Toto: giunta Chiodi inerteIl Patto per l'Abruzzosimbolo di un fallimento

Il deputato Fli (foto) analizza le sfida che l’Abruzzo dovrà affrontare nel 2012

Onorevole Toto, quale è la sfida più grande che ha davanti l'Abruzzo nel 2012?
«Quella di saper coniugare la gestione delle situazioni di forti criticità, sanità e ricostruzione post-terremoto, con il sostegno alle imprese e all'economia regionale, indispensabile per assicurare il mantenimento dei livelli di crescita sviluppati».

Che cosa cambia per l'Abruzzo con il governo Monti?
«L'approccio di metodo e di sostanza ai problemi. Non si udranno più proclami e inoperose dichiarazioni d'intenti, ma concrete analisi dei problemi e altrettanti sostenibili e concreti interventi di sostegno. L'intervento del ministro Barca per la vicenda della ricostruzione post-terremoto ne è testimonianza eloquente».

Quali sono le due cose principali che l'Abruzzo deve fare per invogliare a fare impresa nella regione?
«Recuperare credibilità anche istituzionale, per esempio presso l'Unione europea, non solo per vicende che appannano la nostra immagine ma anche per essere fanalino di coda nella capacità di spesa dei fondi comunitaria e praticare ogni sforzo per rendere virtuoso l'impiego delle risorse, destinandole prioritariamente all'economia reale. Dunque, programmi di razionalizzazione della spesa pubblica regionale, abbattimento e azzeramento di ogni ente, orpello, consorteria inutile o duplicativa e canalizzazione dei risparmi ottenuti al sostegno alla produzione, alla competitività, al lavoro».

In primavera si voterà all'Aquila: sarà un test di valore regionale e nazionale?
«Regionale senz'altro, d'altronde è il capoluogo dell'Abruzzo, un momento importante di verifica; nazionale, direi in parte, nel senso che vi si potrà riflettere la valutazione che l'elettore aquilano si è formata rispetto al ruolo del governo centrale per la spinosissima questione del terremoto e della ricostruzione, in particolare. Per il resto è sempre un'elezione comunale il cui livello è strettissimamente correlato al territorio domestico, più che in ogni altro ambito elettorale».

E' d'accordo con la ricandidatura all'Aquila del sindaco uscente, Massimo Cialente?
«Cialente merita, senza dubbio, di sottoporre il suo operato al giudizio degli aquilani. Ha vissuto una tragedia, quella che ha colpito la sua città, adoperandosi con abnegazione e senza risparmiarsi; la sua azione è stata anche condizionata da un'inadeguata e inefficiente presenza dell'ufficio commissariale per la ricostruzione. Detto questo, si tratterà di vedere i programmi, i progetti per i prossimi cinque anni, ovviamente, anche oltre i temi della ricostruzione».

Lo strumento del Patto per lo sviluppo dell'Abruzzo è ancora utile o va rivisto?
«In linea generale trovo questi strumenti alquanto equivoci, nel senso che inducono a una commistioni di ruoli di cui non si avverte il bisogno. L'importante, piuttosto, sarebbe che ognuno facesse bene la sua parte. Se, poi, intese, accordi o patti si mostrino indispensabili per agevolare o superare percorsi complessi o particolari non vi può essere pregiudizio per essi ma non li considererei soluzioni ottimali nemmeno nelle situazioni di difficoltà, tant'è che non mi sembra che quello per l'Abruzzo sia un Patto così funzionale, almeno sinora. Anzi, è la cifra, l'icona di un ulteriore fallimento, senza appello, del governo regionale che evidentemente lo ha vissuto come uno strumento mediatico, non operativo, considerato il nulla che ne è seguito».

