Sanità, la grande fuga dei pazienti abruzzesi

La mobilità è aumentata del 22%: in 43mila lasciano la regione per interventi e terapie, viaggi della speranza che costano 132 milioni di euro. L'assistenza più frequente è la chemioterapia

PESCARA. L'Abruzzo spende quasi 132 milioni l'anno per curare i suoi cittadini fuori regione. E i motivi per cui ci si rivolge di più a strutture pubbliche e private non sono operazioni complesse, ma patologie più comuni, come ad esempio gli interventi in artroscopia al ginocchio, in seguito spesso a traumi dovuti all'attività sportiva. Il quadro sulla mobilità passiva, cioè sui ricoveri che avvengono fuori regione, indica anche la Regione che l'Abruzzo paga di più: le Marche (40milioni l'anno) con le quali non si riesce a raggiungere l'accordo di confine.

L'accordo di confine rientra nel Patto della salute che i presidenti delle Regioni si sono proposti di firmare con l'obiettivo di abbassare le spese della sanità e di rallentare l'emigrazione dei malati. Dovrebbe essere reciproco. L'Abruzzo l'ha firmato con le Puglie (anche se non sono proprio di confine) e con il Molise. Con le Marche non ha avuto riscontro. Per cui i ricoveri abruzzesi negli ospedali marchigiani continueranno a esserci mentre dovrebbero diminuire quelli in Abruzzo. Il risultato sarà che la differenza tra i due dati (il «saldo») penderà dalla parte della mobilità passiva (in uscita) con maggiori spese per l'Abruzzo e minori entrate per la sanità pubblica e privata regionale.

Il significato del saldo tra mobilità passiva e mobilità attiva rappresenta l'ago della bilancia sui conti milionari della sanità. Basti pensare che ogni anno sono circa 43mila gli abruzzesi che preferiscono farsi curare fuori regione (29mila ricoveri ordinari e 13.927 in day hospital) pur affrontando maggiori sacrifici e maggiori spese. I dati, gli ultimi disponibili, sono relativi al 2009 e in costante aumento. In due anni, ad esempio, la somma complessiva pagata dall'Abruzzo alle altre regioni è salita di circa il 20 per cento passando dai 110milioni di euro (nel 2007) a 132 milioni. Considerando che l'attuale disavanzo sanitario, per cui in Abruzzo si pagano di più tasse e benzina, è di 360milioni, si intuisce l'importanza di una revisione politica nonché gestionale sulla mobilità.

È curioso così scoprire che in questa sorta di classifica dei viaggi della speranza dietro le Marche, ci sono Lazio ed Emilia Romagna e che solo dopo si trovano le strutture di eccellenza della Lombardia e del Veneto. Al punto che le stesse sono precedute dal piccolo Molise che, pure, è nei guai per la sanità più di quanto lo sia l'Abruzzo.

Queste indicazioni già spiegano le patologie per le quali gli abruzzesi sono portati a rivolgersi fuori regione. Non interventi e cure complesse, ma al limite della ordinarietà. I casi più numerosi, sempre secondo i dati 2009, sono i cicli di chemioterapia in day hospital, seguiti dalle operazioni in artroscopia al ginocchio e dagli interventi di ginecolgia. Solo al sesto posto si incontra una patologia più complessa, l'operazione chirurgica per la sostituzione di articolazioni, in particolare per la protesi all'anca. Sotto l'aspetto economico i casi più semplici, messi insieme, hanno un impatto notevole. Ma gli interventi più complessi, come, quelli cardiovascolari e legati a patologie oncologiche, hanno un «peso» maggiore malgrado siano di numero inferiore.

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