Sel: con l'Udc se cambia rotta

Melilla: significativa novità l'apertura di De Laurentiis al centrosinistra

PESCARA. «Al centrosinistra ci unisce è il fatto che anche lì c'è la consapevolezza della necessità di un salto di qualità della politica abruzzese e del bisogno di un cambiamento forte che inverta la rotta della nostra regione. Dal centrosinistra ci separa il fatto che non c'è ancora un'alleanza». E' bastata questa doppia affermazione di Rodolfo De Laurentiis, in un'intervista pubblicata sul Centro di sabato, per rimettere in moto (o portare allo scoperto) la macchina della politica abruzzese.

A sinistra come a destra, si continua a discutere del passo compiuto dal leader abruzzese dell'Udc. A destra per criticarlo (il senatore Tancredi ha chiesto alla classe dirigente dell'Udc di dire chiaramente da che parte sta). A sinistra per cercare un terreno d'intesa (la direzione regionale del Pd ha deciso «un'apertura convinta all'Udc» in vista del voto amministrativo di primavera).

IL CENTROSINISTRA.
La novità su questo fronte è l'apprezzamento cauto di Sel (Sinistra ecologia e libertà). «La recente intervista di De Laurentis, autorevole e serio dirigente dell'Udc, esprime giudizi sul fallimento politico della giunta regionale Chiodi», dice Gianni Melilla, segretario regionale del partito di Vendola, «che segnano una importante novità e ci auguriamo che su di essi rifletta l'insieme dell'Udc abruzzese rivedendo la sua collocazione politica a partire dalle prossime elezioni comunali. Sarebbe già interessante in Abruzzo un allineamento nazionale con l'Udc di Casini che è saldamente collocata alla opposizione del governo Berlusconi, in una posizione di terzo polo autonomo sia dal centrodestra che dal centrosinistra».

Quanto al Pd, l'impressione è che la sortita di De Laurentiis fosse da tempo attesa nel partito principale del centrosinistra, e che sia stata, in qualche modo anche incoraggiata. Le sconfitte amministrative del centrodestra, nella primavera scorsa, nel Chietino (persa Lanciano, non riconquistata Vasto), cioè nel granaio elettorale dell'Udc, hanno accentuato la divisione fra De Laurentiis ed Enrico Di Giuseppantonio, presidente della Provincia e segretario regionale del partito, portando poi anche al commisariamento della formazione politica.

La decisione della direzione regionale del Pd di aprire in maniera chiara (sebbene subordinata alla prova delle elezioni comunali della primavera prossima) è condvisa da una larga maggioranza del partito, anche se c'è chi ritiene necessaria una riflessione ulteriore sui tempi e sui metodi. E' il caso, per esempio, di Camillo D'Alessandro. «Condivido l'analisi fatta dal direttore del Centro, Baraldi, nel suo editoriale domenicale», dice il capogruppo del Pd in consiglio regionale. «Una classe politica non può porsi solo l'obiettivo di raggiungere il 50 più 1 per cento dei voti. Deve anche chiedersi quali caratteristiche debba avere la classe dirigente di una regione. Se ci si pone questa domanda, la scelta delle alleanze viene dopo. Ma viene prima il contenuto e poi il contenitore».

IL CENTRODESTRA. La discussione qui riguarda lo stesso partito di De Laurentiis e si intreccia con l'invito ultimativo rivolto da Paolo Tancredi (senatore del Pdl di Teramo e amico e collaboratore del governatore Chiodi) alla classe dirigente dell'Udc, cioè a coloro che, alleati con il Popolo della libertà, amministrano tutte e quattro le Province abruzzesi e tre su quattro dei comuni capoluoghi (l'eccezione è L'Aquila): fate una scelta di campo chiara, o con noi o con De Laurentiis e la sua prospettiva di alleanza con il centrosinistra.

Alfonso Di Sabatino Martina, vice sindaco di Teramo, e coordinatore provinciale dell'Udc, non ha dubbi in proposito: «Il partito parla attualmente per bocca del suo commissario. Quando, come ha fatto De Laurentiis, si esprimono giudizi così duri sulla classe dirigente regionale, sul governo Chiodi, sarebbe opportuno sentire chi sul territorio ci sta tutti i giorni, cioè noi amministratori. In Abruzzo l'Udc si è sempre caratterizzata per la sua matrice di centrodestra. Non si può barattare la classe dirigente di un partito come l'Udc sull'altare di ambizioni legittime ma che sono più di natura personale che politica».

Di Giuseppantonio è sulla stessa lunghezza d'onda. «A chi ci chiede di spiegare da che parte stiamo», dice il presidente della Provincia di Chieti, «io rispondo che, non da ora, stiamo con noi stessi, con la nostra storia, i nostri programmi, il nostro coraggio. Rispettiamo la volontà popolare che è sempre sovrana. In consiglio regionale siamo all'opposizione del governo Chiodi; nelle quattro province e nei quattro capoluoghi, invece, abbiamo stretto un accordo elettorale e programmatico con il Pdl, vincendo dovunque si sia votato. Aggiungo che per le elezioni comunali all'Aquila, in primavera, nulla è scontato sul fronte delle alleanze. Ma saranno i congressi a deciderlo».

«De Laurentiis? Io dico che bisogna vivere come si pensa, altrimemti si finisce con il pensare come si vive. Se lui pensa di fare alleanze con il centrosinistra, deve vedere se ha il consenso del partito. La sua è una posizione autorevolissima di un nostro dirigente, ma non è la posizione di tutto il partito».

Il Pdl, nonostante il quasi ultimatum di Tancredi, vive con realtiva tranquillità la spaccatura che si è aperta nell'Udc. Nel partito principale del centrodestra si pensa che la nuova formazione a cui sta lavorando il segretario nazionale Angelino Alfano, sia una garanzia sufficiente per trattenere l'Udc. Del partito moderato e centrista, e post-berlusconiano, a cui lavora Alfano - dicono nel Pdl - il partito di Casini è destinato a essere un alleato. La stessa decisione, presa l'altro ieri da Di Giuseppantonio, di ritirare la delega al suo assessore allo Sport, Silvio Tavoletta, un esponente di Fli, è vista come un gesto di rottura in Abruzzo di ogni prospettiva di Terzo polo. Di Giuseppantonio avrebbe fatto questo passo proprio perché sicuro della tenuta futura dell'alleanza con il Pdl.

Riccardo Chiavaroli, consigliere regionale del Pdl, di cui è anche portavoce, non ha voglia di avventurarsi in interpretazioni dietrologiche e si limita a dire: «Devo dare ragione a Tancredi. Con questo meccanismo elettorale, l'Udc deve decidere da che parte stare. Alfano ha posto le basi per un partito dei moderati e l'Udc ci starà dentro. Casini e Vendola sono incompatibili».

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