Potenti intoccabili

Una scusa. Dicono privacy. Pensano ai fatti loro. Sostengono di voler tutelare la riservatezza di ogni cittadino, in particolare di chi è più debole e non ha mezzi per difendersi. Fanno quadrato invece intorno ai soliti noti. Non c’è verso. Più proclamano di voler difendere la libertà, più aumenta l’inquietudine di assistere alla nascita di qualcosa di profondamente illiberale. Comunque lo si giustifichi, il provvedimento sulle intercettazioni - «legge bavaglio », secondo le opposizioni e non solo - appare come qualcosa di profondamente diverso (e pericoloso) da quel che il governo vuol fare apparire. Una scusa, appunto.

Venerdì, giorno del voto del Senato, questo giornale si è presentato ai lettori listato a lutto. Da ieri pubblichiamo in prima pagina il logo della Federazione della stampa italiana: una coccarda nera sostituisce la «i» della parola informazione. Anche le vignette satiriche nella pagina dei commenti sono bordate di nero. Scelte forti rispetto al nostro tradizionale modo di fare giornalismo: non ci piace lo scontro, la contrapposizione preconcetta, la visione della politica ridotta allo schema tribale amico-nemico. Preferiamo il ragionamento, l’analisi, la condivisione - quando è possibile - delle responsabilità. A partire proprio dall’Abruzzo schiacciato dalle sue macerie morali e materiali.

Tuttavia, di fronte ad un provvedimento ingiusto, i giornalisti del Centro hanno deciso di aderire insieme ad altri media italiani a questa protesta civile che culminerà il 9 luglio in una giornata del silenzio.

Tra il diritto all’informazione e quello alla privacy va trovato un equilibrio che la nuova legge non garantisce affatto. Questa frase, attribuita al corrispondente in Italia di un giornale spagnolo, la leggo sul Foglio, quotidiano caro all’intellighenzia di destra, diretto da Giuliano Ferrara. So bene che notizie pubblicate da giornali e tv possono ferire persone, turbare famiglie, incrinare rapporti sociali. Le parole sono pietre. Eccessi ci sono stati e ancora continuano. Come non sono mancati gli errori delle procure. Ma va chiarito che nella maggior parte dei casi i documenti pubblicati dai giornali - almeno così ci regoliamo noi del Centro - sono atti processuali pubblici, non coperti da segreto.

E’ materiale in possesso delle parti in causa, dunque in circolazione. Proibendone la pubblicazione, si vuole forse alimentare un mercato nero delle informazioni legate ai Potenti? Dossier riservati o quant’altro?

Ripeto un esempio giù utilizzato nelle settimane scorse: con questa legge illiberale già in vigore non avremmo potuto sapere pressoché nulla dell’arresto di Ottaviano Del Turco. Un’inchiesta, si badi bene, dove le intercettazioni non hanno alcuna rilevanza, ma ugualmente sarebbero scattati i divieti. Così una brutta mattina di luglio di due anni fa il governatore dell’Abruzzo sarebbe desaparecido e gli abruzzesi si sarebbero risvegliati in un cupo clima da regime. Buio sui capi d’accusa, ma buio totale anche sui punti deboli dell’indagine. Altro che privacy, è questo che si vuole? Spero proprio di no.

Pertanto se correttivi alle norme attuali vanno introdotti, devono essere capaci davvero di conciliare l’esigenza di tutela della sfera privata di chi è estraneo ai fatti e la necessità di far marciare spedita la giustizia. Se si vuole, il testo licenziato dal Senato potrebbe essere emendato e corretto alla Camera. Trovando soluzioni condivise. Ma la maggioranza ancora una volta procede a carrarmato. Non c’è ricerca del dialogo; così è deciso, così si fa. Il governo Berlusconi non sta difendendo un principio generale ma intende coprire interessi molto molto particolari. E’ un modo di agire che non lascia presagire nullo di buono.

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