Che giudizio dà dei tre anni della giunta Chiodi?
«Negativo, perché si abbandonata a una deriva autoreferenziale, contraddetta dai fatti. L'inerzia nel settore infrastrutturale è gravissima. Nulla è stato ideato, realizzato, progettato. L'esistente, sempre più inadeguato, mi riferisco a porti, aeroporti, viabilità, degrada, come il porto di Pescara che di questa decadenza rappresenta plasticamente l'emblema. Un altro esempio è utile, per capire, purtroppo, l'inconsapevolezza che connota l'operato della Regione. Il presidente dice di aver conseguito un avanzo di 11 milioni nel settore della sanità, con ciò, peraltro, facendo una grave affermazione di indifferenza per i bisogni della gente rispetto ai quali,per definizione, specie in sanità, sono ammissibili solo pareggi e non certo "avanzi" che si otterrebbero, in ogni caso, a scapito del buon o del miglior funzionamento dei servizi sanitari, com'è evidente. Le cronache del Centro proprio di questi giorni lo confermano. Rivendicare 11 milioni di avanzo nei conti della sanità per assistere a vicende come quelle dell'anziano con fratture a tibia e perone che, dopo aver girato a vuoto per tre ospedali, è stato ricoverato, finalmente, nel quarto, ma in otorino, equivale a fare dell'irritante comicità, spero almeno involontaria».

Dovrebbe lasciare subito i poteri di commissario per la sanità e la ricostruzione?
«Sicuramente sì, peraltro per quelli per la sanità io sono contrario in via di principio a questi commissariamenti che di fatto sono un esproprio delle prerogative, anche costituzionali, delle Regioni. Non può essere il ministero dell'Economia a gestire la sanità di una regione. O meglio, può essere benissimo anche questo, ma allora cambiamo le leggi e riaccentriamo le competenze sanitarie in capo al governi nazionale, nella chiarezza normativa. Almeno lo scaricabarile, quello, per intenderci, che il caso del San Camillo di Roma alimenta non sarebbe possibile. In sanità gli attori sono sin troppi e c'è sin troppa frammentazione di competenze e di ruoli e di responsabilità».

Quali sono i difetti maggiori della classe politica abruzzese?
«Mancare di una visione strategica, politica e programmatica. Si da un po' l'impressione di rincorrere i problemi, di andare in estemporanea, senza avere chiaro un disegno complessivo, appunto strategico, per lo sviluppo della regione. Ancora, non essere innovativa nell'approccio alle questioni e alle problematiche e non prestare l'ascolto dovuto, essenziale, insostituibile alla gente che, proprio qui in Abruzzo, ha conosciuto esperienze esemplari nello stretto raccordo con la classe politica, ai tempi di Remo Gaspari e di Lorenzo Natali».

Le elezioni regionali abruzzesi sono fra circa due anni: come pensa che i partiti si presenteranno a quell'appuntamento?
«E' prematuro e anche un po' temerario descrivere possibili scenari rispetto a un'epoca che in politica è oggettivamente molto lontana. Due anni sono tanti, specie nella situazione economica data che inciderà parecchio anche sul piano degli assetti politici. Comunque, per quel che riguarda Futuro e libertà per il Terzo Polo, il progetto è e rimarrà quello di offrire un'alternativa a un bipolarismo che, ormai è ben evidente, ha perduto ogni capacità di modernizzare il Paese. Dunque anche qui in Abruzzo ci saremo a spiegare le nostre ragioni sperando di tessere le alleanze più proficue per veicolare il messaggio di cambiamento che lo stesso elettorato attende».

Che identikit dovrebbe avere il prossimo presidente della Regione?
«Dovrà essere una persona in grado di esprimere quella visione politica e strategica adeguata, intanto, a elaborare idee e programmi di governo e, dall'altro lato, anche a saper sviluppare una coerente, dinamica e intelligente azione attuativa di quella strategia. Lontana da una interpretazione notarile del ruolo o, peggio, prona a disporre ciò che altri propone. Dovrà essere pure consapevole dei problemi, notevoli, da ereditare e disposta a farsene carico; una persona dotata di una spiccata attitudine al fare più che al dire; con un forte senso del lavoro di squadra e con un forte spirito di indipendenza, anche nel suo ambito politico di riferimento. L'Abruzzo non può permettersi più vassallaggi di alcun tipo e quelli politici sono i peggiori perché rischiano di distogliere l'attenzione dagli interessi della gente per focalizzarli su quelli, partigiani, dei gruppi amicali».

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