Scandalo Fira, un milione in nero a Forza Italia
Il pm: per le elezioni regionali del 2005 versati a Domenici i soldi delle truffe
PESCARA. Un milione di euro, in nero, per finanziare la campagna elettorale di Forza Italia. Una buona fetta dei soldi della mega-truffa della Fira sono finiti nelle casse del partito di Berlusconi. Queste le accuse del pm Filippo Guerra che nel firmare l’avviso di conclusione delle indagini ipotizza un’associazione per delinquere finalizzata al finanziamento illecito del partito del premier Berlusconi.
LA TASSA-DOMENICI. La Procura di Pescara ipotizza l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata non solo a commettere truffe ai danni della Regione e dell’Unione europea, attraverso il percepimento di contributi per progetti inesistenti, ma anche per il finanziamento illecito dei partiti. Anzi, di un partito visto che nell’avviso di conclusione delle indagini si parla solo di centrodestra e si fa il nome di Forza Italia e del suo rappresentante in Abruzzo Vito Domenici. Se Giancarlo Masciarelli come capo della Fira è la figura-chiave dell’organizzazione specializzata in fondi Docup, quella di Domenici spicca sul versante del finanziamento ai partiti. L’associazione è contestata anche a Masciarelli, Paolo De Michele, Silvio Vittorio Paride Cirone, Giovanni Cirulli detto Gianluca, Ivan Marinelli, Vittorio Forte, e Ivano Villani.
Per l’accusa, Masciarelli e i suoi avrebbero stabilmente diretto un’associazione per foraggiare il centrodestra. Il «collettore» era Domenici, al quale venivano versate cospicue somme di denaro. Secondo il pm, almeno una parte dei soldi erano provenienti da contributi pubblici che gli imprenditori erano riusciti a ottenere a seguito dell’aggiudicazione di particolari bandi Docup. I soldi erano quantificabili nel 10 per cento dei contributi ottenuti. Insomma, una «tassa» da corrispondere a Domenici per Forza Italia. Tra dicembre 2003 e febbraio 2004 la cifra dei contributi illeciti si aggirava sul milione di euro, tra soldi già dati e soldi ancora da corrispondere.
Domenici avrebbe continuato a commettere il reato fino a maggio 2005, cioè un mese dopo la sconfitta elettorale nelle Regionali che portarono all’elezione di Ottaviano Del Turco. A Domenici viene contestato anche il reato di ricettazione, perché secondo il pm si è appropriato di soldi dei quali conosceva la provenienza illecita essendo provento di truffe o di false fatturazioni. Soldi che servivano per Forza Italia, di cui Domenici è stato coordinatore regionale. Questo reato sarebbe stato commesso tra il 2002 e il 2005.
I SOLDI IN SVIZZERA. Il pm Guerra ha ricostruito nel dettaglio il percorso di altri 800mila euro finiti in Svizzera, contestando ad altri indagati (Masciarelli, De Michele, Cirone, Cirulli, Marinelli e Anello) il reato di trasferimento fraudolento di valori sanzionato dalla legge antimafia Scotti-Martelli del 1992. Secondo gli accertamenti il gruppo avrebbe commesso i reati di ricettazione, riciclaggio e reimpiego di denaro proveniente dai proventi illeciti dell’associazione criminosa con l’aiuto di Anello.
L’avvocato faceva da tramite con società svizzere tra cui una di diritto bahamense (delle Bahamas) con sede a Lugano e articolata in quattro diramazioni di altrettante società (una di diritto danese, le altre con sede in Inghilterra, Canada e Spagna). Le società emettevano fatture di comodo per operazioni inesistenti. A fronte delle operazioni fasulle ricevevano i soldi dal gruppo Masciarelli e poi, sottratto il 10%, il guadagno per l’operazione, li giravano sulla banca svizzera da dove venivano prelevati per tornare in Italia.
LA TASSA-DOMENICI. La Procura di Pescara ipotizza l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata non solo a commettere truffe ai danni della Regione e dell’Unione europea, attraverso il percepimento di contributi per progetti inesistenti, ma anche per il finanziamento illecito dei partiti. Anzi, di un partito visto che nell’avviso di conclusione delle indagini si parla solo di centrodestra e si fa il nome di Forza Italia e del suo rappresentante in Abruzzo Vito Domenici. Se Giancarlo Masciarelli come capo della Fira è la figura-chiave dell’organizzazione specializzata in fondi Docup, quella di Domenici spicca sul versante del finanziamento ai partiti. L’associazione è contestata anche a Masciarelli, Paolo De Michele, Silvio Vittorio Paride Cirone, Giovanni Cirulli detto Gianluca, Ivan Marinelli, Vittorio Forte, e Ivano Villani.
Per l’accusa, Masciarelli e i suoi avrebbero stabilmente diretto un’associazione per foraggiare il centrodestra. Il «collettore» era Domenici, al quale venivano versate cospicue somme di denaro. Secondo il pm, almeno una parte dei soldi erano provenienti da contributi pubblici che gli imprenditori erano riusciti a ottenere a seguito dell’aggiudicazione di particolari bandi Docup. I soldi erano quantificabili nel 10 per cento dei contributi ottenuti. Insomma, una «tassa» da corrispondere a Domenici per Forza Italia. Tra dicembre 2003 e febbraio 2004 la cifra dei contributi illeciti si aggirava sul milione di euro, tra soldi già dati e soldi ancora da corrispondere.
Domenici avrebbe continuato a commettere il reato fino a maggio 2005, cioè un mese dopo la sconfitta elettorale nelle Regionali che portarono all’elezione di Ottaviano Del Turco. A Domenici viene contestato anche il reato di ricettazione, perché secondo il pm si è appropriato di soldi dei quali conosceva la provenienza illecita essendo provento di truffe o di false fatturazioni. Soldi che servivano per Forza Italia, di cui Domenici è stato coordinatore regionale. Questo reato sarebbe stato commesso tra il 2002 e il 2005.
I SOLDI IN SVIZZERA. Il pm Guerra ha ricostruito nel dettaglio il percorso di altri 800mila euro finiti in Svizzera, contestando ad altri indagati (Masciarelli, De Michele, Cirone, Cirulli, Marinelli e Anello) il reato di trasferimento fraudolento di valori sanzionato dalla legge antimafia Scotti-Martelli del 1992. Secondo gli accertamenti il gruppo avrebbe commesso i reati di ricettazione, riciclaggio e reimpiego di denaro proveniente dai proventi illeciti dell’associazione criminosa con l’aiuto di Anello.
L’avvocato faceva da tramite con società svizzere tra cui una di diritto bahamense (delle Bahamas) con sede a Lugano e articolata in quattro diramazioni di altrettante società (una di diritto danese, le altre con sede in Inghilterra, Canada e Spagna). Le società emettevano fatture di comodo per operazioni inesistenti. A fronte delle operazioni fasulle ricevevano i soldi dal gruppo Masciarelli e poi, sottratto il 10%, il guadagno per l’operazione, li giravano sulla banca svizzera da dove venivano prelevati per tornare in Italia.