"L’Aquila e Teramo, atenei da federare"

La proposta del rettore aquilano di Orio alimenta scontri politici e accende i campanilismi

PESCARA. Non un’annessione, ma un modo per riequilibrare risorse finanziarie tra due atenei che hanno il privilegio di ben integrarsi l’uno con l’altro. Alimenta dispute e forti fiammate di campanilismo la proposta di federare le università di Teramo e L’Aquila. Questione che fa molto discutere, e avvelena anche i rapporti nel centrodestra. Non a caso è stato uno degli elementi di scontro tra l’assessore sospeso, Gianfranco Giuliante, e il presidente Chiodi.

Rilanciata dal rettore dell’ateneo aquilano, Ferdinando di Orio, l’idea di avviare un confronto sereno sulla realizzazione di un asse universitario L’Aquila-Teramo, dopo il modello già collaudato tra Chieti e Pescara con la d’Annunzio, rischia di essere superata dai fatti. A partire dalla convenzione tra università dell’Aquila e Asl di Teramo.

I consiglieri regionali del Partito democratico, Claudio Ruffini e Giuseppe Di Luca, criticano Chiodi e i vertici regionali. «La Asl di Teramo», affermano, «è diventata il cavallo di Troia per conquistare l’università di Teramo. Le decisioni del manager Varrassi, che utilizza i professori aquilani nelle Asl teramane, permettono al rettore dell’Aquila di inglobare la giovane università teramana».

Il Pd teme l’azzeramento della realtà accademica. «Se Di Iorio vuole togliere l’autonomia a Teramo noi diciamo che è un errore», sottolinea Ruffini, «penso piuttosto a una collaborazione o a una condivisione strategica».

Il rettore dell’Aquila è intervenuto ieri nuovamente per spiegare i contenuti della sua proposta e smussare asperità che si presentano insuperabili. «La federazione tra le due università» afferma il professor di Orio, «non nasconde alcuna volontà di annessione. E’ il frutto di un’approfondita riflessione sulle opportunità legate all’applicazione della legge Gelmini che, all’articolo 3, espressamente prevede la possibilità di federazioni tra atenei».

Per di Orio, le università di Teramo e L’Aquila presentano specificità ed eccellenze complementari che potrebbero facilmente convivere in un assetto federativo, con una conseguente, migliore utilizzazione delle risorse finanziarie e di distribuzione del personale.

«Sarebbe un modo per affrontare correttamente il grande problema della carenza delle risorse», prosegue il rettore dell’Aquila, «la cui necessaria ottimizzazione è una nostra precisa responsabilità. Lungi da me pensare che questa proposta possa essere realizzata unilateralmente senza il pieno coinvolgimento dei colleghi dell’ateneo teramano e senza una congiunta e approfondita riflessione sulle potenzialità che deriverebbero da tale federazione per lo sviluppo del sistema universitario regionale a beneficio di tutta la popolazione abruzzese».

Di Orio aggiunge che, «contrariamente a quanto sembrano ritenere alcuni esponenti politici abruzzesi, la convenzione tra Asl di Teramo e università dell’Aquila è attiva da oltre trent’anni, e grazie a questa convenzione alcuni reparti dell’ospedale Mazzini di Teramo sono già diretti da docenti dell’ateneo aquilano. Nell’ambito di questo proficuo e antico rapporto va collocata la nuova presenza dell’università dell’Aquila nell’ospedale di Sant’Omero ».

Una riflessione che, a secondo i due consiglieri teramani del Pd, non tiene però conto della quantificazione dei costi. «Non è in discussione la professionalità dei docenti aquilani», incalzano Ruffini e Di Luca, «ma si tratta di capire fino in fondo se queste sostituzioni provvisorie siano davvero convenienti. Ora il costo dei primari in convenzione è composto da tre elementi: didattica, ricerca e clinica. Le prime due le paga l’università, la clinica la paga invece la Asl. Varrassi dice che costano poco. Chiediamo di conoscere quanto poco, visto che nutriamo dubbi sull’economicità di questa operazione. Al costo in parola c’è da aggiungere la difficoltà ambientale che si crea con gli operatori sanitari del reparto, sui quali gravano i turni di lavoro e tutte le attività ordinarie: la presenza dei primari universitari è limitata a poche ore settimanali».

Al commissario alla Sanità Chiodi, Di Luca e Ruffini chiedono «dov’è il risparmio nel tenere dei primari senza primariati, ai quali si aggiungono i costi della clinica da corrispondere ai professori universitari aquilani. Questo sistema non costa di più?».

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