Pop art, Rotella e gli altri a Chieti

Una mostra da venerdì al Museo archeologico nazionale

Nei primissimi anni Sessanta, con un ponte creativo tra Stati Uniti d’America e Gran Bretagna, nasce un’arte popolare, al passo coi tempi e non a caso chiamata «pop art». Una giovane generazione di artisti italiani nello stesso momento dà vita a un’originale alternativa al modello americano della pop art e lo trasforma adattandolo all’ambiente urbano italiano e alle radici storiche del nostro Paese. Chieti celebra uno di questi esponenti «sovversivi» con la mostra «Pop Art: la via italiana. Omaggio a Mimmo Rotella», curata da Gabriele Simongini, dal venerdì fino al 15 ottobre 2007, nella sede del Museo archeologico nazionale.

Complessivamente saranno esposte 57 opere (provenienti da importanti collezioni private, gallerie o dagli stessi artisti) riprodotte a colori nel catalogo che conterrà i testi del curatore e le testimonianze inedite di alcuni protagonisti del periodo. Gli artisti in mostra saranno: Franco Angeli, Roberto Barni, Gianni Bertini, Umberto Bignardi, Umberto Buscioni, Mario Ceroli, Claudio Cintoli, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Piero Gilardi, Domenico Gnoli, Jannis Kounellis, Sergio Lombardo, Roberto Malquori, Renato Mambor, Gino Marotta, Titina Maselli, Fabio Mauri, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto, Mimmo Rotella, Gianni Ruffi, Mario Schifano e Cesare Tacchi.

Ma il perno della mostra è senza dubbio Mimmo Rotella, l’artista calabrese scomparso nel 2006 all’età di 88 anni, al quale, in questa occasione, si intende rendere omaggio esponendo dieci suoi lavori compresi fra il 1955 e il 1973 (oltre ai décollage anche un art-typo, un esempio di mec-art e una tela emulsionata). Lo stesso Rotella ha spiegato bene l’idea di nuovo realismo urbano nel contesto del proprio lavoro: «Il mondo di immagini violentissime che ci circonda (segnaletica stradale, cartelloni, manifesti, semafori, automobili coloratissime, pubblicità) non può non colpire la retina e la fantasia di un pittore, al di fuori di ogni pretesto figurativo in senso tradizionale. Nel mio lavoro io cerco di tener conto delle impressioni e degli choc che ricevo continuamente».

Da Impatto, 1955, décollage su cartoncino, a «La Chanteuse», 1973, tela emulsionata, le sue dieci opere affiancheranno quelle di altri 24 artisti. In questi lavori si riesce a cogliere la profonda trasformazione sociale e psicologica di un’Italia in rapido mutamento: il boom economico cambia radicalmente abitudini e gusti, il paesaggio urbano si trasforma e diventa in gran parte artificiale. Ne nasce una nuova iconografia: dura, raffinata e perentoria, filtrata attraverso i mass media, non priva di molte inquietudini e capace spesso di collegare l’astrazione del precedente decennio e la nuova pittura oggettuale alla fenomenologia del quotidiano. La mostra è organizzata dall’associazione culturale Trifoglio in collaborazione con la Regione Abruzzo, la Provincia ed il Comune di Chieti, la Soprintendenza per i beni archeologici d’Abruzzo di Chieti, la Fondazione Carichieti, l’università D’Annunzio di Chieti-Pescara.