Tumori e distrofia, studi innovativi

Ricerche dell'ateneo dell'Aquila su cancro della pelle e malattia di Duchenne

L'AQUILA. Gli studenti italiani conoscono i rischi dell'esposizione solare, i nomi dei tumori e le cause, ma poco più di uno su 10 dichiara di proteggersi mentre il 40% afferma di non ricorrere mai ad alcuna misura protettiva. Le ragazze, benché più informate, non resistono alla tentazione di qualche lampada di troppo.

E' uno spaccato della situazione degli adolescenti italiani, fotografato dalla Clinica dermatologica dell'università dell'Aquila tramite questionari rivolti a 1204 alunni di licei e istituti tecnici abruzzesi, che sarà presentato all' 86º Congresso nazionale Sidemast (Società di Dermatologia e delle malattie sessualmente trasmesse) a Verona dal 18 al 21 maggio.

«L'indagine è stata condotta alcuni mesi fa», spiega Ketty Peris, direttore della Clinica dermatologica dell'università dell'Aquila, «con un questionario di 10 domande sulla conoscenza dei tumori cutanei e il comportamento verso l'esposizione solare».

La ricerca evidenzia che il 97% degli studenti ha sentito parlare dei tumori cutanei e ne ha correttamente identificato le cause (58,6%) e i nomi (64,2%); ha giudicato in modo appropriato il livello di pericolosità di raggi solari (70,2%) e neoplasie cutanee (80,6%). Ma solo il 13,5% ha dichiarato di proteggersi sempre dai raggi solari, mentre il 39% ha riferito di non ricorrere mai ad alcuna misura protettiva.

«Nel rapporto con il sole abbiamo anche notato», aggiunge Peris, «alcuni aspetti di comportamento diverso nei due sessi. Ad esempio, le ragazze sono sicuramente pi informate sui rischi associati all'esposizione non corretta, eppure non rinunciano ai lettini solari. Se devono proteggersi dal sole, preferiscono mettersi sotto l'ombrellone, mentre i ragazzi restano sotto il sole, indossando per una maglietta e il cappellino».

Intanto altri ricercatori dell'università dell'Aquila sono stati impegnati in uno studio finanziato da Telethon, per contrastare la distrofia di Duchenne, una malattia neuromuscolare, che compromette progressivamente i muscoli di gambe e braccia, respiro e cuore. Preservare le ossa per contrastare questa malattia è la nuova strada su cui stanno lavorando.

Il lavoro, pubblicato sul Journal of Bone and Mineral Research, rientra nel progetto multicentrico coordinato da Fabrizio De Benedetti dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù, il cui obiettivo è capire se particolari «messaggeri chimici» del nostro organismo, fra cui l'interleuchina-6 (Il-6), abbiano un ruolo nella distrofia muscolare di Duchenne.

«In questo studio abbiamo dimostrato», spiega Anna Maria Teti dell'università dell'Aquila, che ha condotto la ricerca, «sia nel modello animale che nelle cellule di bambini distrofici, che questa stessa molecola è coinvolta nella perdita di tessuto osseo già nelle prime fasi della malattia, quando la capacità di camminare non è ancora compromessa. Il meccanismo con cui l'Il-6 media questo fenomeno è una sorta di sbilanciamento nel normale ricambio dell'osso».

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