Marina Catena umanitaria in divisa da ufficiale

Tenente e direttore dei programmi alimentari Onu riceve oggi a Parigi l’onorificenza di Cavaliere

PESCARA. Questa sera a al palazzo del Quay d’Orsay di Parigi, sede del ministero degli Esteri, Marina Catena, abruzzese di Ortona, sarà la prima donna-soldato italiana a ricevere la decorazione di Cavaliere dell’ Ordine Nazionale al Merito su decreto del presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy. Sarà il Ministro degli esteri francese Bernard Kouchner a consegnarle la prestigiosa onoreficienza. Marina Catena è tenente dell’Esercito Italiano (Riserva selezionata), con all’attivo missioni in Kosovo, in Libano, in Iraq, ma è anche direttore del Programma mondiale alimentare delle Nazioni Unite a Parigi.

 Tenente Catena, la Francia che premia una personalità italiana non è cosa frequente.
 «Sì, ho un rapporto particolare con la Francia. Sono stata la prima hostess di Air France non francese, ho studiato Scienze Politiche a Strasburgo, è proprio in Francia che ho iniziato la mia carriera internazionale. La Francia di oggi è un paese che si rinnova, che guarda al di là delle frontiere, che cerca personaggi “portatori” di storie personali fatte di impegno e di innovazione».

 E lei ha sicuramente una storia da raccontare, anche perché è una figura unica nel panorama internazionale: è un’umanitaria ma è anche un militare che spesso indossa la divisa.
 
«È una unicità ma forse descrive bene i conflitti contemporanei nei quali bisogna essere dei bravi soldati per garantire la cornice di sicurezza ma anche sapere gestire la ricostruzione. Sono due pezzi che vanno di comune accordo. Io non ho fatto altro che metterli insieme».

 Come è stata accolta questa scelta nei due mondi che oggi lei rappresenta?
 
«Nell’ambiente umanitario inizialmente con un po’ di sospetto, ma poi sono riuscita a dimostrare come sia importante avere una conoscenza pratica dei due mondi. Nell’ambiente militare, beh, questo è un ambiente che si rinnova continuamente e dunque mi hanno accolta con grande apertura. Come diceva Saint Exupery, autore de Il Piccolo Principe, ogni caporale è una sentinella a salvaguardia dell’impero, dunque ogni nostro soldato in missione all’estero è un attore importantissimo per la sicurezza di quel paese nel quale siamo presenti».

 Lei ha scritto due libri molto apprezzati sulla sua esperienza: “Il treno di Kosovo Polje” e “Una donna per soldato”. Mi dice innanzitutto quando trova il tempo per scrivere?
 «Soprattutto di notte. Certo è un sacrificio, ma sa, queste sono le mie radici abruzzesi: se una persona ha talento e si impegna i sacrifici valgono sempre la pena. La cosa che mi dà più gioia è ricevere le mail da alcuni soldati che non conosco personalmente che mi dicono: finalmente qualcuno ha scritto la mia vita in missione per farla capire anche a mia nonna che sta a casa! Credo che chi è testimone di vicende straordinarie abbia il dovere di raccontarle».

 Lei è a Parigi quale direttore dell’Ufficio del PAM, la più grande agenzia umanitaria del mondo. Com’è oggi la situazione?
 
«Si sono fatti molti passi avanti nel modo in cui viene fatto l’aiuto umanitario. Abbiamo una macchina operativa che riesce a portare cibo nel più sperduto paesino. C’è più attenzione alle tradizioni locali nella scelta del cibo, al ruolo delle donne che oggi sono fondamentali nella distribuzione alimentare. Certo, c’è sempre la questione dei fondi che non bastano mai perché le esigenze crescono. Ma sono problemi che cerchiamo di superare anche in maniera innovativa. L’Italia in questo ha un ruolo centrale: non dimentichiamo che al G8 dell’Aquila il problema della sicurezza alimentare è stato uno dei temi centrali».

 Lei ha lavorato due mesi per il G8 all’Aquila. Qual è stata la sua impressione?
 
«Straordinaria. Mi ricordo che la mattina uscivo andavo in Caserma della Guardia di Finanza a Coppito e mi ritrovavo con le lacrime. Era commovente poter lavorare per la mia gente dopo aver girato così tanto il mondo».

 Come ce la siamo cavata?
 
«L’Italia ha fatto una figura straordinaria davanti al mondo: molti paesi non avrebbero mai creduto che in due mesi avremmo organizzato un G8 in una città colpita dal terremoto dentro una caserma e invece...»

 Quindi l’idea non è stata così folle.
 
«E’ stata un’idea geniale. Questo G8 sarà ricordato nella storia per aver portato un evento vip sul cratere di un terremoto. A me era stato affidato il programma per le first lady. Portare Michelle Obama o la signora Barroso a piazza duomo è stata un’emozione straordinaria. Erano tutte commosse ed hanno anche voluto provare il simulatore di terremoti che la Protezione Civile ha allestito nella Caserma di Coppito».

 Che giudizio dà dell’intervento post-terremoto?
 
«Ho visto situazioni ben peggiori di quella aquilana. Nonostante le difficoltà, nelle tendopoli sono nati dei paesini in miniatura. La Protezione Civile è riuscita a garantire la normalità della vita di tutti i giorni. Ho visto una signora che in tenda ha allestito un laboratorio del tombolo. È ovvio che l’obiettivo finale sono le nuove casette ma l’emergenza è stata gestita con grande professionalità. L’Italia ha fatto un grande sforzo. Non c’è nessun altro paese che ha saputo fare altrettanto. Da noi si critica molto, ma vi posso assicurare che vengono dall’estero per imparare da noi a gestire le emergenze, sarebbe bello che una volta tanto questo paese fosse orgoglioso di quello che sa fare».

 L’Abruzzo, L’Aquila, come ne usciranno?
 
«Il 6 aprile ero a Parigi e i commenti della gente di fronte a quelle immagini strazianti erano: guarda quanta dignità nel dolore. La nostra generazione ora ha un dovere verso il mondo che ci ha conosciuto meglio e che ci continuerà a guardare: dobbiamo prendere questo momento storico, l’attenzione internazionale che ci è stata dedicata e metterli a frutto. Lo so che non è facile, ma abbiamo una regione ricca di talenti».