Ogni famiglia spreca 450 euro di alimenti

Abruzzo, l'associazione consumatori: nel 35% dei casi è dovuto a eccesso di acquisti. L'analisi della sociologa Spedicato: "In genere si spreca quando si proviene da una situazione di forte penuria"

PESCARA. Ogni giorno gli abruzzesi buttano nella spazzatura chili e chili di cibo ancora commestibile. Nel 2010, infatti, sono stati spesi 450 euro a famiglia per lo spreco di prodotti alimentari, secondo dati elaborati dall'Associazione nazionale per la difesa e l'orientamento dei consumatori (Adoc). Se da un lato, complice anche la crisi economica, i numeri dello sperpero si riducono (nel 2009 si buttavano 529 euro), dall'altro aumentano le iniziative finalizzate a recuperare e ridistribuire i prodotti in eccesso.

Ovviamente non si spreca solo in Abruzzo. In Italia, per la Coldiretti, finisce nella spazzatura il 30% del cibo, mentre, più in generale, il mondo sviluppato butta un terzo degli alimenti prodotti.
Gli abruzzesi sprecano per lo più prodotti freschi, come latte e derivati, uova e carne, ma anche pane, frutta e verdura. Si spreca tutto l'anno e ancor di più per le festività: 39 euro a Natale e 34 a Pasqua. Nella maggior parte dei casi (35%) lo sperpero è dovuto ad un eccesso di acquisto, ma anche a prodotti scaduti o andati a male (22%).

Perché si butta tanto cibo? «In genere si spreca quando si proviene da una situazione di forte penuria», spiega Eide Spedicato, docente di sociologia all'università d'Annunzio di Chieti-Pescara. «Non va dimenticato che negli anni '50 e '60 in Abruzzo il paniere dei consumi era molto ridotto. Perciò, nel momento in cui si dispone di maggior denaro, si tende ad acquistare di più. E' da non sottovalutare il fatto che viviamo in una realtà molto seduttiva dal punto di vista delle proposte alimentari».

La colpa, spesso, è anche delle strategie di marketing, come ad esempio il packaging (l'insieme delle tecniche di confezionamento e di presentazione di un prodotto), che può spingere ad un acquisto non previsto. A sprecare non sono solo le famiglie, ma soprattutto supermercati, centri commerciali e aziende.

«In alcuni casi provvediamo al reso», spiega il direttore di un ipermercato pescarese, «ma, per regolamento, tutto ciò che non viene restituito lo buttiamo».
La situazione è diversa per i piccoli negozi: «Alcuni prodotti in via di scadenza», dice la proprietaria di un alimentari di Pescara, «li mettiamo a saldo, mentre una minima parte magari la portiamo noi a casa. Avendo soprattutto clienti fissi, comunque, sappiamo all'incirca quanto venderemo».

Sono diverse le iniziative che hanno come obiettivo la lotta agli sprechi. Una di queste è portata avanti dal Banco Alimentare, che raccoglie le eccedenze di imprese agricole, aziende e supermercati e le ridistribuisce ad enti che si occupano di assistenza.
«La nostra mission», spiega il direttore della sede regionale, Cosimo Trivisani, «è prima di tutto quella di combattere gli sprechi. Nel 2010 in Abruzzo sono state assistite circa 33mila persone con oltre un milione e 700mila chili di prodotti distribuiti».
Altra risposta agli sprechi è il progetto «Brutti ma buoni» di Coop Adriatica, a cui aderisce anche l'ipermercato di San Giovanni Teatino: ogni mattina i dipendenti raccolgono la merce invenduta e la consegnano a diverse onlus. Lo scorso anno sono state donate quasi 30 tonnellate di prodotti, per un totale di oltre 190mila euro.

Un'iniziativa analoga è «Last minute market», che mira a recuperare i prodotti alimentari invenduti della grande distribuzione. Nato a Bologna, «Last minute market» è presente in Abruzzo solo in un ipermercato di Colonnella: da quando il progetto è partito, nel 2008, sono stati recuperati oltre 57mila chili di prodotti, per un totale di circa 175mila euro. Per combattere gli sprechi ed aiutare gli indigenti scende in campo anche la Coldiretti Abruzzo che sta costituendo una vera e propria «task force della solidarietà», frutto di un accordo con la Caritas: grazie all'intesa gli agricoltori potranno cedere gratuitamente i prodotti in eccesso ai più bisognosi. Anche quando non vengono recuperati e non sono più commestibili gli alimenti possono comunque essere utilizzati. Un esempio è la tecnica del compostaggio domestico, grazie a cui i rifiuti organici, attraverso la decomposizione biochimica, diventano compost, ovvero un terriccio coltivabile, utilizzabile anche come fertilizzante.

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