PESCARAGiovane in coma dopo due pugniLa movida nel mirino della procura

Tra i reati l'omissione di soccorso per i presenti e il favoreggiamento per gli amici del rom che se lo sono portato via subito dopo l'aggressione

PESCARA. Due inchieste e una prova inconfutabile per scardinare il silenzio di chi c’era e vuole tenersi fuori. Due fascicoli per altrettanti reati, destinati a restare impuniti se una telecamera non li avesse catturati nei lunghi minuti in cui Luciano Zerrilli, il 22enne idraulico del Foggiano ricoverato in coma farmacologico all’ospedale civile di Pescara, è rimasto a terra svenuto durante la movida di domenica notte, con il sangue che gli usciva dalla testa e i giovani intorno che chiacchieravano, ridevano e si baciavano come se nulla fosse.

Non ci sono solo i pugni quasi fatali che hanno steso il ragazzo e costati il carcere al rom pescarese Claudio Spinelli, 23 anni il prossimo 16 novembre. Adesso, spuntano fuori accuse già formalizzate: c’è il favoreggiamento personale, del quale avrebbe goduto il nomade, quando gli amici se lo sono portato via subito dopo l’uno-due sferrato in pieno viso a Zerrilli. La squadra mobile diretta da Nicola Zupo ha già identificato il gruppo che accompagnava il rom, ora toccherà al magistrato decidere se e come procedere.

Ma c’è anche l’omissione di soccorso della quale si sarebbero resi responsabili tutti i ragazzi che hanno visto il corpo esanime di Luciano e si sono guardati bene dall’intervenire, dal chiamare i soccorsi o la polizia. E ora anche dal testimoniare, sebbene in parecchi abbiano assistito all’aggressione.

Il pm Giampiero Di Florio coordina le due inchieste, dove il reato principale resta il tentato omicidio, a carico del rom. Il quale dal carcere chiede perdono e l’autorizzazione ad andare a trovare in ospedale il ragazzo, che non ha mai ripreso conoscenza e ha una frattura alla testa, conseguenza della caduta sul marciapiede, oltre alle ecchimosi sul volto.

Il legale di Spinelli, Luca Pellegrini, ha precisato che l’arrestato - alle spalle vari reati e brevi periodi tra riformatorio e carcere - non ha alcun interesse per la boxe, avendo solo frequentato una palestra di Montesilvano per due mesi. «Ora ha un profondo sconvolgimento psicofisico. Si è chiuso in sè e rifiuta ogni forma di contatto con gli altri detenuti». Ma la posizione di Spinelli è molto pesante. Per la magistratura, quei colpi potevano uccidere e l’aggressore non poteva non rendersene conto.

Stamane, nel corso dell’udienza di convalida fissata alle 10 al San Donato, Spinelli proverà a difendersi di fronte allo stesso pm Di Florio e al gip Carla De Matteis. Ricostruirà la lite, racconterà che effettivamente erano in cinque domenica notte alle 3,52 davanti al Long Island di piazza Unione; che in due erano andati a prendere l’auto e che lui era rimasto lì, con un cugino e un amico. C’è stato un battibecco tra il cugino e Luciano, che secondo Spinelli andava avanti già da un po’.

Il rom avrebbe provato a mettere d’accordo i due fino a quando, dopo uno scambio di battute, ha colpito con il destro al volto il ragazzo con una violenza inaudita. Zerrilli è stramazzato a terra, ha battuto la testa sul selciato ed è rimasto esanime nell’indifferenza generale. E’ una ricostruzione che non si discosta da quella della squadra mobile, che ha rintracciato Spinelli poche ore dopo l’accaduto grazie alla telecamera esterna del locale. Dove si nota il rom scatenare la sua furia dopo essere stato toccato inavvertitamente da quell’uomo che, all’uscita dal locale, porta via un ragazzo, forse il figlio, prendendolo per il colletto della giacca.

«Gli amici di Luciano erano a pochi passi da lui», racconta un cugino, «hanno visto tutto e che le cose si mettevano male. Quando hanno visto che aveva perso conoscenza, hanno chiamato il 118. Forse un po’ tardi? Non sta a me dirlo. So che sono amici fidati di Luciano, che per il suo bene farebbero di tutto. Ragazzi tranquilli, che fanno una vita normale».

Ora, dopo le dure accuse lanciate alla città dal procuratore Nicola Trifuoggi («Qui è peggio di Napoli, da ora in poi sarà tolleranza zero»), gli operatori del centro storico annunciano la volontà di potenziare gli impianti di videosorveglianza, di istituire un servizio di vigilanza privata con il ricorso a guardie giurate, e di costituirsi al processo parte civile per danno d’immagine.

La risposta della procura è nelle inchieste che di fatto tirano in mezzo tutti i protagonisti del video. Fascicoli ancora senza nome e dunque - per il momento - a carico di ignoti, ma si riparte comunque da quella videocamera senza la quale, ha ammesso ieri un inquirente, «non avremmo avuto nulla in mano».

Ma finora sono state raccolte solo le dichiarazioni di chi era in compagnia della vittima. «Nessuno si è presentato in questura per testimoniare sull’accaduto. Nessuno», dice Zupo. Silenzio totale, dunque. Che la polizia, però, non intende lasciare affogare nell’indifferenza.

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