Sanità, bocciata un'altra legge

Il governo impugna davanti alla Consulta i fondi per strutture di assistenza

PESCARA. Ci risiamo. Il governo ha impugnato davanti alla Consulta un'altra legge della Regione, giudicandola in contrasto con la Costituzione. E' la 19ª da quando è in carica la giunta regionale presieduta da Gianni Chiodi. E sono di nuovo norme che disciplinano la sanità abruzzese a non convincere il governo Monti, così come è avvenuto, appena sette giorni fa, con un'altra legge rinviata al giudizio della Corte costituzionale. La legge impugnata, ieri, dal consiglio dei ministri - su richiesta del titolare del dicastero degli Affari regionali, Piero Gnudi - è la numero 3 del 13 gennaio scorso, che contiene modifiche all'articolo 35 della legge numero 6 del 2009 che conteneva disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2009 e pluriennale 2009-2011 della Regione (in sostanza la legge finanziaria regionale del 2009) e «altre disposizioni di adeguamento normativo».

A giudizio del governo, alcune disposizioni della legge impugnata «contrastano con la legislazione statale in materia di accreditamento delle strutture sanitarie, nonché con le previsioni del Piano di rientro per il disavanzo sanitario, violando gli articoli 117, terzo comma, e 120, della Costituzione» cioè quelli che regolano le sfere in cui possono legiferare Stato e Regioni.

Come nel caso della legge impugnata il 9 marzo scorso, anche questa volta ci sono di mezzo alcune modifiche che comportano impegni di spesa in materia di sanità che la Regione - stando all'atto di impugnativa - avrebbe dovuto concordare con il governo, con il "visto" dei ministri di Economia e Sanità che ne attestassero la congruità rispetto ai piani di risanamento concordati nel 2007.

La settimana scorsa, il governo aveva impugnato la legge finanziaria 2012 della Regione bocciando tutte le norme sulla sanità e mettendo in difficoltà il bilancio dell'ente. Infatti, tre dei cinque articoli contestati, in quell'occasione, porterebbero risorse alle casse regionali per 23 milioni, ai quali vanno aggiunte somme non ancora individuate derivanti dall'aumento dei canoni idroelettrici. Contro quell'impugnativa la Regione ha annunciato ricorso. «Al tavolo di monitoraggio della Sanità dimostreremo che le due norme impugnate non servono a ripianare il deficit», ha detto l'assessore al Bilancio, Carlo Masci. «Non potranno impedirci di utilizzare per servizi essenziali risorse ferme ma disponibili». Intanto però la Regione è stata costretta a congelare le somme almeno fino al 4 aprile.

Con le modifiche introdotte nella legge contestata ieri dal governo, la Regione avrebbe tentato assicurare l'erogazione di servizi di strutture sanitarie destinate all'assistenza di bambini con difficoltà psiciche, fisiche e sociali e di anziani, aggirando l'obbligo di concordare con il governo le modifiche proposte.

In particolare, l'impugnativa del governo riguarda queste modifiche. Nell'articolo 35 della legge regionale del 30 aprile 2009, dopo le parole «provvisoriamente autorizzate» - riferito alle strutture sanitarie in questione - sono inserite altre due parole «ed accreditate», due termini che - senza preventiva autorizzazione dei ministeri competenti - non sono accettabili, dal punto di vista del governo, perché violerebbero gli accordi dei piani di risanamento.

«L'errore compiuto è sempre lo stesso», spiega Giovanni D'Amico, consigliere regionale del Pd ed ex assessore al Bilancio della precedente giunta di centrosinistra, «ed è quello di introdurre nel testo della legge norme che non rispettano gli accordi con il governo sul piano di rientro della spesa sanitaria. Questo non si può fare, non da adesso, ma dal 2007. Ogni modifica di questo genere, in materia sanitaria, deve essere preventivamente concordata con il governo. Invece, è prassi sempre più diffusa che singoli assessori o consiglieri presentino emendamenti di questo genere che vengono poi approvati entrando a far parte della legge e modificandola in punti in cui, invece, occorre il preventivo assenso dell'esecutivo. Questo assenso preventivo è necessario quando si introducono norme che comportino oneri di spesa a regime».

Cosa succede, in attesa della sentenza della Corte costituzionale, a una legge come questa che autorizza la prosecuzione dell'erogazione di i servizi di assistenza ad anziani e a bambini accreditando (dando soldi insomma) alle strutture che forniscono i servizi in questione?

«Secondo me», dice il consigliere regionale di opposizione, «in materia sanitaria, l'impugnativa da parte del governo blocca la legge. E' come se, impugnando la legge davanti alla Consulta, il governo facesse mancare quell'avallo successivo alle norme che potrebbe sanare l'assenza di un visto preventivo. La via d'uscita per il futuro, per evitare che questi casi si ripetano, è di concordare queste modifiche con il governo. La Regione deve dire al governo: ho queste strutture sanitarie e ho necessità che esse continuino ad erogare questi servizi. La "quadra" va trovata con il governo».

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