Marramiero: l'Abruzzo bloccato dall'emergenza

Il presidente di Confindustria Pescara traccia le prospettive e le sfide del 2012: "Chiodi pensi alla crescita"

Presidente Marramiero, qual è la sfida più difficile che ha davanti l'Abruzzo nel 2012?
«La sifde sono diverse. In un momento di crisi, la sfida è quella di trovare gli strumenti per riprendere a crescere. Bisogna procedere verso forme di aggregazione capaci di superare i limiti che derivano dalle dimensioni piccole di molte nostre aziende per affrontare i mercati globali. Noi, come Confindustria Pescara, insistiamo da tempo su un fatto: per vincere questa sfida sono determinanti i poli d'innovazione e le reti di imprese, strumenti fantastici per affrontare i mercati globali. In particolare, con le reti di imprese, tramite l'unione delle piccole aziende con quelle medie e grandi, si può raggiungere la massa critica necessaria per consegui obiettivi importanti come ricerca e ottimizzazione, conservando le singole individualità».

I poli di innovazione perché sono importanti?
«Sono lo strumento più adeguato per far sì che il mondo dell'inpersa possa dialogare con quello dell'università e della ricerca allo scopo di conseguire l'altro obiettivo fondamentale per la ripresa: l'innovazione dei processi produttivi e dell'organizzazione delle aziende».

Il Patto per l'Abruzzo. Cna, Confesercenti e Confartigianato ne sono usciti e non hanno intenzione di rientrarvi. Giovedì scorso, l'ultima riunione del tavolo di consultazione si è risolta in una maniera che sia Confindustria che la Cgil hanno giudicato largamente insoddisfacente: che cosa va cambiato nel Patto?
«Semplice: si deve passare a una nuova fase. Noi l'abbiamo già detto a settembre. Il Patto è uno strumento fantastico perché in un momento di crisi come questo si deve cercare l'unità. Noi plaudiamo al governo regionale per il contenimento delle spese e dei costi che ha attuato finora, ma adesso deve pensare allo sviluppo. E' ciò che chiediamo al presidente Chiodi, che si concentri sul tema dello sviluppo. E' questa la sfida che ci sta di fronte, una sfida in cui la poltica deve fare la sua parte come anche le associazioni di categoria, superando interessi di parte».

Che cosa ha frenato la politica in questo compito finora?
«Ci sono stati eventi come il deficit della sanità e il terremoto che hanno portato la politica a concentrarsi sulle emergenze. Ma l'Abruzzo non può vivere di emergenze continue. Occorre passare a una fase nuova, costruttiva. Quando parlo di politica mi riferisco anche ai partiti di opposizione che devono mostrare una nuova maturità che, purtroppo, non abbiamo visto in campo nella recente legge finanziaria».

Quali riforme chiedete alla politica?
«Intanto, chiediamo riforme a costo zero, quelle che passano attraverso la sburocratizzazione di tutti i livelli della vita amministrativa. Riforme che avrebbero un impatto formidabile sulla vita delle imprese e dei cittadini».

Per esempio quali?
«Molte volte ci sono interpretazioni diverse della stessa legge, passando da un comune all'altro. Per fare una semplice pratica anti-incendio servono passaggi su passaggi. Si deve arrivare alla informatizzazione della burocrazia. Non è possibile che il cartaceo domini ancora su tutto e su tutti. Purtroppo questa volontà di semplificazione burocratica non la vedo in giro. Al contrario, abbiamo trovato nell'ultima legge finanziaria della Regione due articoli che vanno nella direzione opposta: quelli sulle procedure per ottenere la Via, la Valutazione di impatto ambientale, e quella che dispone il blocco delle attività estrattive fino all'entrata in vigore del piano regionale delle cave».

Cosa c'è che non va in queste norme?
«Gli operatori dell'edilizia vogliono il piano delle cave, che, anzi, andava fatto anni fa. Senza il piano, infatti, i tempi per ottenere un'autorizzazione sono in media di 22 mesi, una cosa indegna di un Paese civile. Ma per colmare i ritardi della politica non si può sospendere ogni attività estrattiva per un anno e mezzo. Un imprenditore deve avere regole certe e continuative nel tempo. Da luglio a oggi è cambiato il mondo; andiamo a una velocità pazzesca. I tempi della politica sono incompatibili con quelli dell'economia reale. Dobbiamo trovare il sistema per velocizzare tutto garantendo sempre democrazia e trasparenza».

