"Quelle menzogne dei poteri forti"

Lo sfogo dell’ex presidente della Regione, Ottaviano Del Turco: torno a fare politica, ma con questa regione ho chiuso

COLLELONGO. Il telefono in casa del Turco squilla alle 10,47. Arriva la notizia. Ottaviano Del Turco canta - «Ti bacerei sulla bocca...» - e abbraccia la compagna Cristina. Si spalanca la porta dell’abitazione che si affaccia in piazza Della Libertà e l’ex presidente della Regione esce per una passeggiata. Un rito atteso da 90 giorni. «Bentornato», urlano da un balcone.

La prima tappa nella casa del fratello Fausto, poi nel bar Paglietta a offrire aperitivi.
Ottaviano Del Turco riceve il Centro al suo rientro dal cimitero (è andato a pregare sulla tomba dei genitori). «Vi mostro l’ultimo quadro», esordisce e si avvicina al camino. «Rappresenta un geco, un portafortuna, e credo di averne un gran bisogno».

Del Turco, qual è la sua idea su questa vicenda?
«Mi sono scontrato con i poteri forti di Pescara. Perché era inaccettabile un presidente che voleva cambiare le regole, che ha avuto l’ambizione e il coraggio di toccare settori importanti. I caimani si sono ribellati».

A che cosa si riferisce?
«Alle tante vergogne di questa regione. Alla vergogna di un’autostrada presa a prezzi di grande favore per poi applicare tariffe tra le più elevate d’Italia. Alla vergogna dell’acqua, con la gestione Aca che diceva che l’acqua era quasi buona. Alla vergogna che per 18 mesi sono stato assente dalla più importante televisione locale. Una vergogna pensare che c’erano costruttori intenzionati a realizzare la sede regionale senza ricorrere a bandi e gare d’appalto. Fino alla vergognosa gestione della sanità privata. Quando posti letto e tariffe aumentavano senza regole. Quando si è scoperto che il 6% degli abruzzesi soffriva di malattie mentali. E la Regione pagava. In tre anni abbiamo ridotto posti letto e rimborsi e abbiamo provveduto a una cartolarizzazione dei debiti, ben diversa dalla precedente. Ma tutto ciò ha dato fastidio».

Si è parlato anche di massoneria. Che ne pensa?
Del Turco sorride. «I poteri forti sono una cosa ben diversa da ciò che immaginiamo. Quelli di cui parlo non hanno poteri istituzionali. Lo stesso Angelini non ha interessi politici, ma deve difendere interessi ben più corposi».

Ecco, chiama in causa il suo accusatore.
«Quest’uomo ha una fantasia straordinaria, potrebbe metterla in vendita. E’ straordinario questo suo vagabondare per l’Abruzzo con un’auto carica di soldi. Nel corso dell’incidente probatorio, dopo 8 ore di fantasie del mio accusatore, pensavo che il processo fosse finito lì».

La storia delle mele nel sacchetto dove prima c’erano i soldi?
«In casa non ho alberi di mele. Le uniche sono dipinte». E sorride ancora.

E la foto scattata davanti a casa sua? Con l’autista di Angelini che porta una valigetta?

«Grottesca».

Ma Angelini è mai stato qui a Collelongo?
«Certo. Come ho ricevuto imprenditori, politici di vari schieramenti, giornalisti».

E il tesoro?
«Esisterà in qualche parte del mondo. Ci saranno i sei milioni, i 21 dati per la sponsorizzazione di un motociclista di quarta serie, più altri ancora. Se Procura e Finanza trovano questi soldi hanno la chiave per capire questa vicenda e il ruolo di Angelini. Per quanto mi riguarda, sul mio conto è stato costruito un castello di menzogne. Quando si svolgerà il processo le cose saranno chiarissime a tutti».

Prima però ci sono le elezioni anticipate.
«Non mi interessano. In questa terra ci sono persone che avevano e che hanno troppi interessi personali. La politica è un’altra cosa. Temo che questi personaggi ce li ritroveremo ancora qui. Penso all’opposizione irriducibile nel difendere le scelte passate o alla mia stessa maggioranza. Alcuni si sono persino coalizzati col centrodestra per difendere i poteri forti».

Il suo posto è stato “ereditato” da Enrico Paolini.
«Non intendo parlarne. Fu eletto vicepresidente della Regione con un solo voto. Ora spero che si metta in una lista e si faccia votare».

E lei da che parte starà?
«Nessuna».

Intende dire che ha chiuso con la politica?
«E’ stata il mio orgoglio per 45 anni. La mia vita politica non si concluderà nemmeno dopo l’assoluzione al processo, che do per scontata. Ma farò politica lontano dall’Abruzzo. Qui la mia esperienza è definitivamente tramontata».

Prima il carcere, poi i domiciliari, ora l’esilio a Collelongo.
«Ma quale esilio. Sono contento di poter tornare libero nella mia Collelongo. Essere condannati a stare qui mi pare una bella condanna. Anche se il termine è improprio perché le condanne si comminano in nome del popolo italiano. Vorrei che lo ricordaste ai vostri lettori».

Ci sono stati momenti difficili in questi 90 giorni.
«Il 14 luglio è stato il più difficile. Quello più drammatico della mia vita l’incontro in carcere con i miei nipoti. Ma mi hanno offerto una prova d’amore meravigliosa».

Il carcere: le 14 visite di senatori e parlamentari hanno scatenato polemiche. Tanto che Antonio Di Pietro ha parlato di messaggi e “pizzini”.
«Solo una mente non sana può definirli così. I colloqui in carcere sono avvenuti sempre di fronte a direttore e agenti. Altro che pizzini, ho ricevuto solidarietà e una montagna di lettere».

La più curiosa?
«Non mi è arrivata in carcere. Era anonima e l’ho ricevuta in casa, dopo avere subìto il furto. Diceva: attento, i ladri sono venuti a metterti sei milioni di euro in casa, così ci saranno le prove».

Qualcuno l’ha paragonata a Enzo Tortora.
«Ho solo una preoccupazione che fatico a esternare».
Del Turco si commuove per la prima volta.
«Ho paura di ammalarmi, come è successo a lui, ed è una preoccupazione forte. Perché io mi sto ammalando dietro a questa storia».

Qual è il suo desiderio?
«Scrivere un libro su di me: sull’avventura o la disavventura di un riformista».