Tremila anni fa, l'alba di Pescara

Le origini della città e la sua storia, un nuovo libro di Licio Di Biase

«Ore cinque di una mattina d'estate. Il sole sorge sopra la linea d'orizzonte del mare e cominciano a delinearsi i contorni di quelle colline, che un giorno saranno parte della città moderna, ricoperte di alberi e attraversate da corsi d'acqua; tutt'intorno silenzio. Cervi e caprioli si avviano al primo beveraggio della giornata, mentre sulla piana di quella collina che oggi chiamiamo Colle del Telegrafo uomini, donne e bambini iniziano un nuovo giorno. Molto probabilmente una cosa simile accadeva anche sulle colline a sud della città, nell'odierna Colle Orlando, nei pressi di Fontanelle». Qui, sul Colle del Telegrafo, scavando sono state trovate le origini della città di Pescara. «Intorno all'anno 1000 avanti Cristo, tra la fine dell'età del bronzo e l'inizio del'età del ferro, sulla punta del colle sorgeva un villaggio di capanne, il più antico insediamento dell'odierna città di Pescara di cui si hanno notizie certe da scavi condotti in modo organico».  Il silenzio, l'umidità del primo mattino. Il villaggio di capanne con le sue necessità testimoniate da rinvenimenti archeologici, frammenti di utensili, vasi, ciotole. Tutt'intorno il brulicare della vita primordiale, che la sera si ferma con il buio che non è stato ancora vinto, e si accende molto presto con la luce del giorno. Non è difficile immaginare Pescara di 3000 anni fa (quando Roma ancora non c'era e avrebbe visto la luce 247 anni dopo) sfogliando «La grande storia - Pescara-Castellamare dalle origini al XX secolo» (Edizioni Tracce, 616 pagine, 25 euro). C'è quel che serve per definire le origini di una cultura, c'è l'amore per le proprie radici, la dedizione ad una stirpe di padri e di figli.  Questo libro l'ha scritto Licio Di Biase, politico e amministratore di lungo corso, storico e romanziere per passione. Un lavoro mastodontico e da certosino, dieci anni di studi, ricerche, verifiche. Accanto ai richiami, dettagliati e fedeli dal punto di vista storico, in una dosata ricostruzione progressiva c'è il racconto di come potevano essere Pescara e la sua gente nella preistoria e poi nell'era della conquista romana, di come sono stati nel medioevo e nel corso dei secoli e di come sono nell'epoca a noi vicina. Ci stanno i ritrovamenti archeologici eseguiti dalla Sovrintendenza, spiega Di Biase, e i testi di alcuni scrittori classici greci e latini a confermare che i primi abitanti di Pescara fondarono un villaggio sulle rive del fiume, che ne era il cuore pulsante e il luogo attorno al quale si è formata l'identità di un popolo. In epoca romana venne chiamato Vicus Aterni e successivamente gli fu attribuito il nome dell'omonimo fiume, Aternum. I Romani usavano indicare Pescara anche con il nome di Ostia Aterni rimarcandone il ruolo di centro nevralgico delle vie di comunicazione. Ostia Aterni significa infatti «foce del fiume Aterno».  Con la caduta dell'Impero Romano e l'avvento dei barbari, anche la storia di Aternum diventa oscura. Gli studi di Di Biase ne ritrovano le tracce alla luce della leggenda del vescovo Cetteo, venerato oggi come patrono della città: accusato dai Longobardi di essere complice dei Greci cristiani, fu fatto precipitare dal ponte con una pietra legata al collo. Intorno all'anno 1000, il fiume Aternum viene chiamato Piscarius, e il borgo cambia il suo nome e diviene Piscaria. Nel 1095 Piscaria era ricca di monumenti e chiese, tra le quali la Madonna dei Sette dolori e Santa Gerusalemme, i cui basamenti sono stati riportati alla luce di fronte all'attuale Cattedrale di San Cetteo.  C'è tutto questo nell'imponente volume di Di Biase: la storia dei mutamenti subiti dall'antenata di Pescara nel corso dei secoli, gli aspetti della vita pubblica e privata, le figure dei personaggi più illustri che vi hanno operato. Avvenimento significativo, nel 1807, la divisione del borgo. Castellammare, sulla sponda nord del fiume, diventa comune autonomo. La separazione fu traumatica per Pescara (sponda meridionale del fiume), che vedeva comprimere il proprio ruolo.  Dopo 110 anni di divisione, il 2 gennaio del 1927, Castellamare con Porta Nuova, Villa del Fuoco, Fontanelle, San Silvestro, La Pineta e Borgo Marino tornarono insieme a Pescara a formare l'anima viva della città. Lo stesso giorno nacque la provincia pescarese. Il resto è vicenda vicina, la seconda guerra mondiale, la città bombardata dagli anglo americani, lutti e distruzioni. La ricostruzione, lo sviluppo economico e sociale chiudono il volume di Licio Di Biase. Che si congeda con queste parole: «Oggi, consegnare alle future generazioni libri con testimonianze del nostro trascorso è di assoluta importanza, in un'era in cui attraverso l'utilizzo del computer come mezzo di conservazione della memoria, si rischia di non lasciare tracce. Ecco perché ho scritto la storia di Pescara dal 1000 avanti Cristo per arrivare al ventesimo secolo».  Un viaggio guidato in un passato che ci appartiene ma del quale ben poco sappiamo, con le sue mitologie e i suoi simboli raccolti e illustrati con cura. Qua e là tavole esplicative per arricchire il racconto nei minimi particolari. Fino a immaginare l'umidità di un mattino di 3000 anni fa.

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