petrolio

No-trivelle, le regioni verso il referendum ma l’Emilia si sfila

Il governatore Bonaccini, renziano, rompe il fronte adriatico e non sarà venerdì al vertice dei governatori a Termoli

PESCARA. Venerdì 24 a Termoli si ritroveranno i presidenti delle regioni Abruzzo, Marche, Molise, Puglia, Calabria e Basilicata per discutere una strategia comune contro la petrolizzazione in Adriatico dopo aver GIà impugnato il decreto Sblocca Italia (e sblocca trivelle) davanti alla Corte costituzionale.

«Non escludiamo alcuna soluzione prevista dall’ordinamento», ha scritto ieri il governatore Luciano D’Alfonso sul nostro giornale, «compreso lo strumento implacabile del referendum, per il quale siamo già pronti». Al fianco dell'Abruzzo, c’è un convintissimo governatore della Puglia: «Noi pugliesi siamo al fianco dei nostri fratelli calabresi, della Basilicata, del Molise, dell'Abruzzo, delle Marche e soprattutto siamo determinati a fare il nostro dovere», ha dichiarato il presidente della Puglia Michele Emiliano.

Non sarà però della partita la regione Emilia Romagna che non condivide l’ipotesi di referendum perché «si verrebbero a perdere importanti livelli di tutela e al contempo non si raggiungerebbe l'obiettivo di fermare lo sfruttamento». L’Emilia però in questi giorni ha fatto di più. Il governatore Stefano Bonaccini, lunedì scorso ha revocato con una delibera di giunta la sospensione delle attività di ricerca e stoccaggio di idrocarburi sul territorio regionale decisa dal predecessore Vasco Errani dopo il terremoto che colpì la regione e in attesa dei risultati di un’indagine scientifica sulla correlazione tra attività di estrazione e attività sismica.

La delibera sblocca le procedure congelate dal 2014 a oggi e dà la possibilità a nuovi progetti di ricerca di essere presentati per la valutazione d'impatto ambientale. Allo stesso tempo il provvedimento ribadisce il no della Regione e del ministero al progetto di deposito gas di Rivara.

Ai critici (M5S in testa) la Regione ha risposto con la sottoscrizione di un accordo con il ministero dello Sviluppo economico che stabilisce linee guida più stringenti per le aziende concessionarie e controlli più severi.

La Regione Abruzzo intanto si è portata avanti sul terreno della consultazione popolare. Ha raccolto l'invito del coordinamento nazionale “No Triv” e dell'onlus “A Sud” e lanciato la proposta di un referendum abrogativo dell'articolo 35 del Decreto Sviluppo del Governo Monti, che «di fatto rischia di trasformare l'Abruzzo in un distretto minerario per gli idrocarburi». A farsi promotore dell'iniziativa, l'assessore regionale all'Ambiente, Mario Mazzocca, che scopre il fianco però alla critica dei 5 Stelle. «Peccato che, quella che il presidente D’Alfonso vende come idea dell’assessorato all’ambiente Mario Mazzocca è invece un’idea del M5S contenuta nella Risoluzione presentata il 30 settembre 2014 ed approvata dal consiglio regionale», spiega la consigliera regionale Sara Marcozzi firmataria della risoluzione. «Ma quello che diverte è la corsa sui social per la paternità della proposta che abbiamo visto tra Sel, Maurizio Acerbo (ex Rifondazione) e altri esponenti di associazioni ambientaliste. Ci fa piacere che le nostre idee siano così buone che addirittura si inneschi una “gara” a chi lo ha proposto prima» continuaMarcozzi , «la proposta del referendum era contenuta nella risoluzione, come dimostra il documento datato 30 settembre 2014, ci spiace smentire il Presidente D’Alfonso, L’Assessore Mazzocca e Maurizio Acerbo in un sol colpo. Le parole se non sono supportate da carte rimangono annunci». ©RIPRODUZIONE RISERVATA