La procura: Del Turco va processato

Richiesta di rinvio a giudizio per 34. Coinvolti nomi eccellenti: Aracu e Masciarelli

PESCARA. Ottaviano Del Turco deve essere processato. Con lui, la procura di Pescara chiede che sia mandata alla sbarra una intera classe politica: gli uomini che hanno guidato l’Abruzzo per due legislature, fino agli arresti che scoperchiano lo scandalo, il 14 luglio 2008.

Per l’accusa, dietro il sipario di due giunte regionali guidate dal centrodestra prima, dal centrosinistra poi, avrebbero agito due associazioni per delinquere che dal 2003 al 2008 si sarebbero spartite potere e mazzette in nome di interessi privati.

A poco più di tre mesi dall’ avviso di conclusione delle indagini, firmato il 7 novembre dello scorso anno, proprio nel giorno del 65mo compleanno di Del Turco, il pool della maxi-inchiesta sulla sanità firma oggi la richiesta di rinvio a giudizio per 34 indagati, tra i quali figurano due società. Per il procuratore capo Nicola Trifuoggi, così come per i sostituti Giuseppe Bellelli e Giampiero Di Florio politici, imprenditori, dirigenti pubblici avrebbero tirato le fila di un sistema di truffe, concussioni e corruttele che avrebbe svuotato le casse pubbliche in cambio di tangenti.

Un tesoro di 15 milioni di euro versato dal re delle cliniche private Vincenzo Angelini - il grande accusatore - in cambio di un regime di favori per le sue strutture: l’impero crollato ieri, dopo mesi di agonia e dipendenti sulle barricate, con la dichiarazione di fallimento del gruppo Villa Pini da parte del tribunale di Chieti.

Da questo quadro, è destinato a scomparire un solo nome, quello dell’economista Giuseppe Mauro, ordinario all’università Gabriele d’Annunzio, uno dei pochi indagati che, dopo la notifica dell’avviso, ha presentato una memoria difensiva: la sua posizione sarà con ogni probabilità stralciata per essere archiviata. Era stato accusato di favoreggiamento perché, dopo essere venuto a conoscenza dell’esistenza dell’indagine a carico di alcuni componenti della giunta regionale, secondo la ricostruzione della procura, il 9 aprile 2008 aveva organizzato nella sua casa di Pescara un incontro tra Ottaviano Del Turco e il procuratore generale Bruno Paolo Amicarelli (che in seguito avrebbe riferito della riunione ai magistrati), nel corso del quale l’ex governatore si sarebbe lamentato col magistrato di quanto stava accadendo. Una ipotesi accusatoria che, dopo i chiarimenti forniti da Mauro (assistito dall’avvocato Ludovico De Benedictis), sarebbe però venuta meno.

Ma l’impalcatura dell’inchiesta, che il 14 luglio di due anni fa esplose con l’arresto di Del Turco e di altre dieci persone, resta. E restano tutti gli indagati eccellenti, dall’ex presidente della giunta regionale Giovanni Pace (che pure aveva prima chiesto di essere ascoltato, quindi aveva consegnato alla procura una memoria difensiva) e l’ex coordinatore regionale di Forza Italia e parlamentare del Pdl Sabatino Aracu, gli ex assessori regionali Vito Domenici, Bernardo Mazzocca e Antonio Boschetti, così come Giancarlo Masciarelli, ex presidente della Fira (la finanziaria regionale), il deus ex machina delle due cartolarizzazioni da oltre 800 milioni di euro di debiti della sanità regionale, che secondo la procura sarebbe stato la figura di congiunzione tra il sistema creato negli anni del centrodestra ed ereditato, con il passaggio del testimone dopo le elezioni regionali dell’aprile 2005, dalla giunta di centrosinistra. Con loro, al centro delle accuse c’è Vincenzo Angelini, che con le sue sette confessioni fiume ha rivelato il presunto malaffare.

Associazione per delinquere, corruzione, concussione tentata e consumata, falso, truffa, abuso, riciclaggio di denaro: tutte le accuse rivolte agli indagati dopo le indagini degli investigatori della guardia di finanza, coordinati dal colonnello Maurizio Favia con il comandante del nucleo di polizia tributaria Mauro Odorisio, vengono confermate.

A Del Turco, al suo ex braccio destro Lamberto Quarta e all’ex capogruppo del Pd Camillo Cesarone, secondo i pm, Angelini avrebbe consegnato in più tranche 5,5 milioni di euro, ad Aracu nove tangenti per 980 mila euro, a Domenici 500 mila euro passati di mano al casello autostradale di Pratola Peligna, a Pace 100 mila euro, all’ex manager della Asl di Chieti, Luigi Conga il boccone più grosso, oltre 6 milioni di euro. Un fiume di denaro di cui l’imprenditore avrebbe documentato l’uscita conservando estratti conto e fotografie finito, secondo l’accusa della procura di Pescara, nelle tasche dei politici.

Denaro in cambio di denaro: con una mano Angelini dava, con l’altra riceveva. Soldi pubblici non dovuti: almeno 33 milioni di euro, il valore della presunta truffa consumata ai danni della Regione nell’ambito della prima cartolarizzazione da 419 milioni, pagati per prestazioni sanitarie sulla base di crediti inesistenti, che il patron delle cliniche avrebbe ottenuto nel 2004 attraverso il sistema dell’autocertificazione e delle fatture fantasma, grazie a esponenti del centrodestra prima, poi coi buoni uffici del centrosinistra.

Della gran parte delle presunte tangenti, però, si è persa traccia. Il grosso del tesoro non è stato ritrovato. Per la procura, tuttavia, le prove erano e restano solide: «Bisogna provare che ci sia stata la dazione o la promessa del denaro, dove poi quel denaro sia andato a finire non riguarda il processo penale» aveva detto nelle settimane scorse Trifuoggi. Il denaro potrebbe aver preso la strada dei paradisi fiscali: come i 21 milioni, una parte dei fondi delle cartolarizzazioni, che sarebbero stati occultati in paesi off shore gonfiando le sponsorizzazioni a due team motociclistici (Abruzzo racing e Team Italia) per la partecipazione al motomondiale nel 2005 e nel 2006.