Partiti: si apre la fase difficile di Chiodi

Opposizioni e imprese: con il governo Monti deve mutare la strategia

PESCARA. «Io non so se la presidenza Chiodi sia in declino o meno. Ma oggettivamente a essere in declino è la Regione Abruzzo che ha mancato tutti gli appuntamenti importanti, negli ultimi due anni: infrastrutture, riduzione della mobilità passiva nella sanità e ricostruzione. E, siccome tutti gli uomini politici hanno responsabilità di ciò che accade dove governano, a maggiore ragione ce l'ha chi è presidente della Regione».

Daniele Toto affida a un sillogismo classico il suo giudicare negativo dei tre anni di governo del presidente della Regione, Gianni Chiodi. Il deputato e coordinatore regionale di Fli, non è il solo a vedere in declino la parabola del suo ex alleato. L'annuncio fatto da Chiodi - lunedì scorso in occasione della vista all'Aquila del ministro Fabrizio Barca - delle sue dimissioni da commissario per la Ricostrizione è una sorta di spartiacque simbolico della sua presidenza. L'impressione è quella di una sua incapacità di sintonizzarsi con la nuova fase politica che si è aperta nel Paese con l'avvento del governo Monti e della larga maggioranza parlamentare che lo sostiene, in cui il suo partito, il Pdl, è alleato del Pd e del Terzo Polo. Chiodi sembra, insomma, fermo alla politica pre-Monti caratterizzata da quel bipolarismo muscolare e quelle contrapposizioni ideologioche che appaiono oggi, sempre di più, obsoleti e non in sintonia con la comunità italiana e abruzzese. Con una maggioranza che va per conto suo e che - come è accaduto ieri in consiglio regionale - riesce a presentare più di 100 emendamenti a un progetto di legge, come quello del riordino dell'Istituto zooprofilattico.

«Il declino c'è», dice Enzo Giammarino, direttore regionale di Confesercenti. «Noi siamo stati fra i primi a consigliargli di fare il presidente della Regione, quello per cui aveva votato la maggioranza degli abruzzesi. E fra i primi a dire che adottare la gestione commissariale come metodo di governo di tutto l'Abruzzo non gli avrebbe consentito di far partire quella fase innovatrice che lui diceva di volere. Parliamoci chiaro: la ricostruzione andava affidata ai sindaci. E anche sul Patto per l'Abruzzo, Chiodi conntinua a commettere errori».

«Chiodi», aggiunge Giammarino, «forse fa ancora in tempo a ripredere il dialogo con la società e la realtà economica abruzzesi. Deve capire, però, che il risanamento non si fa senza coinvolgere il consiglio regionale e gli attori locali. Il risanamento non è solo un fatto di tecnica ma anche di emozioni da suscitare nella comunità. Lui queste emozioni non è riuscito a scatenarle».

Chi non ha dubbi di sorta sul fatto che la presidenza Chiodi stia vivendo un lungo inverno di scontento è Carlo Costantini che, nelle elezioni di tre anni fa, gli contese la presidenza della Regione come candidato del centrosinistra.

«Il suo più grande difetto», dice il capogruppo del'Italia dei valori in consiglio regionale, «è quello di non mettere le parole in relazione con i fatti. Chi fa programmazione deve dire che cosa vuole fare, con queli tempi e con quali risorse. Lui invece che fa normalmente? Interviene a consuntivo, si guarda intorno e dice: oggi, dunque, è accaduto questo. E poi ci fa sopra una conferenza stampa. Per esempio, sull'aumento dell'export: se non spieghi con i fatti qual è stato il tuo contributo all'incremento dici semplicemente che è avvenuto mentre tu eri presidente, rischi il ridicolo».

«Prendiamo, ancora, la riduzione del debito», prosegue Costantini. «Quando dice che è sceso, bisogna che si sappia che ciò è accaduto perché i cittadini abruzzesi pagano le tasse. Il suo intervento sulla spesa, invece, è pari a zero perché la spesa corrente continua a crescere. Insomma, il presidente di una Regione, oggi, deve essere il manager di una comunità, cioè una persona capace di prendere per mano la comunità stessa e indicarle una prospettiva, assumendosi la responsabilità che questo comporta. L'Abruzzo, invece, in questi tre anni, non ha avuto un leader di questo tipo. Lui non è stato in grado nemmeno di essere un leader della sua maggioranza. Se lui non è un punto di riferimento affidabie per i suoi, quelli cominciano a giocare una loro personale partita. Ed è quello che sta accadendo nel Pdl».

Riccardo Chiavaroli non vede declino all'orizzonte per Chiodi, ma ammette che l'aria, nell'opinione pubblica, che tira non è quella dei primi mesi e anni della sua presidenza.
«Secondo me non c'è un declino», dice il consigliere regionale e portavoce del gruppo del Pdl, «Probabilmente sarà deluso chi pensava che Chiodi potesse avere capacità salvifiche che nessuno poteva possedere. Nonostante la crisi italiana e intrernazionale, ha portato a casa alcuni risultati importanti, non ultimo il risanamento dei conti della sanità facendo anche scelte impopolari. Credo che lui, oggi, paghi la perdita di credibilità della classe politica italiana in generale. Il rammarico è che i risultati che ha ottenuto e che continuerà a ottenere si scontrano con un clima di ribellione contro la politica».

Secondo Giovanni D'Amico, Chiodi ha avuto un «limite sostanziale» nella sua azione. E' un limite che nasce con il suo stesso governo.

«Ha cominciato a gestire la Regione sotto l'ala protettiva del governo Berlusconi», spiega il consigliere regionale del Pd. «Poi, tra risanamento della sanità, post-terremoto e la grande crisi, si è trovato a gestire una struttura che aveva bisogno di un governo forte e culturalmente aperto. Lui invece l'ha sempre gestita come un ente chiuso in se stesso e protetto all'esterno dal governo Berlusconi. Oggi, invece, bisogna misurare un'azione di governo con i risultati conseguiti. Il pareggio del sistema sanitario è ben poca cosa rispetto all'esigenza di politiche capaci di produrre crescita. Oggi bisogna avere una strategia e un progetto per la crescita di medio e lungo termine che lui non ha».

Ma secondo D'Amico, il rischio che attende l'Abruzzo è più preoccupante del bilancio - per lui negativo - dei primi tre anni di giunta Chiodi.

«Il rischio», dice il consigliere di opposizione, «è che quelli che ci attendano siano due anni di ulteriore consunzione del sistema regionale abruzzese. Chiodi, purtroppo, non ha l'umiltà di chiedere aiuto per fare vera coesione. Basta vedere come viene gestito il Patto per l'Abruzzo, con un tran-tran senza capacità progettuali. A chi dovrebbe chiedere aiuto? Alle forze sociali ed economiche della regione, innanzitutto. E poi anche alle opposizioni politiche. Dovrebbe farlo nell'interesse proprio e del governo della regione».

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