Tasse, la protesta dei 500

Terremoto. Sit-in a Roma davanti alla sede del Parlamento. Fini chiama Tremonti per il rinvio

ROMA. La speranza dei 500 aquilani tornati a Roma per la seconda volta (dopo la manifestazione del 16 giugno contro il decreto Abruzzo) sta tutta in una telefonata. È Fini a chiamare Tremonti, l’uomo che ha in mano i cordoni di una borsa che non contiene, al momento, nuovi sconti per gli sfollati. Fuori gli aquilani protestano in silenzio, dentro il presidente della Camera promette impegno sulle tasse.

LA TELEFONATA
. Alle 16,55 da Montecitorio esce la delegazione vietnamita ed entra quella aquilana. Il presidente della Camera aspetta 12 persone nella sala dell’anticamera. Ne saliranno in 16, tutti ammessi. Dentro, col sindaco Massimo Cialente e la presidente della Provincia Stefania Pezzopane, tra gli altri, rappresentanti di Confindustria (Antonio Cappelli), Confesercenti (Bruno Basile), Api (Massimiliano Mari Fiamma), Cna (Giorgio Stringini, Cgil (Gianni Di Cesare), Uil (Pietro Paolelli), Informatici professionisti (Paolo Mingroni), Comitato centro storico (Anna Agamennoni), i sindaci di San Pio delle Camere (Gianni Costantini), Barisciano (Domenico Panone) e Acciano (Americo Di Benedetto) e due giovani esponenti dei comitati cittadini.

Due rampe di scale a destra dopo il presepe, gli ospiti aspettano Fini appena un minuto e mezzo. Il presidente della Camera entra e stringe la mano a tutti. Poi ascolta le ragioni dei terremotati.

«Conosco la vostra situazione. Quello dell’Aquila è un dramma nazionale e come tale va affrontato e trattato». Il sindaco, che gli siede subito a destra gli parla della «città fantasma», la presidente della provincia gli rinnova l’appello a battersi per la proroga della sospensione delle tasse nuove e della restituzione delle vecchie. Fini legge il documento sottoscritto da sindacati e associazioni di categoria. Gli viene dato anche il volantino diffuso in piazza dai comitati che, fuori, montano un alberello di Natale.

Il presidente della Camera fa capire di condividere le ragioni di chi protesta. Parla di colloqui con Bertolaso e con Letta con i quali, dice, c’è un contatto costante. A chi gli chiede come mai la Finanziaria non contenga il rinvio delle tasse Fini risponde che, forse, dipende dalla «confusione» che accompagna ogni atto di questo tipo.

Agli aquilani, però, non basta. Parlano Confindustria, Cgil, Uil, piccole imprese. Dicono che la ricostruzione non è ripartita «e nemmeno quella economica, con le attività produttive al palo e le tasse che tornano a incombere». Fini ascolta con attenzione e sorride quando gli dicono che «in tanti, adulti e bambini, viaggiano dalla costa all’Aquila ogni giorno per lavorare e andare a scuola». «Segno», dice Fini, «dell’attaccamento alla propria terra, una cosa bella». Poi, quando gli dicono che «ci sono 20mila sfollati sulla costa» il presidente della Camera ha un attimo di esitazione. Quindi, chiede di Tremonti, al quale, in separata sede, farà una telefonata.

Un’eccezione per gli aquilani, in forma di emendamento all’ultimo tuffo, è ipotesi puramente di scuola, si capisce dal discorso del capo del palazzo. Più percorribile la strada del decreto già nel consiglio dei ministri dell’indomani. È il decreto dei rifiuti di Napoli e del passaggio di consegne dalla Protezione civile agli enti locali. Ci saranno altre telefonate, nelle prossime ore, visto lo scontro in atto nel governo, di cui riferisce Cialente, tra chi vuole dare la proroga e chi dice che gli aquilani «hanno avuto già troppo».

Difficile, invece, inserire il rinvio nel Milleproroghe che potrebbe slittare a gennaio. Fini fa capire a chi gli è di fronte che percorrerà tutte le strade possibili della persuasione per perorare la causa aquilana. Dopo mezz’ora, la delegazione esce e si trattengono Cialente e Pezzopane i quali a sera, con un sorriso a mezza bocca, commentano la visita. Vanno bene le rassicurazioni, sì, ma la preoccupazione è ancora tanta. «Mobilitazione importante, sentita, corretta, civile», dicono i due amministratori. «Abbiamo ribadito che all’Aquila non è ripartito nulla. Siamo venuti qui senza farne un discorso politico. Ci sono i cittadini, le forze produttive e i sindacati. È in gioco il futuro della città e Fini, con grande disponibilità, ci ha confermato di condividere la nostra posizione. Vogliamo avere fiducia ma vogliamo atti scritti».

IL PRESIDIO
. La mattinata degli aquilani in viaggio per Roma comincia alle 10,15 con sei pullman in partenza da piazza d’Armi e Acquasanta e tante auto private. Alla fine si conteranno circa 500 persone che per mezza giornata stazionano davanti a Montecitorio. Ci sono tutti quelli che stanno per ripagare le tasse. Aldo e con lui una buona metà di dipendenti Cn System che stanno perdendo il posto di lavoro: l’azienda ha scritto che cessa l’attività. C’è Franca, una parrucchiera, che ha avuto casa e negozio distrutti e cerca un garage per lavorare «ma mi chiedono troppo di affitto e non ce la faccio: vado alla Croce Rossa a prendere da mangiare». C’è Enzo, un pensionato che ancora non riesce a rientrare all’Aquila e che invita tutti alla disobbedienza civile: «Loro rimettono le tasse? E noi non le paghiamo». Intanto, gli sfollati si autotassano: 2 euro a testa per permettere ai pullman di entrare in centro per poi scoprire che i bus si fermano a piazza della Repubblica e che da lì c’è da camminare. Tra la folla i parlamentari Lolli (Pd), Mantini (Udc), Di Stanislao e Mascitelli (Idv). Il commissario regionale Udeur Giampaolo Arduini, assessore comunale in pectore: «Tremonti dimentica gli impegni presi all’Aquila da Berlusconi: basta promesse. Meritiamo pari dignità con Marche e Umbria».

I BIG NAZIONALI. Tra la folla scendono, in ordine di apparizione, Di Pietro («Berlusconi doppia faccia. Prendere le tasse a chi non lavora vuol dire chiedere tangenti»), Bersani («Governo inadempiente, siamo con voi»), Casini («Gli spot sono belli, ma passano»), Franceschini («Proviamo a smontare il meccanismo. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio»), Marini («Battaglia giusta. Una prepotenza chiedere subito le tasse ai terremotati»). Alle 15,40 finisce il presidio. Comincia l’attesa per una proroga della sospensione delle tasse. Una proroga promessa, ma che ancora non c’è.