Regione, 400 addetti senza funzioni

Sono in attesa di collocazione dopo lo scioglimento degli enti strumentali

PESCARA. Dirigenti demotivati e apparato regionale inefficiente. Il risultato è una burocrazia che produce sprechi e stenta a raggiungere gli obiettivi che la stessa amministrazione si è data. Il grido di dolore del governatore Gianni Chiodi, che invoca la riforma della pubblica amministrazione con priorità assoluta, apre interrogativi e suscita vibranti polemiche. Dopo i richiami del Direr, sindacato autonomo dei dirigenti pubblici, e del Cida Abruzzo, che chiedono di porre un argine all'invadenza della politica nella gestione degli uffici, è la volta dei partiti di opposizione e dei confederali a sollecitare una parola di chiarezza al presidente della Regione, mentre rischia di impaludarsi anche la soppressione di alcuni enti strumentali, con circa 400 dipendenti in uscita che devono essere ricollocati nei ranghi della Regione.

Il nodo da sciogliere resta la modifica della legge numero 77 del 1999, che stabilisce alcuni principi molto criticati da tutti. A cominciare dalla possibilità, assicurata alle amministrazioni in carica, di nominare il 18% dei dirigenti. «Chiodi pone una questione sacrosanta», osserva il vicepresidente del Consiglio regionale Giovanni D'Amico (Pd), «che è quella dell'efficienza dello staff dirigenziale rispetto al conseguimento degli obiettivi. Io stesso presentai una proposta di riforma nel 2007, che certamente andrebbe rivisitata oggi per aggiornarla alle nuove necessità. Il problema è che Chiodi continua a fare proclami, ma non presenta proposte».

Cosa sarebbe utile per migliorare l'organizzazione amministrativa? «Restringerei senz'altro il numero dei dirigenti», dice D'Amico, «selezionandoli per merito e capacità. Riporterei l'amministrazione alle funzioni di indirizzo, cercando di valorizzare un apparato che si sente fortemente demotivato e senza possibilità di avanzamenti di carriera. Senza dubbio, ci troviamo di fronte a risorse umane abbandonate a se stesse, perché spesso le direzioni rispondono alle esigenze della politica, peraltro senza potersi avvalere di una filiera che operi in modo coeso e orientata sugli obiettivi».

Sulla valorizzazione del merito dei dirigenti regionali, il capogruppo dell'Idv, Carlo Costantini, ritiene che il primo a dover dare il buon esempio è proprio Chiodi. «Quando ho chiesto, in commissione vigilanza, al manager della Asl di Pescara, Claudio D'Amario, che non consideravo comprensibili le ragioni di una valutazione positiva del suo operato, in presenza di giudizi negativi messi nero su bianco dai responsabili dei servizi, in particolare per l'esplosione della spesa farmaceutica, mi sono sentito rispondere che il suo contratto di lavoro, il primo stipulato dalla giunta, era diverso da tutti gli altri e non conteneva obiettivi così specifici. Di conseguenza, per quanto non raggiunti, la giunta regionale non avrebbe potuto tenerli in considerazione nella valutazione del suo operato. Stessa cosa per Zavattaro, con l'aggravante che il manager della Asl di Chieti ha incassato persino la bocciatura del comitato dei sindaci. Eppure», prosegue Costantini, «anche lui è stato promosso a pieni voti, quindi gratificato in termini economici da Chiodi e dalla sua giunta. Una sorta di "promozione a prescindere", che il governatore potrebbe adottare subito facendoci risparmiare i costi delle relazioni dei responsabili dei servizi e degli interi procedimenti amministrativi, visto che per lui non servono a niente. Così come potrebbe risparmiarci le periodiche ramanzine ai dirigenti, colpevoli di non assicurare efficacia ed efficienza nel loro operato. Se l'esempio che lui offre è quello dei giudizi e delle gratificazioni economiche che riconosce ai direttori generali delle Asl, solo perché li ha nominati e rispondono ai suoi ordini e non certo per capacità e meriti, l'unica cosa che non si capisce è dove trovi il coraggio di parlare».

Ed è un tasto dolente sul quale insiste anche il segretario regionale della Uil funzione pubblica, Fabio Frullo, che definisce addirittura imbarazzanti le sortite del governatore. «La prima considerazione da fare», osserva Frullo, «è che i dirigenti li giudica un organismo di valutazione, non certo la politica o il presidente della Regione. Ma c'è soprattutto un altro aspetto da sottolineare, perché esistono diversi tipi di dirigenti: quelli assunti per concorso pubblico e quelli che sono stati nominati dall'amministrazione. Forse, il governatore si riferisce a quel 18 per cento nominato dalla sua amministrazione? Ma allora perché non li cambia? E se non funziona l'apparato amministrativo, perché non presenta una legge di modifica alla legge 77? Noi siamo pronti a discuterne». Per Frullo, c'è un'altra mina vagante nella gestione del personale in Regione. Dopo lo scioglimento di alcuni enti strumentali e agenzie (vedi tabella), l'amministrazione regionale ancora non ha provveduto a far confluire i dipendenti di Arssa, Arit, Aptr e Abruzzo Lavoro nelle loro nuove funzioni. «Parliamo di circa 400 dipendenti», riprende Frullo, «che ancora non sappiamo dove andranno e a fare cosa. La verità è che tanti dirigenti sono stati nominati a titolo di premio politico o per compensare le spese elettorali di candidati trombati alle urne».

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