Ricostruzione. Case B e C, ora le ditte scappano

Niente sconti sui tempi e le imprese rinunciano. Nuova grana per gli sfollati Il termine di 6 mesi spaventa chi ha preso troppi incarichi per le riparazioni

L’AQUILA. «Sei mesi? Impossibile. Non ce la faccio. Eravamo d’accordo che avremmo finito in 8. Non posso più lavorare per ripararti la casa. Trovati un altro». Questa la risposta che si sono sentiti rivolgere alcuni sfollati aquilani che, ottenuto il contributo definitivo per riparare la loro abitazione classificata B e C, hanno chiamato la ditta per avviare i lavori. Molte imprese li hanno mollati.

UNA NUOVA GRANA. Del resto, come ha anche ribadito la circolare del Comune che non ha concesso sconti alle imprese edili incaricate della ricostruzione leggera, quella delle abitazioni non compromesse a livello strutturale, i termini sono perentori. Entro sette giorni dal contributo definitivo i lavori devono partire. I condomìni possono aspettare, ma giusto il tempo che tutti i singoli appartamenti abbiano il contributo definitivo: i sette giorni decorrono dall’ultima comunicazione, che completa il quadro per tutto il condominio. Per portare a termine i lavori le ditte hanno sei mesi di tempo per le case B e sette mesi per le case C. Un termine che inizia a decorrere alla scadenza dei sette giorni per l’avvio. «Ma questi termini», fa osservare il titolare di un’impresa di costruzioni, «sono stati inseriti dopo che molti di noi avevano già preso accordi con i clienti. Mettere uno stop così netto significa stravolgere il patto già sancito e ci fa andare incontro a problemi. Anche perché le richieste sono tante». E questa è l’altra faccia della medaglia. È vero che le ditte aquilane hanno dovuto riorganizzarsi dopo il terremoto, ma è anche vero che molte si sono accaparrate un numero esorbitante di lavori, tanto che adesso stanno cominciando ad abbandonarne alcuni. In molti casi la motivazione addotta è proprio quella dell’impossibilità di garantire il rispetto dei tempi. E questo, oltre a gettare nel panico chi, mollato dalla ditta, è costretto a cercarne un’altra sul mercato, sta favorendo l’approdo di imprese di fuori regione, specialmente dalla Campania. Avellino, Caserta e Benevento sono le «targhe» più frequenti dei furgoni parcheggiati davanti alle case da ristrutturare. Ci sono anche casi in cui le ditte di fuori regione hanno completato i lavori nei tempi definiti con i committenti, con reciproca soddisfazione. Tuttavia il tetto massimo sui tempi, le imprese locali congestionate, le difficoltà burocratiche e la lentezza nella definizione del procedimento per avere il contributo definitivo stanno creando grosse anomalie nel mercato della ricostruzione. Si rischia, infatti, la saturazione, e di conseguenza lo sbarco indiscriminato in città di imprese piccole, magari escluse da grandi appalti e giri d’affari milionari, senza alcun controllo.

CASE E: 8 FEBBRAIO. Come se non bastasse, mentre è stato prorogato fino al 31 gennaio 2010 il termine per la presentazione delle domande di contributo per le case B e C, non è stato ancora rimosso da alcuna ordinanza successiva il termine dell’8 febbraio per la presentazione delle domande per riparare le case E che resta in vigore. Finora, secondo quanto dichiarato da Protezione civile e Fintecna, a fronte di 20mila edifici semidistrutti, sono state presentate poco meno di 80 domande. È attesa, comunque, a breve, una proroga per questo tipo di abitazioni, molte delle quali si trovano all’interno dei centri storici per i quali manca ancora l’ordinanza contenente le linee guida per la ricostruzione.

CASE, ALTRE PROTESTE. Intanto, non si fermano le proteste legate alla mancata assegnazione delle case. Antonina Giampaolo in Bonomo segnala il suo caso. «Ho una casa B che è stata riparata ma si tratta di un condominio, per cui non ci viene data ancora l’agibilità. Nel frattempo siamo ancora in autonoma sistemazione ma siamo rimasti senza alloggio. Il contributo non bastava più per mantenere un affitto fuori città e adesso siamo in difficoltà. Siamo nomadi, veniamo ospitati a turno. Ma mio marito non è nelle condizioni di poter affrontare frequenti spostamenti. All’ufficio di Giulianova conoscono bene la nostra situazione, ma per noi un alloggio in città non si trova». C’è anche chi, dopo camper e albergo, credeva di averlo trovato, l’alloggio, ma si è dovuta ricredere. Giovanna Panella racconta di essere stata «chiamata da Linea amica per l’assegnazione del Map a Bagno, per due nuclei familiari, ma poco dopo è arrivato il contrordine, sempre per telefono. Il contratto non lo dobbiamo firmare più. Ci hanno detto che si era trattato di un errore e che la lista andava ricontrollata. Mia madre è ancora in albergo sulla costa e, ora, non sappiamo quando ci toccherà entrare in una casa normale».

PROGETTO CASE. Intanto, si apre un nuovo fronte: quello della gestione dei condomìni all’interno delle 19 aree del piano Case. Nel mirino una convenzione tra Protezione civile e Anaci, che avrebbe escluso le altre associazioni di amministratori di condominio. La notizia della convenzione ha provocato proteste da parte di chi è stato estromesso dall’intesa.

CONSORZI. Ai cittadini dei centri colpiti dal terremoto va lasciata libera scelta sulle imprese cui affidare la ristrutturazione delle proprie abitazioni colpite dal sisma del 6 aprile scorso: tutto il contrario dell’ipotesi che sembra farsi strada, secondo la quale sarebbe determinata a monte la scelta dell’esecutore degli interventi. Lo affermano, in una nota congiunta, Cna Costruzioni e Api Edil Abruzzo. Secondo le due associazioni, se dovesse prevalere lo schema di intervento «a comparti», con affidamento dei lavori a «general contractor», ovvero a imprese di grandi dimensioni, in grado di realizzare interventi per importi elevatissimi, ai cittadini non resterebbe più la possibilità di operare alcuna scelta diretta. La proposta delle due associazioni della piccola impresa edile abruzzese è, al contrario, quella di agevolare la costituzione dal basso di consorzi di proprietari, cosicché gli stessi possano esercitare un diffuso potere di controllo e di scelta in ordine alla ricostruzione dei propri beni. «Oltretutto», argomentano le associazioni, «i cittadini si troverebbero di fronte a interlocutori di dimensioni troppo grandi per poter essere condizionati dalla loro azione».