Quelle notizie vietate che non piacciono al Cavaliere

C'è un momento preciso, tutti i giorni, in cui la libertà di stampa si forma, si manifesta, si realizza. Ed è quando, nella riunione di redazione, direttore e giornalisti si confrontano sulle notizie più importanti da dare, selezionano titoli e commenti, studiano l'architettura della prima pagina e delle singole sezioni. Scelgono. È in quel momento che si concretizza il nobile motto che campeggia sotto la testata del «New York Times»: «All the news that's fit to print», tutte le notizie che meritano di essere pubblicate.

Con la legge approvata ieri al Senato blindata dal voto di fiducia, e che tornerà alla Camera per il sì definitivo ai primi di luglio, quel principio sacrosanto viene cancellato, soppresso, capovolto: presto il governo avrà messo il bavaglio alla stampa libera, anzi con un provvedimento ad hoc avrà indicato addirittura che cosa sarà permesso pubblicare e che cosa no. Per chi mette al primo posto i diritti dell'uomo, questo è un giorno triste: e questo spiega la scelta forte che abbiamo voluto in prima pagina.

Per la prima volta nella storia delle democrazie moderne, infatti, una libertà fondamentale come quella all'informazione non si fonda sul rispetto di limiti reciproci e condivisi, ma viene umiliata da divieti unilaterali. Diventa realtà, e nel peggiore dei modi, il principio da sempre caro a Berlusconi secondo il quale è permesso tutto ciò che non è vietato. E infatti vieta ciò che non gli piace.

La fretta, l'ossessione di chiudere presto la partita senza minimamente curarsi delle proteste dell'opinione pubblica e ignorando i rischi di incostituzionalità, ha concorso poi all'approvazione di un testo illiberale e punitivo: si era partiti infatti giustificando la limitazione delle intercettazioni e della loro pubblicazione con il sacrosanto rispetto della privacy; si è finito mettendo con le spalle al muro magistrati, cittadini, giornalisti ed editori.

Per i primi, il ricorso alle intercettazioni, decisive in molte inchieste, sarà sottoposto a talmente tanti vincoli di accesso e di durata da renderle pressoché impossibili, facilmente vanificabili o inutili: con conseguenze immaginabili sul funzionamento della macchina della giustizia; agli altri viene negata da una parte la possibilità di dare notizie, dall'altra di tenersi informati. Alla faccia della Costituzione. Vietare la pubblicazione, anche per riassunto, del contenuto delle intercettazioni fino alla conclusione delle indagini o al termine dell'udienza preliminare significa cancellare di fatto la cronaca. Carcere e multe salate per i giornalisti e per gli editori che violino i divieti completano il quadro. Nella corsa alla legge bavaglio, molto ha pesato l'ultima delle inchieste giudiziarie di cui avete finora saputo tutto ma di cui domani non saprete più nulla: quella che lega gli Anemone e i Verdini, gli Scajola e i Balducci, i Bertolaso e i De Sanctis in un unico sistema di appalti, favori e regalìe. Politica e affari, un connubio sul quale il governo intende far calare un nero sipario di silenzio.

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