un'unica società potrebbe consentire dei risparmi di scala, sui 7 milioni di euro, con una riduzione dei dipendenti e la centralizzazione degli acquisti.

Su una gestione più efficiente, non si è sicuri di niente. Ma ci sono anche i limiti.

Innanzi tutto, stiamo creando un monopolio pubblico, in controtendenza rispetto all'Europa. Tancredi ne ha messo in evidenza un altro: i livelli retributivi delle tre aziende non sono uguali, e dato che è difficile immaginare un adeguamento verso il basso, possiamo immaginare che ci sarà una lievitazione delle retribuzioni, dunque dei costi. Di Stefano dice che l'unificazione metterebbe a rischio i contributi statali e regionali, ma forse è più un'ipotesi che realtà. La mossa del Pd tende a una razionalizzazione che presenta delle problematicità. Vogliamo sottovalutarle?

Anche perché questa criticità dovrà essere gestita. Siamo sicuri che i vertici regionali e aziendali diano garanzie ai cittadini? Compresi ai sindacati che sembrano così soddisfatti? Lo stesso Tancredi, deputato della maggioranza, sembra nutrire un certo scetticismo verso i suoi. Perché dovrebbero crederci i sindacati? Perché i dipendenti delle tre società forse diminuirebbero, ma chi resta potrebbe guadagnarci? Ovviamente, è lecito che i sindacati lo pensino. Se fosse così, essi rappresenterebbero solo l'interesse dei lavoratori, non avrebbero titolo per intervenire per l'interesse generale. Se scelgono di rappresentare una parte, parlino per quella parte. Allora, chi parla a nome degli utenti-cittadini? Chi assume il punto di vista di coloro che utilizzano il servizio e lo pagano? E di quelli che non lo usano, ma lo pagano attraverso il prelievo fiscale? Nessuno sembra ricordarsi degli utenti-cittadini. Il Pd appare contraddittorio. Fa dipendere la sua strategia da una mossa tattica. Tattica ma elettorale?

La confluenza di centrosinistra e centrodestra sul medesimo obiettivo rivela, infatti, la subcultura politica dell'operazione: se le aziende sono pubbliche rimangono anche un terreno di manovra per i partiti. Lo statalismo nasconde il tentativo della politica di mantenere il controllo sulla società abruzzese, invece di conquistare il primato con la capacità di governo. Ecco su cosa hanno trovato l'accordo in consiglio regionale.

Ma il Pd come si mette se Monti aprirà la partita delle liberalizzazioni (e privatizzazioni) dei servizi pubblici? E' probabile che a Roma il Pd nazionale lo sostenga. A Roma il Pd liberalizza, in Abruzzo statalizza? D'altra parte, nessuno ha notato che l'uscita di Tancredi, quali che fossero le sue intenzioni, rappresenta un'indiretta correzione del governo regionale, forse anche della singolare dichiarazione di Chiodi che intesta a se stesso la "riforma" firmata dal suo principale oppositore, il Pd.

Di Stefano parla di "ingenuità". La verità è che Chiodi teme le elezioni e cerca edificare possibili difese (una è la sanità). L'on. Tancredi, invece, sembra guardare alla politica dei principi e richiama la "sua" Regione. Che state combinando? sembra dire, vi siete dimenticati del decreto di Berlusconi che fece un primo passo verso la liberalizzazione? Non sapete che se Monti prosegue su questa strada noi probabilmente lo approveremo? Se lo scenario si realizzasse, Pdl e Pd a Roma voterebbero insieme le liberalizzazioni, ma cercherebbero insieme di statalizzare in Abruzzo. Un pasticcio. Caro on. Tancredi, che ci vuole fare? Qui se lei, Piccone, Legnini, Marini e altri non intervenite i "vostri", cioè il Pdl e il Pd locali, arretreranno verso la pubblicizzazione invece che avanzare verso la liberalizzazione.

