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Referendum anti-trivelle l’Abruzzo decide giovedì

In aula all’Emiciclo le delibere sull’indizione della consultazione nel 2016 La Basilicata ha già votato, oggi tocca a Molise, Marche, Sardegna e Umbria

PESCARA. Sabato si è pronunciato il Consiglio regionale della Basilicata, oggi tocca a Molise, Marche, Puglia, Sardegna e Umbria; domani alla Sicilia, giovedì si esprimeranno i Consigli regionali dell’Abruzzo e della Campania; venerdì Veneto e Calabria. La Liguria voterà il 29. E’ ormai operativa la decisione della Conferenza dei presidenti dei consigli regionali di rispondere all’appello anti-trivelle firmato da oltre 180 comitati e da molte personalità della cultura e della politica perché approvino entro il 30 settembre le delibere per l’indizione di due referendum contro alcune parti dello Sblocca Italia e del decreto Sviluppo che semplificano le procedure per la ricerca, l’estrazione e il trasporto degli idrocarburi, riducendo di fatto il potere contrattuale delle Regioni. I sei quesiti, proposti dal comitato promotore e scritti dal costituzionalista abruzzese Enzo Di Salvatore, hanno lo scopo in sintesi di bloccare il rilascio di nuovi permessi per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia marine.

«La Conferenza» ha spiegato il coordinatore della conferenza dei presidenti dei Consigli regionali Franco Iacop, Presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia «ha esercitato un ruolo importante e positivo che ha portato tutte le Regioni su un terreno di confronto nel merito, anche se è chiaro che in alcuni casi ci siano attenzione e spinte maggiori da parte di alcuni territori. Si tratta di continuare ad esercitare questo ruolo e stare nel merito delle questioni, e come si vede non esistono divisioni politiche ma esercizio del proprio ruolo istituzionale».

«Il referendum», ha spiegato il professor Di Salvatore, «incide solo sui procedimenti in corso finalizzati al rilascio di titoli minerari. Non incide invece sui titoli già rilasciati. Non si blocca dunque l’attività petrolifera off shore, ma il referendum dovrebbe andare a incidere sul futuro dei nostri mari». Il blocco è proposto solo entro le 12 miglia perché è il limite delle acque territoriali. «Oltre le 13 miglia», ha precisato Di Salvatore, «la questione va affrontata in altra sede non nazionale».

La strada della deliberazione di almeno cinque consigli regionali è stata scelta dal comitato perché, ha spiegato Di Salvatore, «sarebbe stato rischioso avviare una campagna referendaria visti i tempi stretti perché molti procedimenti sono in corso e si stanno chiudendo, altri stanno arrivando, alcuni con possibilità di ricerca entro le 5 miglia marine». Altra strada sarebbe stata quella del decreto legge (auspicato dai presidenti delle Regioni che si muovono per un accordo tra Regioni e governo), ma secondo il comitato promotore non ci sono le condizioni politiche per arrivarci.

Dunque tocca ai Consigli regionali fare la mossa decisiva. I quesiti referendari devono essere depositati all'Ufficio centrale presso la Corte di Cassazione da almeno cinque Regioni entro il 30 settembre, evitando così al comitato promotore di raccogliere le 500 mila firme necessarie. Le delibere dei 5 consigli regionali per essere valide devono avere gli stessi identici quesiti (anche se l’articolato può essere diverso), devono essere sottoscritte anche dai presidenti del Consiglio regionale con l’indicazione dei delegati regionali che dovranno firmare la richiesta da presentare in Cassazione entro il 30. Entro febbraio ci sarà il controllo della Corte Costituzionale, e se sarà positivo, si potrà votare tra il 15 aprile e il 15 giugno 2016.

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