Samuel, sette anni e una seconda vita dopo Rigopiano

Il figlio di Marina Serraiocco e Dino Di Michelangelo da Osimo si è trasferito dai nonni a Chieti, la città natale dei genitori. Ha cambiato scuola: vuole iscriversi a calcio. E di quei giorni a Rigopiano non parla mai

«Quando andiamo a Torino?». Samuel non lo dice, perché di Rigopiano e di quello che è successo lì sotto non ne parla proprio. Ma è ai giorni della tragedia che torna mentre chiede al cugino Francesco «quando andiamo a Torino a vedere la Juve?». Il bambino di sette anni che sotto la valanga ha perso i genitori Dino e Marina Di Michelangelo tira fuori l’unica cosa bella che può permettersi di ricordare di quei giorni: la videochiamata del suo campione, Dybala, il bomber bianconero che durante la degenza del bambino in ospedale, subito dopo il miracoloso salvataggio dei quattro piccoli nella sala biliardo dell’hotel raso al suolo, promise a lui e al compagno di sventura Edoardo che li aspettava allo stadio. Nello stesso Juventus Stadium dove Samuel era già stato con il papà. Ma quella era l’altra vita. Quella di cui Samuel da due mesi ha smesso di parlare, scegliendo di aggrapparsi alla normalità che consigliano gli psicologi e che con tutto l’amore gli stanno offrendo i nonni materni e paterni, gli zii e il cugino maggiore. La famiglia che l’ha accolto a Chieti, la città natale dei genitori dove Samuel, fino a due mesi fa, tornava solo in vacanza.

È questa adesso la sua casa, Chieti, la casa dei nonni materni dove è andato ad abitare e in quella dei nonni paterni dove spesso va a stare, e dove proprio qualche giorno fa l’ha raggiunto l’unico superstite di quella sua prima vita: Lulù, il beagle di dieci anni che aveva accompagnato il papà Dino in tutto il suo girovagare per l’Italia con la divisa da poliziotto, il cagnolino che il 18 gennaio era rimasto a Osimo, affidato a un vicino, ad aspettare il ritorno di quel meraviglioso terzetto. È di Lulù che chiedeva notizie Samuel, che nomina il padre quando vede una macchina della polizia, o quando riconosce la Kia, l’auto con cui era partito con la mamma per quella parentesi di neve a Rigopiano subito dopo il suo settimo compleanno. Ma quella, appunto, era l’altra vita. La seconda, per Samuel, è cominciata il 20 gennaio, dopo i due giorni di buio passati in quel pezzetto di albergo graziato dalla valanga a chiedersi in silenzio che cosa fosse successo e perché. E soprattutto, dove fossero finiti i genitori. Se lo sarà chiesto chissà quante volte lì sotto, ma quando è uscito da solo, senza di loro, tirato su per un buco dai soccorritori, non ne ha fatto parola. Né allora né adesso. Se non quando dice «mamma mi sta guardando». «Sa che sono morti, ma non ne fa menzione», spiega il cugino Francesco che, come lo zio Dino fece con lui quand’era bambino, dedica oggi molto del suo tempo al piccolo Samuel, «ma gli psicologi che lo seguono e che ci stanno guidando, dicono che va bene così, che sarà lui a raccontare quando si sentirà pronto. Ha capito, però, è un ometto. Certo, rispetto a prima un po’ è cambiato, ma con la sua vivacità e la sua voglia di fare riempie la casa. È lui che con la sua presenza ci dà la normalità». Adesso è alla ricerca di una scuola calcio, come quella che frequentava a Osimo, la città dove la mamma gestiva un negozio di bomboniere e che “al futuro di Samuel” ha intitolato un conto corrente. Ma Samuel ce la sta mettendo tutta per girare pagina, per ripartire. Quando è arrivato nella sua nuova classe a Chieti, alle elementari di via Amiterno, i nuovi compagni gli hanno fatto trovare un album delle figurine Panini, tanto è bastato ai bambini per trovarsi, e a Samuel per ricominciare. Bambino tra i bambini, appassionato di Lego, che chiacchiera e riempie la casa. Che oggi sogna di andare a vedere la Juve forse anche e non solo, perché l’ha invitato Dybala, ma perché anche quello è un modo per rincontrare il padre. Nel suo sogno bianconero. Amore indelebile come il bacio della foto dove c’è Samuel in mezzo ai suoi genitori. (s.d.l.)

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