Si ha l'impressione che nella Confindustria abruzzese vada crescendo il malessere e che ci sia un problema di rappresentatività. E' così?
«No. Anzi, in Confindustria stiamo trovando un'unità più forte. C'è convergenza su tutti i temi. Inoltre stiamo studiando forme di aggregazione a livello provinciale e regionale per garantire minori costi».

Trasporti. Il senatore del Pdl, Paolo Tancredi, in un'intervista al Centro ha proposto la privatizzazione delle tre aziende pubbliche regionali, in contrasto con la legge di riforma, appena approvata, che dispone la loro fusione in un'unica azienda pubblica. Lei come la pensa?
«Noi come Confindustria siamo favorevoli alle liberalizzazioni e, quindi, a processi di privatizzazione. Personalmente, come imprenditore, sono abituato a fare le scelte in base a un piano industriale. Quello che io non vedo nel caso dei trasporti regionali è proprio un piano industriale che dica a che cosa serve la fusione e cosa ci sarà in seguito alla fusione. E' questo che manca alla politica oggi: la capacità di guardare in avanti a medio e lungo termine. Questo dei trasporti è uno degli argomenti cruciali su cui Chiodi si dovrà concentrare prossimamente. I trasporti sono uno snodo fondamentale dello sviluppo dell'Abruzzo. L'Abruzzo ha un grossissimo vantaggio: la sua posizione geografica. Sta in mezzo all'Italia. Se avessimo il coraggio di investire tutto sul trasporto ferroviario per raggiungere in un'ora Roma e in due ore Bologna, con l'alta velocità, avremmo un bacino turistico formidabile, dal Lazio all'Emilia Romagna. E Pescara diventerebbe un punto d'incrocio fenomenale per il trasporto delle merci e delle persone; il suo aeroporto potrebbe diventare il terzo scalo di Roma. Oggi, invece, assistiamo al fenomeno opposto: la Puglia e le Marche scavalcano l'Abruzzo con il trasporto su gomma e con quello ferroviario».

Che cosa cambia per l'Abruzzo con l'avvento del governo Monti?
«Cambia che dobbiamo acquisire la mentalità non più dell'amico dell'amico ma quella di forte una progettualità che possa consentirci si presentarci davanti al governo Monti e all'Unione europea con la capacità di rappresentare efficacemente le esigenze del nostro territorio».

E questa progettualità la vede in giro nella politica abruzzese?
«Non sono pessimista. Prima di criticare gli altri, ciascuno di noi deve fare un'esame di coscienza come cittadino, come imprenditrore e come politico».

Questo flusso continuo di inchieste che, in Abruzzo, coinvolgono la politica e il suo "indotto" che effetto ha sul sistema economico della regione anche nei suoi rapporti con l'esterno?
«Un effetto negativo. Ma da un fenomeno negativo come questo dobbiamo prendere spunto per cercare, sempre di più, una maggiore trasparenza nei rapporti fra forze sociali e istituzioni. Detto questo, alla giustizia si deve chiedere una cosa importante: la velocità delle inchieste e dei processi. Si devono fare tutte le inchieste necessarie e possibili ma bisogna arrivare, in tempi brevi, a un risultato».

Qual è l'emergenza più forte che investe gli imprenditori abruzzesi oggi?
«Il credito. A pertire dal luglio scorso la situazione si è fatta drammatica. In Abruzzo anche aziende con fondamenta sane stanno per entrare in gravi difficoltà. Il problema dell'accesso al credito si accompagna al blocco dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione che, in tutta l'Italia, ammontano a circa 90 miliardi di euro. Perciò va incoraggiata l'iniziativa della Regione di usare i fondi per finanziare confidi efficienti e per costituiire fondi di rotazione a garanzia dei prestiti delle banche».

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