Tirocini e contratti a tempo, vita da archeologi in Abruzzo

Molti giovani abruzzesi sono impegnati nei cantieri dell’Aquila, con poche speranze di una carriera sicura

L’AQUILA. Mentre nei musei vengono nominati i supermanager, nei siti archeologici il ministero per i Beni culturali manda i tirocinanti. E mentre esplodono polemiche sul restauro della Domus Aurea, per il quale si cercano 31 milioni di euro, e nell’Aquilano si susseguono inchieste e arresti eccellenti su presunte tangenti nell’ambito del recupero dei beni ecclesiastici, in l’Italia il recupero, la conservazione e la tutela del patrimonio culturale sono affidati a un esercito di precari. Ragazzi fra i 29 e i 35 anni che hanno passato anni a collezionare specializzazioni, master e stage e tirocini, per finire a lavorare con contratti a progetto o a tempo determinato e con le più svariate qualifiche: dall'operaio manuale, all'impiegato di quinto livello e seconda Categoria, in base a quanto dice il “Contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle imprese edili.

Così, dopo la protesta a Roma dei precari dei beni culturali contro il provvedimento dell’ex ministro Bray, che prevedeva l’assunzione di 500 stagisti under 35, e giudicato duramente (diffusissimo su Twitter l’hashtag #500schiavi), il malumore riesplode per un nuovo provvedimento che produce altro precariato. Si tratta di un decreto ministeriale firmato la settimana scorsa dal ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, in attesa di pubblicazione ufficiale, che stabilisce un fondo di 1 milione di euro per 150 tirocini «destinati a giovani under 30 e da svolgere in siti di interesse strategico da Pompei alle zone terremotate di Abruzzo ed Emilia Romagna, fino agli Archivi». Apriti cielo. I precari non ci stanno e al ministro, che su Facebook scrive: «Rispondo ai trentenni arrabbiati: purtroppo il limite dei 29 anni per i tirocini è fissato per legge e io col DM non potevo non rispettarlo», loro rispondono così: «C'è qualcuno che riesce a far capire che il Paese si sta perdendo per strada i 30enni e i 40enni iper-specializzati? Basta con i tirocini, state facendo di tutto per cacciarci dall’Italia». Le parole, condivise da tanti suoi colleghi, sono di Luca Vacca, archeologo 32enne dell’Aquila. Uno dei tanti esperti che dopo dieci anni dalla laurea, esperienze all’estero e in tutt’Italia, è tornato in Abruzzo e nella sua città da ricostruire, L’Aquila.

Situazione preoccupante anche per la storica dell’arte Giovanna Di Matteo, per 35 anni alle dipendenze della Direzione regionale per i Beni culturali d’Abruzzo. «Prima che io andassi in pensione, nel 2011», spiega, «il precariato non era ancora così spinto. Ora c’è un sistema non fruttuoso che fa leva sull’utilizzo eccessivo di stagisti, che così si trovano a vivere in un limbo che non è né università, né lavoro, senza alcun vantaggio per l’ufficio e nemmeno per i giovani, che restano precari a vita». «Io sono entrata a lavorare a 30 anni di età», prosegue la Di Matteo, «in Soprintendenza eravamo 250 tra funzionari, architetti e così via. Tutti andranno piano piano in pensione, ma senza essere riusciti a trasferire nulla ai nostri giovani. Trentacinque anni di conoscenza buttati via». A restare nel “limbo” sono archeologi, bibliotecari, storici dell'arte, architetti, archivisti, restauratori che contribuiscono a portare alla luce reperti e siti archeologici, a recuperare beni in degrado o danneggiati dal terremoto. È il caso del prezioso apparato barocco del Teatro San Filippo Neri, all’Aquila, unico in Abruzzo, dove tra operai e tecnici lavora anche Francesca, giovane restauratrice. Avrà lei il compito, di concerto con gli esperti della ditta titolare dei lavori, degli storici dell’arte e della Soprintendenza, di consolidare e restaurare l’apparato decorativo. Ma quanti sono i precari nel settore? I dati ufficiosi, secondo l'Associazione Bianchi Bandinelli, parlano di mille persone che collaborano con il Mibact (il Ministero dei Beni culturali e turismo) in modo precario: ossia con contratti a progetto, Partite iva e così via. Numeri ufficiali non esistono; ma siccome in tanti lavorano anche al di là dell’ambito ministeriale, i precari dei beni culturali in Italia sono decine di migliaia. Una larga fetta riguarda anche l’Abruzzo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA