Strade e tunnel, sì al piano dopo 12 anni

Mancano i fondi e le risorse per le infrastrutture sono state tagliate


PESCARA. Nuove superstrade, nuovi tunnel, viadotti, arretramenti di tratti autostradali e anche una maxi galleria ferroviaria lungo la linea Pescara-Roma. Sembra un "libro dei sogni" quello a cui ieri mattina dopo tre quarti d'ora di discussione, il comitato regionale di Via (Valutazione d'impatto ambientale) ha dato parere favorevole. Si tratta del primo passo che, dopo 12 anni, compie ufficialmente il Piano regionale integrato dei trasporti (Prit), il piano cioè che dovrebbe fornire le indicazioni strategiche sulle future opere viarie dell'Abruzzo. Una lunga serie di infrastrutture ritenute necessarie - malgrado l'autorevole Istituto Tagliacarne continui a classificare l'Abruzzo al secondo posto (dopo il Veneto) fra le regioni con più strade urbane ed extraurbane quanto a densità su chilometro quadrato - sicuramente in lunga prospettiva e a patto che siano reperibili i fondi pubblici per realizzarle. Elemento quest'ultimo fondamentale, altrimenti il Prit, anche se venisse approvato in tutte le sue parti (ieri all'Aquila è stato discusso solo il capitolo infrastrutturale aggiornato dopo il terremoto) è destinato a rimanere un libro sulle opere irrealizzabili.

L'INTESA TAGLIATA. D'altra parte proprio ieri, a proposito di fondi pubblici, è arrivata una dimostrazione di quanto essi siano sempre più incerti. Il governo ha ridimensionato in maniera drastica il budget di 6,5 miliardi di euro dell'Intesa generale quadro con la Regione, un altro piano che prevede strade, ammodernamento delle rete ferroviaria e degli impianti idrici. La prima firma dell'Intesa generale quadro risale al maggio 2009, sotto uno sventolìo di bandiere, con la stretta di mano tra il governatore Gianni Chiodi e l'allora premier Berlusconi. Poi c'è stato l'incontro con Monti, quindi i tagli che hanno comunque colpito indistintamente tutte le regioni a causa della crisi generale.

Quanto è stato lasciato all'Abruzzo? Secondo Cesare D'Alessandro, consigliere regionale Idv che per primo ha diffuso la notizia, alla Regione sono rimasti 207 milioni di euro di cui 93 per la strada statale 17 per il completamento della Rieti-Antrodoco-L'Aquila-Navelli, 100 milioni per il miglioramento della linea Pescara-Roma e per la linea Sulmona-Chieti-L'Aquila.

LA POLEMICA.
D'Alessandro sostiene che il presidente Chiodi è più prudente «e parla "solo" di un miliardo di euro, ma specificando», continua, «che ciò accadrà se l'iter approvativo non sarà incrinato (sic), ovvero se l'attuale governo darà i soldi all'Abruzzo». «Chiodi», accusa il consigliere idv, «evita di comunicare i tagli agli abruzzesi nel tentativo di passare inosservato, neanche un accenno da parte sua all'adeguamento che certifica l'infondatezza delle promesse fatte». Parole alle quali replica il portavoce della maggioranza Riccardo Chiavaroli (Pdl): «Sostenere che Chiodi mente sul tema dei fondi nazionali per le infrastrutture, come fa D'Alessandro, dimostra di nuovo come l'importante per alcuni sia solo tentare di denigrare l'avversario a costo di ricorrere a letture distorte delle realtà, che invece alla lunga promuovono un clima di disfattismo che rischia ancora una volta di danneggiare l'intero Abruzzo».

Chiavaroli conferma che i finanziamenti sono stati al momento ridimensionati a seguito della crisi che interessa tutti e ribadisce che Chiodi è impegnato a difendere i diritti dell'Abruzzo. «Tutto ciò», conclude, «fa ancora una volta la differenza tra propaganda negativa e concreta azione a favore dell'Abruzzo, fra chi auspica il "muoia Sansone con tutti i filistei" e chi invece costruisce un futuro migliore per la regione».

IL WWF SUL PRIT.
Il Prit è stato contestato fino all'ultimo dagli ambientalisti, non è escluso che il Wwf ricorra al tribunale amministrativo dopo il primo ok del Comitato Via di ieri. «E' un piano delle strade non dei trasporti», lo giudica Augusto De Sanctis del Wwf che ha seguito l'iter fin dall'inizio, «il Comitato ha ritenuto irrilevante il fatto che il Piano preveda infrastrutture pesanti come gallerie e viadotti in aree protette e di particolare interesse geologico, idrico a naturale. Un esempio? La rete di tunnel nella zona di Popoli andrà a compromettere le falde acquifere del Giardino». Contestato infine anche il tunnel indicato sotto il Monte Morrone, così come appare improponibile la galleria "aperta" in prossimità della Lecceta di Torino di Sangro, lungo la costa teatina.

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