«No al petrolio con 40 mila firme»

Il Pd in mare aperto lancia la campagna per una nuova legge regionale

GIULIANOVA. Quarantamila firme da raccogliere entro l'estate per sostenere il progetto di legge presentato dal Partito democratico che mira a dare uno stop all'autorizzazione di future attività estrattive di petrolio e altri idrocarburi in Abruzzo.

Lo scopo è quello di arrivare a una normativa fondata sul principio, espresso dall'Unione europea, che conferisce alle Regioni la competenza sulla gestione integrata del territorio in materiale di tutela ed eventualmente sfruttamento delle risorse.

E' l'obiettivo ambizioso a cui mira il Pd abruzzese con una campagna lanciata, ieri mattina, all'ombra di una piattaforma del'Agip per l'estrazione del metano, in mare a dieci miglia dalla costa di Giulianova. La piattaforma ha un bel nome femminile, Eleonora, ma esibisce tutti i suoi 24 anni di vita nella sua affumicata struttura gotica che ricorda l'archeologia industriale dell'immaginaria Coketown dei «Tempi difficili» di Charles Dickens.

Il Pd regionale è sceso in campo, così, contro la «petrolizzazione dell'Abruzzo», con una conferenza stampa che si è tenuta al largo della costa teramana, su due imbarcazioni a motore, la Blackfin e la Drainusse 38, messe a disposizione e guidate da due imprenditori abruzzesi, Gabriele Bonaduce, di Cologna Spiaggia, e Angelo Ruffini, di Giulianova.

Partendo dal molo sud del porto di Giulianova, le due barche hanno portato al largo alcuni giornalisti e un gruppo di politici del Pd: l'ideatore dell'iniziativa, Robert, Verrocchio, di Pineto, segretario e consigliere provinciale del partito, Luciano Monticelli, sindaco di Pineto, Tommaso Ginoble, parlamentare rosetano, Claudio Ruffini, Peppino Di Luca e Camillo D'Alessandro, consiglieri regionali.

Il viaggio di andata e ritorno è durato in tutto un paio d'ore: tre quarti d'ora per solcare a 20 nodi di velocità la superficie del mare appena increspata da una leggera brezza di ponente. Giunte a destinazione in alto mare, le due imbarcazioni hanno fatto un veloce giro intorno ad Eleonora e poi si sono portate a distanza di rispetto, un mezzo miglio circa dalla piattaforma che appariva deserta. Quindi, si sono fermate appaiate, per una mezz'ora di interviste, prima di tornare a velocità più sostenuta nel porto di Giulianova.

Il messaggio che il Pd abruzzese ha lanciato, ieri mattina in mezzo al mare, vuole essere forte quanto il sole della bella mattinata di luglio che gli ha fatto da sfondo. In sostanza, è un no alla «deriva petrolifera» che, sostengono i democratici abruzzese, «distruggerebbe un'intera regione e la sua economia, basata sul turismo e sulle bellezze del proprio territorio, fatto di spiagge stupende, di colline verdi, di una montagna straordinaria, il Gran Sasso».

«La nostra proposta di legge», ha spiegato il capogruppo del Pd in consiglio regionale, Camillo D'Alessandro, «è stata elaborata grazie al contributo di due giuristi di spessore che si rifanno ad una normativa dell'Unione europea. La gestione integrata del territorio è di competenza delle Regioni e quindi dei loro governi. Impedisce in pratica al governo centrale di decidere arbitrariamente sulle sorti dell'Abruzzo. Il governatore, Gianni Chiodi, ha adottato scelte che non stabiliscono alcun divieto chiaro contro la petrolizzazione. Non siamo il partito del "no" ma di certo siamo il partito della ragione, che riflette sui rischi incalcolabili in caso di un disastro dalle proporzioni simili a quello avvenuto in Louisiana, considerando la conformazione del mare Adriatico».

Per D'Alessandro la proposta di legge del Pd, se passasse, consentirebbe una resistenza più forte davanti alla Corte costituzionale, a cui si è già rivolto il governo impugnando la legge regionale abruzzese, per avocare a sè la competenza in materia di autorizzazione delle ricerche petrolifere a terra e in mare.

La provincia di Teramo è interessata per il 67 per cento rispetto al territorio regionale. Il nostro obiettivo è quello di favorire un accordo tra l'Abruzzo e le altre Regioni verdi d'Europa per adottare una normativa continentale che "legittimi" il divieto di attività estrattive che intendiamo porre con la nostra proposta di legge e lo rafforzi in vista di possibili impugnative da parte del governo davanti alal Consulta».

Quanto alla nuova normativa annunciata, nei giorni scorsi, dal ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigaicomo, che stabilisce, per le future autorizzazioni, un divieto assoluto di piattaforme e trivelle entro le 5 miglia marine dalla costa (12 nel caso di aree protette e riserve), D'Alessandro ha detto: «Portare da 3 a 5 le miglia del divieto non risolve il problema».

«Bisogna creare un'alleanza con le altre Regioni verdi d'Europa», ha insistito Ginoble, «per tutelare il nostro territorio, risorsa importante per l'intera economia abruzzese. Le nostre battaglie riguarderanno anche il rischio inceneritori, la facilità di possibili condoni edilizi, la volontà di recintare le aree demaniali in concessione».

Di Luca ha accusato il governatore Gianni Chiodi e l'assessore regionale al turismo, Mauro Di Dalmazio, di aver «azzerato negli ultimi 14 mesi gli investimenti nel settore della valorizzazione dell'Abruzzo».

Per Claudio Ruffini, infine, «il governo regionale finora è stato alla finestra, lasciandosi trasportare dalle decisioni di Roma di trasformare l'Abruzzo in una groviera».

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