Leali: progetti comuni per i tre atenei

Il rettore dell'università di Teramo: la federazione non è essenziale

PESCARA. «Io vedo come stretta una federazione regionale degli atenei abruzzesi. Voglio poter guardare anche al di là dei confini dell'Abruzzo e degli stessi confini nazionali». Per Rita Tranquilli-Leali l'orizzonte in cui le tre università abruzzesi (quelle di Teramo e dell'Aquila e la D'Annunzio di Chieti-Pescara) devono muoversi è quello dell'Europa. Da due anni rettore dell'università di Teramo e da due giorni presidente del Ccrua (Comitato di coordinamento regionale delle università abruzzesi), Leali Tranquilli, docente di diritto della navigazione, abruzzese di Paglieta, interviene nella discussione sul futuro degli atenei abruzzesi con questa intervista al Centro.

Il presidente della Regione, Chiodi, punta sulla federazione dei tre atenei: lei è d'accordo?
«Nel maggio scorso il Senato accademico dell'università di Teramo ha detto, in maniera chiara, che noi non abbiamo alcuna preclusione sulla federazione. Noi siamo aperti alle federazioni regionali ma anche a quelle interregionali. Una federazione regionale non potrebbe che essere unitaria, altrimenti perderebbe di significato».

Perché?
«Perché se ci sono doppioni sul territorio occorre porre in essere un'azione di coordinamento condivisa dai tre atenei. Personalmente mi sono sempre battuta affinché la nostra università non avesse un solo doppione, perché uno dei nostri scopi è quello di assicurare agli studenti un impatto il più possibile non doloroso con la ricerca del lavoro. Quindi, sono sempre stata a favore della diversificazione».

Quale tipo di federazione pensa sia possibile fra gli atenei abruzzesi?
«Io penso che la federazione, in realtà, potrebbe non essere così essenziale per un'attività di interesse comune».

Ci sono altri strumenti per perseguire questo interesse?
«Anni fa, la Corte costituzionale ha individuato un criterio che si può applicare bene al nostro campo, quello della "leale cooperazione" fra soggetti. C'è un'esigenza primaria che abbiamo di fronte».

Quale?
«Prima che altri Paesi entrino a far parte dell'Unione europea, dobbiamo imparare ad attingere ai fondi comunitari nella loro varietà. I nostri atenei devono fare passi in direzione di una vera cooperazione reciproca per vedere dove è possibile presentare progetti comuni per attingere a fondi europei che poi si tramutino in un vantaggio per l'intero Abruzzo. La Regione - io ritengo - non deve essere più un semplice intermediario in questo rapporto con la Ue, ma diventare essa stessa un partner per allargare ancora di più gli orizzonti economici e culturali della nostra comunità. Ancor prima che entrasse in vigore la legge di riforma Gelmini, ho proposto di percorrere insieme certe strade proprio perché insieme siamo più forti».

Quindi, in definitiva la federazione fra i tre atenei non è l'unica strada percorribile?
«E' così. Ci sono altri strumenti più immediati. Se devo perseguire un obiettivo preferisco non girarci intorno, ma chiedermi quali siano gli strumenti più adatti per raggiungerlo. La nostra stella polare deve essere il perseguimento degli interessi degli studenti e del territorio. In questa prospettiva siamo aperti a qualsiasi progetto di collaborazione. Lo stesso Ccrua è l'esempio di un'intesa e di una leale collaborazione fra atenei».

L'autonomia dell'università di Teramo dalla D'annunzio risale a 18 anni fa: se lei fosse stato rettore all'epoca avrebbe scelto la strada della separazione?
«La mia formazione didattica e il mio campo di ricerca scientifica sono quelli del diritto della navigazione, che è il primo diritto uniforme, per così dire. Quindi, sono portata naturalmente a pensare in un orizzonte caratterizzato dall'assenza di confini. Detto questo, aggiungo che avrei molto riflettuto su quella scelta. Ma oggi non tornerei indietro perché ne va della dignità del mio ateneo. E io voglio che tutti rispettino l'università di Teramo, in Italia e all'estero».

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