«Sarò segretario nonostante Del Turco»

D’Alfonso attacca il presidente. Ginoble: non sarà un referendum antigiunta

PESCARA. Luciano D’Alfonso è deciso, sicuro, esprime i concetti che gli stanno a cuore con studiata enfasi. Tommaso Ginoble è più pacato, il tono della voce più basso, spiega con calma il perchè della sua candidatura e la sua visione del Partito democratico. Il secondo faccia a faccia tra i due candidati alla segreteria regionale del Pd è andato in scena ieri negli studi di Rete 8.

Quattro giornalisti a fare le domande - Lilli Mandara del Messaggero, Pasquale Galante del Centro, Franco Di Miero del Tempo e Vittorio Mingione di Abruzzo Oggi - due minuti a disposizione dei candidati per ogni risposta.

 Si parla di programmi, di proposte per l’Abruzzo e per la nuova politica. Ci sono l’occupazione («deve essere la priorità in questa regione», secondo D’Alfonso), le infrastrutture («dovremo puntare sul trasporto su ferro per abbattere i tempi di collegamento e rendere l’Abruzzo appetibile agli investimenti», dice Ginoble), gli sprechi della politica («mi impegno ad agganciare le retribuzioni dei consiglieri regionali ai risultati di bilancio», assicura D’Alfonso»).

 Ma sullo sfondo rimane lo scontro tra Del Turco e D’Alfonso, che ha spaccato la Margherita e portato alla presentazione di due candidature per le primarie del 14 ottobre.
 Un epilogo diverso da quello immaginato dal leader dei Dielle, Franco Marini, che si era speso per una candidatura unitaria, ma fortemente voluto dal presidente della Regione, Ottaviano Del Turco, che aveva minacciato dimissioni se il sindaco di Pescara fosse stato l’unico candidato.

 L’atmosfera è serena, e i pochi veri affondi di D’Alfonso sono indirizzati proprio a Del Turco. «Io ho speso tutto me stesso per vincere le elezioni a Pescara, che sembravano impossibili», attacca, «forse ad Avezzano, invece, qualcuno non ha fatto tutto quello che poteva». E poi sulle candidature: «L’unica assurdità, l’unico gesto antidemocratico e antipolitico di queste primarie», scandisce D’Alfonso, «lo ha fatto Del Turco quando ha detto: “se Luciano si candida io mi dimetto”, confondendo il dibattito politico con le istituzioni dell’Abruzzo».

 Mentre, assicura il sindaco di Pescara, «Del Turco può star sicuro che il segretario del Pd sosterrà e rafforzerà la giunta: uno dei compiti centrali del Pd deve essere proprio quello di valorizzare i risultati della Regione».

 «Queste primarie non sono un referendum sulla giunta», chiarisce anche Ginoble, «tanto è vero che ci sono altri assessori regionali candidati in liste opposte alla mia».
 Eppure sono in molti a temere che un D’Alfonso segretario del Pd creerebbe più di un problema a Del Turco. E molti si chiedono quale sarà la reazione di Marini alla scelta di alcuni dei suoi di disobbedire alle sue indicazioni.

 Ginoble fa appello ai sentimenti, alle emozioni che a volte muovono l’agire politico: «La politica non è solo ragionamento, ma anche passione e cuore», dice, «e ci sono momenti in cui ognuno deve esprimere ciò che sente». E poi, assicura, «non c’è stato alcun atto ostile verso Marini, di cui ho affetto e stima. Lo sento anche in questi giorni, è felice che in Abruzzo si sviluppi un dibattito sereno e proficuo».

Eppure una critica, seppur pacata, non gliela risparmia. «Marini disse chiaramente che la sua proposta prevedeva tre condizioni (D’Alfonso segretario, disponibilità dello stesso a ricandidarsi a sindaco di Pescara, Del Turco presidente del Pd, ndr) e che se non fosse stata approvata si sarebbe tornati a discutere. Mi dispiace che questo non si è fatto, quando Del Turco non ha accettato la presidenza del partito».

 A confronto sono due storie politiche, fatte di esperienze diverse. D’Alfonso rivendica quella di sindaco, che «mi ha abituato alla sintesi», importante per guidare un partito che «esalta il profilo del procedere insieme». Si dice affascinato dalla laicità del Pd, in cui «arrivano a coniugazione culture diverse, in passato spesso opposte».
 Ginoble punta sui risultati ottenuti nella gestione dell’emergenza incendi, e si dice portatore di un modo diverso di vivere la politica, «più umano, più sociale, interessato a capire come sta la comunità».