La politica e l'ateneo

Dal sindaco di Chieti Umberto Di Primio riceviamo e pubblichiamo.

Egregio Direttore, ho letto il Suo editoriale dal titolo “fuori la politica dall’ateneo” e forse per la straordinaria vista del mare che ho davanti ai miei occhi, ovvero per la serenità con la quale posso commentare e trattare questo argomento, a differenza dei tanti che vorrebbero insorgessi contro il Suo articolo, ritengo per lo più condivisibili le Sue considerazioni, salvo alcune necessarie precisazioni che Le consegno.

Per Lei, ancora poco addentro alle vicende locali, dire l'università di Pescara-Chieti è la stessa cosa che chiamarla, come effettivamente si chiama, università di Chieti-Pescara. Come evidenziatoLe già dopo qualche settimana dal suo arrivo, commentando eguale errore, per noi, per la storia, se vuole per la legge (il Rettorato ha sede a Chieti), non è la stessa cosa. L'università D'Annunzio era di Chieti, oggi è di Chieti-Pescara.

Non sono animato da sterile campanilismo, ma dal desiderio di rammentare che la D'Annunzio è nata a Chieti su terreni espropriati e donati dal comune ed è grazie alla lungimiranza di quei politici, in primis del mio Comune, se oggi Chieti e l'intero Abruzzo possono godere di una così prestigiosa istituzione.

La nostra università, negli anni, come è normale sia, è più volte cambiata, al punto che il sottoscritto, pur essendosi laureato alla D'Annunzio di Chieti, ha conseguito una laurea in giurisprudenza presso la facoltà di Teramo, all'epoca una delle facoltà dell'UdA. Poi è intervenuta la politica, quella che Lei critica e che personalmente ho sempre combattuto e tenuta lontana da me, ed ha fatto in modo che in una regione di un milione e duecentomila abitanti, vi fossero 32 ospedali, che Teramo avesse una sua università oltre a quella di Chieti-Pescara.

Tornando alla vicenda del nuovo statuto, premettendo che sono d'accordo con Lei circa le nuove opportunità offerte dalla riforma Gelmini, mi permetto di dirLe, che l'aver definito i miei scritti «polemica di basso profilo», vuol dire che o non ne ha compreso il senso o, forse, più facilmente, non li ha letti.

Quanto poi all'aver etichettato la mia azione mossa perché terrei «troppo alla poltrona», La invito a farsi dire dai Suoi redattori, che conoscono bene la mia storia politica per averla commentata negli ultimi vent'anni, se posso essere accomunato a quella categoria di politici (di destra o sinistra) che fanno qualcosa perché tengono alla poltrona.

Precisato anche questo aspetto, ritengo che il Suo «fuori la politica dall'ateneo», così come il Suo populistico e qualunquistico assioma «politico - poltrona», rischiano di inaridire il dibattito che si è aperto, di sacrificare sull'altare del sensazionalismo e della lotta alla casta politica (meglio se rappresentata da un uomo di centro-destra) un percorso che avrebbe, invece, dopo tanto tempo, visto un serio confronto tra territorio, università e istituzioni.

Sono Sindaco di Chieti da 16 mesi e fin dal mio insediamento, Lei non era ancora Direttore, ho espresso a chiare lettere, in tutte le circostanze pubbliche e private, così come nel consiglio d'amministrazione dell'UdA, la mia ferma convinzione che la D'Annunzio non doveva essere più considerata un elemento esterno e lontano dal territorio e per questo ho cercato un rapporto diretto e costante, un coinvolgimento vero, una condivisione piena sui progetti tra Ateneo ed Istituzioni locali ed in particolare con il mio Comune.

Certamente la politica ha le sue colpe, la più grave di tutte quella di aver praticamente ignorato negli ultimi trent'anni l'Università e il suo ruolo centrale non solo per la formazione, ma anche per lo sviluppo e la crescita del nostro territorio, ma è altrettanto vero che l'università, in tutto questo tempo, non ha fatto molto per migliorare l'integrazione con il territorio. Pertanto, una volta eletto, ho voluto seguissero concrete azioni di collaborazione: come la realizzazione del nuovo Piano Regolatore Generale di Chieti da parte della Facoltà di Architettura, la nomina del preside Bonetta nel CdA del Teatro Marrucino, la stesura di progetti che vedono promotore il comune e partner principale l'Università, la progettazione delle case dello studente in centro storico (una risposta vera per gli studenti e l'economia), il completamento del campus oltre via dei Vestini, il collegamento veloce tra Chieti alta ed il polo ospedaliero/universitario, i nuovi parcheggi nei pressi del Clinicizzato a servizio anche della D'Annunzio ed il progetto di stazione di superficie di Madonna delle Piane.

Ebbene, non credo di aver pensato una cosa assurda quando ho chiesto la presenza degli Enti nel CdA immaginando così più facile la realizzazione di una sempre più alta offerta formativa, di una ricerca sempre più all'avanguardia di una migliore qualità della vita e di servizi più efficienti per il territorio e, quindi, per gli stessi utenti dell'università.