La privatizzazione, sì, sarebbe una riforma strutturale, perché rovescerebbe la logica della proprietà pubblica come prolungamento dei partiti. Realizzerebbe l'apertura di una vera concorrenza in un settore strategico. Fra l'altro, sarà necessario fare una gara. Sarebbe singolare che la Regione indisse la gara e se l'assegnasse attraverso una sua società, una operazione "in house", come dicono i tecnici. In genere i servizi in regime di gestione pubblica sono in uno stato di decadenza.

La questione più importante è se questa società sia in grado di garantire gli investimenti necessari per fornire in futuro un servizio efficiente. E' più facile, in nome della pace sociale, rinviare gli investimenti che ridurre le retribuzioni o licenziare. Sarebbe utile che, in una situazione di grave crisi dei conti pubblici, i sindacati e il Pd indicassero che cosa taglierebbero nel bilancio regionale per recuperare eventuali risorse per offrire un servizio di maggiore qualità. Tra l'altro, Tancredi ha proposto la privatizzazione, ma si potrebbe ipotizzare anche una società mista. Chi si schiera a favore del pubblico deve spiegare come assicurerà agli abruzzesi un servizio efficace a tariffe contenute e gli investimenti necessari. Ad aumentare le tariffe siamo capaci tutti.

Il vero punto è "come" fare una riforma vera. Infatti, una gara, rimandata più volte a livello nazionale, si dovrà fare. Monti non aspetterà molto. Qui occorrerebbero garanzie serie: gara europea, trasparente; poi c'è la questione del contratto di affidamento da parte dell'ente pubblico che richiederà alla Regione capacità regolatorie che, oggi, non pare l'istituzione possegga. C'è da aggiungere che Chiodi ormai non sembra una figura di garanzia, dopo quello che sta avvenendo nella sanità e nella ricostruzione. Una conseguenza importante dell'ipotesi di Tancredi è proprio il passaggio dalla Regione proprietaria alla Regione regolatrice, che pone sotto pressione la capacità di governo e le qualità professionali. Gli esperti potrebbero dirci se non convenga disegnare diversi bacini di utenza regionali e ricorrere a gare diverse. Oppure se la creazione di una sola società agevola il percorso verso la liberalizzazione con un unico bacino.

In ogni caso, la ratifica di un monopolio pubblico non è certo il modo migliore per cambiare. E non è detto che sia utile a cittadini e imprese o all'interesse generale, rinviando l'iniezione del dinamismo del mercato in un settore strategico.

Nella partita dei trasporti si confrontano innovatori e conservatori, che non sono schierati da una parte politica sola. Al centro si pone il tema della ridefinizione del rapporto tra Stato e mercato, che in Abruzzo è sbilanciato a favore del primo a danno del secondo. La ridefinizione di questo rapporto nell'interesse dei cittadini, con un ridimensionamento dello statalismo sostenuto da forze opposte unite dal medesimo interesse, potrebbe essere la preoccupazione degli innovatori ovunque collocati.

Quanto ai sindacati dicano che cosa vogliono essere. Vogliono tutelare solo i dipendenti delle aziende? Vogliono schierarsi contro i privati per giocare un ruolo politico? O desiderano combinare la funzione di una giusta tutela dei lavoratori con un progetto che comprenda gli interessi della collettività? In questo caso, sono sicuri che più che una mobilitazione contro qualcuno non serva una mobilitazione delle idee con cui convincere l'opinione pubblica?

Il Pd scelga se rimanere dentro l'orizzonte conservatore-statalista del centrodestra rappresentato oggi anche da Chiodi o se vuole superarlo, disegnando un suo progetto di modernizzazione. Se l'on. Tancredi ha ritenuto di dover far sentire la sua voce, forse vuol dire che la giunta del centrodestra si rivela debole e affaticata di fronte al cambio di paradigma che lentamente avviene nel Paese. Qui rischiamo tutti di perdere l'autobus.

© RIPRODUZIONE RISERVATA