La politica che frana

di Sergio Baraldi

La nuova inchiesta giudiziaria per corruzione de L’Aquila accelera la crisi in cui sembra versare la politica regionale. Quasi nello stesso momento, infatti, il sistema politico è stato spiazzato da nodi complessi, maturati tutti nello stesso momento. Da una parte, la questione morale pone in primo piano il problema della perdita verticale di credibilità e di autorevolezza sia del centrodestra sia del centrosinistra, entrambi coinvolti nelle vicende giudiziarie. Il nostro giornale augura agli indagati di potere dimostrare la loro estraneità di fronte alle accuse della Procura. Ma c’è da chiedersi come sia possibile che la classe politica abruzzese sia sempre chiamata in causa, lambita, inquisita attraverso suoi esponenti, ogni volta che affiorano indagini. Tutti sono innocenti fino a sentenza definitiva, ma non possiamo non osservare come il ritorno delle inchieste mostri la perdita di legittimazione che subisce un sistema politico che non ha saputo fare della trasparenza della classe dirigente e della correttezza negli atti pubblici la bussola che ispira i comportamenti.

Ogni giorno il nostro giornale deve raccontare sprechi di denaro pubblico, risorse utilizzate in modo inefficiente, istituzioni che devono sottomettersi a torsioni che, nel migliore dei casi, avvengono in nome di una mal compresa "ragione politica", nel peggiore per raccomandazioni, favoritismi, clientele. Dalle consulenze alla sanità, dalla ricostruzione all'economia, il potere pubblico abruzzese non sembra riuscire a dare dimostrazione di responsabilità, di serietà amministrativa, di rispetto delle regole formali e materiali che dovrebbero reggere una società ben governata. Le inchieste vanno lette come sintomi di una malattia che sale in superficie.

La magistratura in Abruzzo sta compiendo un lavoro meritevole a tutela della moralità pubblica e del buon funzionamento della nostra democrazia. Ma i cittadini sanno che le radici di questo malessere vanno ricercate nella decadenza dei valori, nel mancato rispetto del senso di verità e responsabilità verso la società proprio da parte di coloro che dovrebbero rappresentarla. Nello stesso tempo, il sistema politico si rende artefice di una crisi di governabilità strisciante che rende la Regione afasica su tutti i temi decisivi. La lentezza e l'inefficienza con cui le istituzioni rispondono alle domande, ai bisogni, alla grave crisi che attraversiamo, è il segno di un sistema avvitato su se stesso, incapace di dialogare con i diversi soggetti sociali e di governare con efficacia. Il bilancio approvato ma non pubblicato, che c'è ma non c'è, però lo si vuole già cambiare, sembra la metafora della nostra condizione istituzionale.

La fotografia di questa inadeguatezza l'ha fornita ieri il "Sole24 ore", il quotidiano della Confindustria, che ha pubblicato l'annuale classifica del gradimento degli uomini pubblici locali. Gianni Chiodi condivide l'ultimo posto con il governatore della Sardegna. Un ultimo posto che riguarda personalmente Chiodi, che ha in mano tutto e gestisce poco. Dietro di lui, però, s'intravede anche una maggioranza e un sistema politico che rischiano di cadere nell'ultimo girone. La nostra politica non sembra in grado di produrre decisioni che sostengano le imprese, che facciano compiere un salto di qualità al territorio, che riqualifichino la sanità, che siano in grado di far partire la ricostruzione dell'Aquila. Anzi, sembra bloccare la società.

Il piazzamento di Chiodi in fondo alla classifica è l'immagine di questa crisi di governabilità, risultato della preoccupazione da parte dell'opinione pubblica abruzzese per un'istituzione che non possiede una strategia per la crisi, non ha una visione del futuro, non elabora un'idea nuova di Abruzzo e una nuova idea di governo. Il tentativo di recuperare attraverso la scorciatoia di un'azione clientelare e elettorale, utilizzando fondi pubblici per acquisire consenso, finisce per confermare il dubbio che il comandante della nave stia sbagliando la manovra con il pericolo di finire sugli scogli.

La percezione della gravità della situazione si avverte quando si parla con i cittadini, disorientati da una politica che non governa e difende i suoi privilegi. Tuttavia, non sembra arrivare ai partiti.

Il nostro giornale queste cose le sostiene da mesi per difendere l'interesse generale della società abruzzese. Anche domenica scorsa, alla vigilia di questi fatti, avevamo avvertito dei rischi che si corrono con una crisi di governabilità. Di fronte a un possibile fallimento, la politica dovrebbe riflettere e riprendere consapevolezza del suo ruolo, dei suoi doveri, e cambiare strada. Mettendo cittadini e imprese al centro di un progetto di sviluppo. Attraversiamo un'emergenza straordinaria. Non possiamo affrontarla con provvedimenti ordinari. Se la politica frana, le forze responsabili, nei partiti e nella società, reagiscano prima che sia tardi.

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