Inoltre, quanto alla trasparenza che Lei richiama, e che il sottoscritto vuole ci sia, non viene meno in ragione della presenza degli Enti nel CdA della D'Annunzio i quali, non direttamente coinvolti nelle vicende dell'Ateneo, avrebbero offerto motivo di maggiore garanzia su quel controllo, oggi richiesto a gran voce, e che, per vero, nel mondo accademico nessuno ha mai effettivamente esercitato.

Tra l'altro non ricordo articoli di giornali, che pure spesso si occupano (giustamente) di quello che fanno i politici, denunciare le successioni ereditarie nei rettorati, il nepotismo evidente quanto dilagante, ovvero l'uso che viene fatto dei denari pubblici destinati all'università.

Caro Direttore vogliamo entrambi le stesse cose: una università competitiva, moderna, proiettata verso il futuro, trasparente e non autoreferenziale con l'unica differenza che il sottoscritto la vorrebbe fortemente legata al territorio senza, peraltro, rinunciare ad aprirsi all'esterno e capace di captare le opportunità e costruire le giuste sinergie con il mondo della economia e dell'impresa. Ciò non vuol dire, però, sottomettere l'Università a nessun novello magnate, né condizionare le strategie e i progetti dell'Università, la libertà negli insegnamenti, piuttosto che nella ricerca, al profitto di qualcuno. Sottovalutare tale aspetto sarebbe particolarmente pericoloso. Basti all'uopo pensare agli interessi (legittimi) che vivono intorno alla convenzione tra università e Regione per la gestione delle prestazioni presso il clinicizzato di Colle dell'Ara.

Nessuno dunque, men che meno il sottoscritto, vuole lasciar cadere la opportunità che la riforma Gelmini ed il governo di centro-destra guidato da Berlusconi danno oggi alle università italiane e quindi alla nostra D'Annunzio, ma neppure posso sottacere le questioni suddette.

Infine, pur rispettando, come mi è stato insegnato, le opinioni degli altri come pure le decisioni di Istituzione che anch'io riconosco, ritengo di poterle non condividere.

Sarebbe stato meglio se lo Statuto approvato fosse stato condiviso dalla Università con chi poi lo doveva votare. Avremmo potuto trovare una soluzione diversa: hanno tentato di farlo il mio delegato, dott. Enrico Bucci, ed il rappresentante della Provincia di Chieti assessore Silvio Tavoletta. Avremmo anche potuto optare per una sola presenza degli enti locali nel CdA. Avremmo potuto decidere che doveva trattarsi di una persona nominata dal Rettore su indicazione dei quattro enti. Avremmo potuto decidere che la partecipazione dei rappresentanti degli enti sarebbe stata senza emolumento e diritto di voto ma meramente consultiva. Insomma, avremmo potuto e dovuto parlarne anzichè assistere impotenti, come capita spesso, alle decisioni dell'università. Mi sarebbe piaciuto fosse cambiato il modo di essere della Università, così come gradita sarebbe stata una maggiore apertura da parte di un Rettore che opera in prorogatio e, sempre più, assume le vesti dello strenuo difensore del fortino circondato.

Vede Direttore, proprio perchè continuo a condividere la Sua posizione sulla riforma Gelmini, aspetto di leggere un Suo intervento che metta in luce le cose che non vanno anche nelle università abruzzesi. In conclusione ritengo, per quanto sopra detto e per quanto ho fatto fino a oggi da Sindaco di Chieti, che Lei abbia sbagliato nel gioire per la cacciata della politica dall'università come pure nel ridurre la mia posizione e le mie considerazioni ad essa sottese ad una misera ricerca di poltrone. Converrà con me che dire semplicisticamente e con superficialità che il politico fa qualcosa per la poltrona, è come dire che un giornalista scrive certe cose perchè qualcuno ha interesse che le scriva.

Continuo ad essere convinto che la maggioranza di questo paese è fatta di buoni professori universitari, di buoni politici e di buoni giornalisti.

Sono pronto, nei limiti che mi sono dati e nel rispetto dei ruoli, a mettere con Lei in luce e condannare le cose negative, quelle che non vanno, del nostro Abruzzo.

Le chiedo, di contro, per l'importante ruolo che riveste quale Direttore del maggior quotidiano d'Abruzzo, di non cadere nella facile tentazione del dilagante populismo o di ridurre tutto alla mera contrapposizione tra le parti. Mali questi che hanno fortemente condizionato negli ultimi decenni le scelte e la stessa società nel nostro Paese.

Sono certo che la Sua indiscussa professionalità ed il mio spirito di servizio nel fare temporaneamente il mestiere di Sindaco potranno essere utili a migliorare quel poco o tanto della società sulla quale, con le nostre azioni, finiamo inevitabilmente per incidere. Cordialità.

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